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21/01/2011

Albania, manifestazioni contro Berisha: due i morti, forse tre
di Christian Elia e Nicola Sessai

Il ministro della Difesa Arben Imami aveva espresso già stamattina tutte le sue preoccupazioni per la manifestazione indetta dagli oppositori del Primo ministro Sali Berisha. I manifestanti, diverse decine di migliaia, non accennano a lasciare Boulevard Deshmoret e Kombat dove ha sede il governo per chiedere le dimissioni del premier albanese e della squadra di governo.

Il bilancio, non ancora definitivo, parla di due morti - forse tre -, mentre almeno 23 manifestanti e 17 poliziotti sono rimasti feriti. Il direttore del quotidiano albanese Koha Jone, Edison Kurani ha riferito a PeaceReporter che nonostante il dispiegamento di circa tremila poliziotti la gente rimane ferma davanti alla sede del governo. "Ho contattato il medico dell'ospedale militare che mi ha confermato la morte di due manifestanti che sarebbero stati uccisi, però, non da armi da fuoco come si diceva in un primo momento. Stando invece a fonti del Partito Socialista - che fa capo a Edi Rama - i morti sarebbero tre". Secondo quanto riferitoci da Edison Kurani, il Presidente della Repubblica, Bamir Topi, ha invitato al dialogo per giungere a prendere decisioni utili al bene del paese. Lo stesso Edi Rama non ha chiesto in questo frangente le dimissioni di Berisha ma il dialogo. Rama ha fatto appello ai manifestanti perché mantengano un comportamento civile senza cedere alla violenza. "E una situazione molto caotica. Si sentono spari, ci sono stati feriti e si dice anche morti, per ora rimane solo il caos". Doriana Metollari, direttrice di HermesNews, commenta così - dalla sua redazione di Tirana - la situazione spinosa nella capitale albanese. "Gli spari venivano da entrambe le parti, sia polizia che manifestanti. Questi scontri erano attesi, anche perché l'opposizione ha fatto sapere che si trattava di una manifestazione molto ampia, ma non doveva degenerare. L'opposizione doveva fare di più per trattenere la gente che aveva il diritto di protestare, ma senza lasciare che si arrivasse a questo punto. Questo sicuramente non aiuterà nessuno. I politici non hanno diritto di usare la rabbia in questo modo. Per prima devono dare loro il buon esempio di maturità politica. In un paese democratico la violenza deve essere fermata anzi non bisogna mai ricorrere ad essa, perché gli altri mezzi democratici non mancano. Il caos rallenta il progresso del Paese - continua Metollari - In questo caos, quelli che perdono di più sono i civili, perché ci sono stati almeno venti feriti tra la gente comune. Si mette a rischio l'integrazione dell'Albania verso l'Unione Europa e anche la democrazia. Le lezioni del passato devono servire a migliore la politica. La gente comincia a parlare del scenario del 1997, periodo che i cittadini ricordano bene, visto il prezzo che hanno dovuto pagare. Per questo è urgente fermare tutta questa rabbia e cominciare il dialogo per il bene di tutti, per il futuro di questo Paese, che ha tutte le possibilità e il diritto di avere stabilità e progresso a casa propria".

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