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4 ottobre 2011

Il blogger egiziano: "Van battuti
i mille piccoli Mubarak"
Ella Baffoni intervista Hossam el Hamalaway

Blogger e militante di sinistra. Molto di sinistra. Tanto da essere stato arrestato, e torturato in carcere nel 2000 per le sue campagne contro l'esercito. Hossam el Hamalaway è venuto in Italia per ricevere il premio di Internazionale, a Ferrara. Occasione anche per raccontare il suo punto di vista dall'interno del movimento egiziano. Un blogger che considera però troppo sopravalutato il ruolo della rete nel movimento egiziano. Importante, certo, ma “Mubarak ha bloccato le comunicazioni e il movimento non si è fermato. I milioni di lavoratori in sciopero non hanno twitter. La maggior parte dei blogger politicizzati hanno un piede nel mondo virtuale e una nel mondo reale. L'organizzazione non si fa in rete, ma in piazza. La rete, poi, serve a diffondere il messaggio, a mostrare quel che facciamo nel mondo reale”.

Una rivoluzione, quella partita da piazza Taharir?

“Mubarak è caduto. Ma a comandare, oggi, sono i suoi generali, il Consiglio Superiore delle Forze armate, lo Scaf. Del resto l'esercito è stato la spina dorsale della dittatura fin dal '52, i suoi generali sono stati scelti da Mubarak. E controlla i 40% dell'economia. Certo, ci sono due eserciti. I generali di regime e i soldati e i giovani ufficiali. Quelli che non avrebbero sparato sulla piazza, se l'ordine fosse stato dato. Ma il cambio di governo è una finzione, il regime è vivo. Ci siamo liberati di Mubarak ma ora ci dobbiamo liberare dei mille Mubarachini che sono in ogni istituzione, in ogni università, in ogni ministero”.

Mille Mubarachini. Come batterli?

“Con gli scioperi. Nell'ultima settimana dei nostri famosi 18 giorni, ci sono stati scioperi di massa e in ogni settore. E non è la prima volta che i lavoratori egiziani incrociano le braccia. L'11 febbraio, quando Mubarak disse che non si sarebbe dimesso, la classe media ha lanciato, anche su Facebook, la proposta di lasciare la piazza, di tornare a lavorare per “dare una possibilità alla transizione”. Ma i lavoratori hanno continuato gli scioperi, affiancati dalla sinistra. Solo attraverso gli scioperi, che continuano anche in questi giorni, la rivoluzione avrà successo”.

Non solo scioperi. Anche il cambio al vertice di molte strutture...

“All'ospedale pubblico del Cairo Manshyet el-Bakri lavoratori, medici e infermieri hanno creato un loro sindacato indipendente, hanno scioperato e costretto la direzione alle dimissioni. E' stato eletto direttore un medico. E' un modello di democrazia dal basso, lo stesso è accaduto in altre tre ospedali, il movimento si allarga”.

Un esperimento di democrazia diretta

“Non è vasto come in Argentina, ma la sua rapida espansione fa ben sperare. Gli scioperi, senza nessuna organizzazione centrale, si fanno con le stesse rivendicazioni in tutto l'Egitto, e soprattutto dove i dirigenti sono esponenti del regime. Nel settore pubblico pubblico e ora anche in quello privato, dove si chiedono, e si ottengono, le rinazionalizzazioni. E' successo per la Tantaflex, azienda tessile vendita a un saudita, e alla catena commerciale Omar Effendi...”.

Una legge vieta in Egitto i partiti religiosi o di classe. Qual è il panorama della sinistra, oggi?

“Non è la sinistra a organizzare gli scioperi, anche se li appoggia. Dopo vent'anni di silenzio, la sinistra ha iniziato a risorgere alla fine degli anni '90. Nel 2000 il sostegno all'Intifada palestinese, poi il movimento contro la guerra in Iraq, nel 2003 l'occupazione di piazza Tahrir che è costata due giorni di battaglie... Dovunque la richiesta di maggiore democrazia nel paese. Nel dicembre 2006 lo sciopero di Mahalla... oggi la sinistra è forte, anche se non ha lo stesso seguito dei Fratelli musulmani, che non hanno partecipato alla protesta. Il Rivolutional Socialist Party, a cui appartengo, è la formazione più importante della sinistra radicale. Con altri gruppi stiamo lavorando alla costruzione del Partito democratico dei lavoratori. Più riformista il Socialist Popular Alliance. E il 1 maggio è risorto il Partito comunista egiziano, debole dopo anni di clandestinità. Ma tutti siamo ancora clandestini e illegali”.

Quel che accade in Egitto dà speranza anche alla soluzione della questione palestinese?

“Quando Obama ha fatto il suo discorso all'università del Cairo, c'era il coprifuoco. Il presidente Usa ha incontrato Mubarak e ha detto di essere colpito dalla sua saggezza. La politica Usa non è cambiata: sono ancora in Iraq, sono in Afghanistan, portano la guerra e i droni anche in Yemen, truppe Usa sono in Libia, Guantanamo non è stata chiusa. Perché dovrebbe cambiare qualcosa anche in Medio Oriente? La speranza per la Palestina viene dal Cairo, da Damasco, da Amman. La strada per Gerusalemme passa per le capitali arabe. L'unico modo per distruggere l'apartheid in Israele è rovesciare i regimi arabi. Del resto, il successo della nostra rivoluzione dipende da quanto si espanderà. Non possiamo costruire un Egitto democratico se poi è circondato da un mare di dittature e di basi Usa, e ha l'apartheid al suo confine”.

Gli islamisti sono ancora forti?

“All'inizio erano in piazza con noi. Non i dirigenti, i giovani. I leader salafiti avevano vietato scioperi e manifestazioni, i giovani li hanno ignorati e hanno partecipato, ad esempio alla battaglia dei cammelli il 2 febbraio. Dall'11 partecipano alle manifestazioni ma non agli scioperi; i loro leader ci accusano di essere infedeli e agenti degli stranieri. Né hanno partecipato alle proteste universitarie, perdendo peso. Hanno lasciati soli gli insegnanti in sciopero. Sono divisi al loro interno ma già cercano l'accordo con l'esercito...”.

Come andrà a finire?

“Chi può dirlo? La speranza non è nelle elezioni di novembre: inutile pensare che i militari escano di scena. L'esercito è la colonna portante del regime: la legge elettorale e la gestione delle elezioni faranno sì che le cose vano così come vogliono i militari. Un patto, sul modello turco: fortissimi poteri dell'esercito e una sorta di invalicabile linea rossa per governo civile eletto. Lo ripeto, la speranza concreta è negli scioperi. Solo loro possono rovesciare i generali e questo lunghissimo regime”.

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