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10 giugno 2011

Siria, cinque elicotteri sparano sui manifestanti

Nell'undicesimo anniversario della morte a Damasco del «rais immortale» Hafez al Assad, padre dell'attuale presidente Bashar, l'esercito siriano ha ufficialmente avviato oggi le operazioni militari contro «le organizzazioni armate» in una cittadina al confine con la Turchia, mentre decine di migliaia di siriani sono tornati in piazza in quasi tutte le località del Paese, comprese Damasco e Aleppo, nel tredicesimo venerdì consecutivo di mobilitazione.

Attivisti e testimoni oculari riferiscono dell'uccisione di almeno 23 civili in quattro diverse regioni e anche alla periferia di Damasco. La tv di Stato siriana si limita invece a riferire di due morti, un poliziotto e un civile, uccisi da uomini armati a Bosra al Harir. Le più volte annunciate operazioni militari in grande stile contro Jisr ash Shughur, cittadina di circa 40.000 abitanti per lo più sunniti al confine con la Turchia, sono state rimandate - secondo la tv di Stato - a causa dell'insistenza dei residenti «nell'offrire il pranzo ai soldati». Attivisti e testimoni oculari citati dalle tv panarabe al Arabiya e al Jazira hanno però riferito di intensi bombardamenti con artiglieria e carri armati contro Jisr, in precedenza circondata dai blindati e resa da giorni «una città fantasma» dopo la fuga di migliaia di residenti in Turchia. Una sessantina sono ricoverati negli ospedali turchi con ferite di colpi di arma da fuoco.

Quei pochi che hanno voluto raccontare ai media internazionali - banditi in Siria dall'inizio delle proteste - la loro verità sui fatti smentiscono la versione ufficiale della presenza di «bande armate» e riferiscono della defezione di «centinaia» tra militari e poliziotti «contrari alle pratiche criminali del regime». Altri testimoni hanno raccontato di aver visto elicotteri da combattimento sparare sulla folla, militari dare fuoco ai campi di grano (alla vigilia della stagione del raccolto), cecchini sparare contro le ambulanze.

Anche in base a questi resoconti, il primo ministro della vicina Turchia Recep Tayyp Erdogan ha condannato per la prima volta con durezza il regime siriano, accusandolo di «atrocità inumane». Nel resto del Paese, nell'88esimo giorno dall'inizio delle proteste, a decine di migliaia sono scesi in piazza: dall'estremo nord-est curdo alla città meridionale di Daraa, ribattezzata «l'indomita» sui social network per la sua prolungata «resistenza» all'assedio militare e all'interruzione dei servizi essenziali: acqua ed elettricità.

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