da http://www.publico.es/internacional/398190/un-regimen-que-abre-carceles-y-cierra-escuelas-no-puede-ser-modelico “Un sistema che costruisce carceri e chiude scuole, non può essere un modello” 25/09/2011 Dal novembre 2010, Camila Vallejo Dowling, 23 anni, giovane laureata in Geografia, presiede la Federazione degli Studenti dell’Università del Cile (FECh). In meno di un anno, grazie alla chiarezza ed eloquenza del suo pensiero, è diventata un leader carismatico del rinato attivismo studentesco. Nipote di militanti del Movimento di Sinistra Rivoluzionaria (MIR), figlia di comunisti e a sua volta militante dei Giovani Comunisti, considera che il cuore della questione del movimento studentesco si radichi nell’errata concezione presente in Cile, in relazione ai compiti educativi ed il ruolo assunto in questo campo dallo Stato. Vallejo considera che l’educazione nel suo paese, così come altri servizi di base come la sanità e la casa, sono eccessivamente costosi e la qualità è limitata solo a coloro che possono pagare. “Lo Stato deve assumersi la responsabilità di garantire il diritto all’istruzione, fornendo e finanziando un’istruzione gratuita e di qualità, regolando al tempo stesso l’istruzione privata senza che possano prevalere gli interessi lucrativi “, dice la leader studentesca in Cile. “Solo in questo modo è possibile rafforzare l’istruzione pubblica e in tal modo lo sviluppo umano, lo sviluppo sociale ed economico. E’ decisamente positivo il fatto che le nostre proteste stiano ricevendo il sostegno della maggioranza della popolazione “.
Forse è per questo che il 68% dei cileni disapprova la gestione del presidente, Sebastián Piñera? Le risposte del Governo alle vostre richieste sono state così inconsistenti? L’attuale governo di destra non ha alcuna volontà politica di rispondere alle esigenze della cittadinanza. Ha dimostrato di essere intransigente ed ha imposto la sua linea ideologica sulla maggior parte del paese. Questo è grave perché significa che governa soltanto a favore di pochi, per coloro che oggi si arricchiscono con il sistema educativo e non vogliono capire che se non viene cambiata la sua struttura dalla base, siamo nel mezzo di una crisi difficile da risolvere. D’altra parte, la crescente mobilitazione sociale ha mostrato quello che il governo voleva evitare, rendere chiara la sua vera indole repressiva; da qui la percezione generale è che non è stato all’altezza della situazione e la cittadinanza non vuole un governo così.
Lei ha detto che i media promuovono il disprezzo nei confronti dei movimenti sociali. Anche con il movimento studentesco accade questo? Il 98% dei giornali appartengono a due grandi gruppi che hanno praticamente la stessa linea editoriale, molto vicina ai settori conservatori, pertanto sono uno dei principali ostacoli alla ricerca del sostegno pubblico. I giornali, decontestualizzando le dichiarazioni degli studenti, spesso disinformano, manipolano le nostre richieste o semplicemente censurano importanti eventi sociali. I canali televisivi non sono molto diversi. Hanno l’abitudine di dare messaggi tendenziosi e frammentati, senza compiere il loro dovere di diffondere un’informazione obiettiva e pluralista. Infatti, in molti casi, quando i notiziari parlano di educazione o del movimento studentesco, mostrano immagini di incappucciati o di qualche danno materiale, promuovendo una falsa immagine del nostro movimento.
Fino a che punto le istanze degli studenti possono identificarsi con i punti per il cambiamento sociale sollevate da Salvador Allende, nel suo discorso all’Università di Guadalajara in Messico? E’ di impatto sapere che il Cile ha avuto un presidente che rappresentava veramente il senso di quello che oggi continuiamo ad esigere. Probabilmente, se il colpo di Stato non si fosse perpetrato, oggi il nostro sistema educativo sarebbe stato molto diverso. In quel discorso ci sono idee molto importanti, che ci riguardano come studenti universitari e come futuri professionisti e che mette in evidenza anche qualcosa di cui a volte ci dimentichiamo: la rivoluzione non passa unicamente dall’università. Quella frase si riferisce al fatto che i profondi cambiamenti sono possibili solo se l’intero paese, i suoi lavoratori, casalinghe, pensionati, tutti insieme agli studenti, diventano gli attori sociali. Per il raggiungimento di questo obiettivo oggi molte organizzazioni sociali stanno lavorando, cercando di recuperare il tessuto sociale perso con la dittatura.
Cosa pensa in merito al pensiero dello scrittore Vargas Llosa, decorato lo scorso anno da Piñera con l’Ordine al merito docente e culturale Gabriela Mistral, secondo cui il Cile è un modello come sistema politico ed economico? Questa è l’immagine del Cile che alcuni pretendono esportare, ignorando che praticamente l’80% della popolazione vive indebitata o che il 60% del paese vive con meno di 165.000 pesos mensili pro capite [180 Euro], quando ci sono tasse universitarie di oltre il doppio di questa cifra. Ignorano che il salario minimo è solo 182.000 pesos [200 Euro] e che soltanto per il trasporto una sola persona spende in un mese oltre il 20% di tale reddito. Non so per quale persona possa risultare un modello un sistema che pretende di eliminare l’esclusione sociale costruendo più carceri e chiudendo scuole pubbliche.
Che cosa significa essere comunisti oggi e quali lezioni ha imparato dall’educazione familiare ricevuta? Lo crede possibile un socialismo democratico in Cile e in America Latina? Nel nostro paese, dove ha prevalso un senso comune fondamentalmente neoliberista imposto dai tempi della dittatura, i valori della sinistra (la solidarietà, la fratellanza e la giustizia sociale) rappresentano ciò che è sopravvissuto a quei 17 anni di oscurantismo. Credo che un progetto politico di sinistra non solo è attuale, ma è necessario per superare le profonde disuguaglianze che affliggono il nostro paese, risultato del nostro sistema economico fallito. Per questo ammiro quei paesi che hanno avuto il coraggio di compiere passi in quella direzione.
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