Yves Marchand and Romain Meffre's extraordinary photographs documenting the dramatic decline of a major American city |
http://www.libreidee.org Annullare il debito e affidare all’Onu il futuro delle risorse Un’intesa mondiale capace di svalutare il debito, per mettere fine alla Terza Guerra Mondiale, già cominciata: quella finanziaria. Se oggi la politica ha le mani legate dai dominus di Wall Street, interessati solo a moltiplicare i loro colossali profitti anche a costo di inaudite sofferenze sociali, bisogna uscire dal tunnel prima che sia troppo tardi. Come? Restituendo sovranità agli Stati, e quindi ai cittadini, attraverso un’epocale riforma della governace planetaria, affidata alle Nazioni Unite. Anche il premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, non ha dubbi: occorre realizzare innanzitutto una riforma radicale del sistema bancario, per rimettere il credito al servizio della cittadinanza e ridurre così il crescente divario tra ricchi e poveri, speculatori e produttori reali. «Mentre si viene a sapere da Bankitalia che oggi il valore del debito delle amministrazioni pubbliche italiane ha raggiunto un nuovo massimo storico a 1.901,9 miliardi, aumento di 4,4 miliardi rispetto al mese precedente», scrive Alessandro Farulli su “GreenReport”, vale la pena riflettere su quanto ha appena sostenuto su “L’Unità” l’analista Silvano Andriani, per guardare oltre la crisi. «Siamo convinti che qualunque misura verrà presa, sia dall’Italia, sia dall’Europa aggiunge Farulli sarà un analgesico a un malato terminale». A meno che, dietro, non si aspiri davvero a «rimettere in discussione il tipo di sviluppo che ha generato la crisi», scrive Andriani. Che, partendo dagli errori che stanno commettendo negli Stati Uniti, sostiene che dopo quattro anni di crisi, due cose su tutte le altre appaiono necessarie ora: svalutare il mare del debito e creare vere forme di cooperazione economica. «Procedere ad una svalutazione della massa di debiti esistenti» è la prima misura mondiale da adottare, secondo Andriani, disponibile ad approvare la continuità di «politiche fiscali e monetarie espansive», a condizione che esse «vengano utilizzate nel contesto di nuove forme di cooperazione internazionali che puntino a riequilibrare l’economia mondiale, tenendo conto non solo degli squilibri tra Stati, ma anche di quelli energetici, alimentari, ambientali». In questo contesto, che «comporta un mutamento del modello di sviluppo», ogni singolo Stato «dovrebbe guidare un processo di ricollocazione del proprio Paese nell’economia mondiale». Questa, sottolinea “GreenReport”, è la vera “opportunità” che, per assurdo, la grande crisi ci concede: un nuovo modello economico. Un cambio radicale, che probabilmente può essere provocato soltanto da uno choc senza precedenti: quello che stiamo cominciando a vivere, e che minaccia di trasformare i prossimi anni in un incubo, con la cancellazione di tutte le protezioni sociali su cui si è basato, per oltre mezzo secolo, il welfare europeo. “GreenReport” auspica che il dramma in arrivo serva a produrre una autentica rivoluzione planetaria innanzitutto nel governo delle “commodities”, ovvero l’energia e le materie prime, che «vanno sottratte al mercato e controllate da un Consiglio di sicurezza dell’Onu davvero rappresentativo, allargato alle potenze emergenti ed ai rappresentanti dei Paesi poveri e poverissimi». Governi e Stati occidentali, continua Farulli su “GreenReport”, sviluppando le idee avanzate da Andriani su “L’Unità”, devono «cedere sovranità» sulle risorse strategiche: in caso contrario, «le economie emergenti esploderanno (e con esse le economie tradizionali) perché non reggeranno l’esplosione sociale». Nel saggio “Bancarotta”, pubblicato in Italia da Einaudi, l’economista Joseph Stiglitz aggiunge un tassello fondamentale: dice che dobbiamo «creare un nuovo sistema finanziario che faccia quello che le persone si aspettano da un sistema finanziario: realizzare un nuovo sistema economico che crei posti di lavoro significativi e decenti per chi ne ha bisogno», ovvero «un sistema in cui il divario tra ricchi e poveri si assottigli, anziché ampliarsi». Anche secondo Stiglitz, la crisi epocale che si sta spalancando davanti a noi può rivelarsi un’occasione storica per «creare una nuova società, in cui ogni individuo possa realizzare le proprie aspirazioni e potenzialità, in cui i cittadini condividono ideali e valori». Quello che serve con la massima urgenza è «una comunità che tratti il pianeta con rispetto». Quel rispetto che, prima o poi, il pianeta stesso «esigerà sicuramente». Per fare tutto questo aggiunge dal canto suo Farulli serve «una gigantesca pianificazione, un new deal», pure «già evocato per un breve periodo, e poi subito dimenticato, dai potenti del mondo sotto scacco dei poteri finanziari». Impossibile andare avanti come si è fatto finora, con politici sottomessi a «un’economia drogata dalla finanza, che non sa guardare oltre ai rumors di giornata». E dato che l’economia non è un fenomeno naturale, nonostante analogie linguistiche utilizzate dai media quali “tempeste”, “terremoti”, “tsunami”, per Farulli «la politica può (e deve) correggere il tiro, se davvero ricerca una “exit strategy” a lungo termine, che non ci riconduca ancora una volta contro il muro». Le “mani” sono tutte ben visibili, persino quelle che spingono i tasti su quei pc e decidono dei destini di intere nazioni: «Siamo dentro la Terza Guerra Mondiale, che è finanziaria». Cosa che nemmeno Einstein poteva prevedere, anche se Farulli conferma la celebre profezia del grande scienziato: «Il rischio è davvero che la quarta, di guerra, sia combattuta con clave e pietre, e con tutta probabilità per difendere quel che resterà di ciò che oggi chiamiamo “beni comuni”».
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