Il Fatto Quotidiano Siria, profughi in fuga verso la Turchia.
L’esercito presidia la frontiera Si fa incandescente la situazione al confine tra Siria e Turchia. L’esercito siriano si è mosso da questa mattina verso la frontiera, con l’apparente intenzione di bloccare il flusso di profughi che continuano ad affluire in Turchia dalle zone comprese tra la cittadina di Jisr al-Shughur e la frontiera, distante una ventina di chilometri. I carri armati siriani, appoggiati da reparti di fanteria, hanno circondato alcuni villaggi, tra cui quello di Khirbat al-Juz. Obiettivo dei tank e dei soldati sarebbero anche i ripari provvisori costruiti dai profughi a ridosso del confine turco. Secondo alcuni testimoni oculari, citati dalle agenzie di stampa internazionali, almeno 600 profughi sarebbero fuggiti «in preda al panico» verso la Turchia, dove sono già oltre 10mila i rifugiati accolti nelle tendopoli allestite dalla Mezzaluna rossa turca. I carri armati siriani si sono fermati a circa un chilometro dal confine, ma, continuano i testimoni, si vedono movimenti di truppe anche più vicino alla linea internazionale mentre su diverse case del villaggio hanno preso posizione soldati con mitragliatrici pesanti. A un certo punto della mattina sono stati uditi anche dei colpi di armi automatiche nei dintorni di Khirbat al-Juz, ma non è stato possibile finora capire chi sparasse a chi. I turchi non sono rimasti fermi. L’emittente panaraba Al Jazeera, che ha un corrispondente nel villaggio di confine turco di Guvecci, ha riferito di soldati di Ankara impegnati ad allestire barricate di sacchetti di sabbia e a piazzare binocoli di precisione per sorvegliare i movimenti di truppe sul lato siriano del confine. Ad Ankara, inoltre, sarebbero in corso consultazioni tra il governo e i vertici militari per decidere se e come rafforzare la presenza di truppe al confine. Un gesto che potrebbe essere interpretato come una provocazione da un governo siriano sempre più isolato. Sulla strada che costeggia la frontiera tra i due paesi alleati fino a poco tempo fa, secondo i dispacci d’agenzia, ci sono movimenti di veicoli blindati e sono circa una ventina i carri armati siriani che hanno preso posizione attorno a Khirbat al-Juz per bloccare la fuga dei profughi e sorvegliare il confine. Nonostante questo dispiegamento di forze, alcune centinaia di siriani sono riusciti a entrare in Turchia, scortati da auto e minibus della polizia turca verso le tendopoli. Il presidente della Mezzaluna rossa turca Tekin Kucukali ha detto alla tv turca Habertturk che la sua organizzazione sarebbe in grado di assistere fino a 250mila rifugiati, anche se per il momento nelle cinque tendopoli allestite nella provincia di Hatay, sono registrati poco più di diecimila profughi. Circa duecento profughi siriani, inoltre, avrebbero passato la frontiera con in Libano, secondo quanto scrive l’agenzia Ansa citando fonti locali libanesi. Si sommano ai circa 3mila profughi già arrivati in Libano dopo le operazioni dell’esercito siriano a Tel Khalakh, alcune settimane fa. Appena ieri il ministro degli Esteri siriano Muallim aveva chiesto alla Turchia di «rivedere alcune posizioni espresse circa gli eventi in Siria» e aveva invocato l’amicizia tra i due paesi: «Gli amici si vedono nel momento del bisogno ha detto Muallim La Siria riuscirà a superare questa crisi e sarà più forte di prima». In realtà, le proteste non sembrano fermarsi. Secondo una fonte siriana, però, la situazione reale è «grave la metà di quanto dicono Al Jazeera e la Cnn, ma il doppio di quanto dica la tv di stato siriana». Oggi la mobilitazione viaggia su Facebook e sugli altri social network: a cento giorni dall’inizio delle proteste contro il regime del presidente Bashar Assad (ma la data è simbolica, visto che le prime avvisaglie delle proteste sono iniziate prima di marzo), è stato convocato uno sciopero generale per chiedere autentiche riforme democratiche. Lo sciopero, secondo i messaggi che rimbalzano sulla blogosfera siriana, dovrebbe essere anche in segno di lutto per le oltre 1300 vittime della repressione ordinata da Assad. Il discorso fatto da Assad lunedì scorso non ha soddisfatto i gruppi di dissidenti che hanno invitato i siriani a organizzare nuove proteste per domani, venerdì, giorno di preghiera musulmano.
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