China Files La repressione silenziosa della Cina continua con il fermo di Ai Weiwei La repressione silenziosa della Cina prosegue. Ieri, domenica, è stato arrestato, all’aeroporto di Pechino, mentre stava dirigendosi a Hong Kong, Ai Weiwei, artista di successo internazionale e attivista particolarmente fastidioso per il governo cinese, non ultimo per le sue inchieste sulla corruzione. Nelle stesse ore dell’arresto, il suo studio veniva isolato e perquisito dalla polizia. Secondo alcune fonti sarebbe stato arrestato anche un assistente Ai Weiwei, fermato per un interrogatorio e fino a questo momento irrintracciabile, otto dipendenti e la moglie. Le autorità cinesi non rilasciano informazioni. A gennaio, Ai, era stato messo agli arresti domiciliari perché non potesse partecipare a una protesta che aveva egli stesso organizzato per manifestare contro la distruzione, da parte di funzionari del Governo di Pechino, del suo studio a Shanghai. Nelle settimane scorse l’artista aveva annunciato di voler costruire un nuovo studio a Berlino. Tutti gli osservatori internazionali più attenti, a partire dai media australiani e indiani, oltre agli americani e inglesi, parlano di rafforzamento del giro di vite del Governo cinese contro attivisti e critici del Governo in tutto il Paese, per paura di una escalation dei disordini interni seguiti alle rivoluzioni arabe (dalla Tunisia, all’Egitto, fino a Libia, Bahrein, Siria, Yemen, Oman, e Giordania), la così detta ‘rivoluzione dei gelsomini cinesi’. Ai Weiwei è uno degli artisti più famosi della Cina contemporanea, già ideatore del Nido d’Uccello, il nuovo futuristico stadio di Pechino, recentemente ha esposto alla Tate Modern di Londra, e un mito del mondo dell’attivismo cinese. Dopo il suo contributo creativo all’orgia del potere sfoggiato da Pechino nel 2008 per le Olimpidi, Ai Weiwei è divenuto una spina nel fianco del governo pechinese: prima ha boicottato i giochi, poi si è messo a cercare l’esatto numero di bambini morti nel terremoto del Sichuan. Picchiato, operato d’urgenza alla testa in Germania, non si è fermato. Via twitter ha organizzato la marcia degli artisti sradicati dai loro studio appena un anno fa, ha denunciato arresti e soprusi. E’ un mito del mondo dell’attivismo cinese: un paio di settimane fa è stato anche messo ai domiciliari, per non consentirgli di raggiungere Shanghai. Nel Dicembre 2010, per ‘Il Fatto Quotidiano’ avevo intervistato Ai Weiwei nel suo studio nella zona di Caochangdi, a Pechino. Mi parlò del premio Nobel a Liu Xiaobo. “E’ stata una bella notizia, ma in generale la Cina è sotto censura, non esiste discussione al riguardo. L’impatto di questo premio è molto forte soprattutto sul governo cinese, perché devono vergognarsi e la gente può accorgersi di come il mondo guarda alla Cina. Il governo nega l’esistenza di un problema di libertà di parola: hanno fermato oltre cento persone dopo il Nobel. Quindi, prima nessuno sapeva niente di Liu, ma ora almeno cento persone sono state arrestate, fermate, gli è stato impedito di viaggiare: questo ha portato molta gente a scoprire cosa stava succedendo”. Qualcosa si muove in Cina, in quei giorni la conferenza annuale dei blogger cinesi era stata vietata, e il rifugio dei protagonisti dell’on line cinese era lo studio di Ai Weiwei a Shanghai, quello poi distrutto dai funzionari del Governo. “Non penso ci sarà un cambiamento” disse Ai. “Cambiano le persone ma non l’ideologia: le persone al potere in Cina rifiutano ogni forma di dialogo, di mediazione, non vogliono aprirsi a riforme, ad un sistema giudiziario indipendente. Queste cose sembra che non cambieranno mai. Un punto di partenza è lottare per la libertà di espressione, affinché la gente possa scegliere in modo indipendente. I giovani non sanno cosa significhi scegliere, questo è un grosso problema”. Sulla natura di un eventuale cambiamento, vista la turbolenta storia della Cina, una riflessione piuttosto amara: “sarebbe bello che un eventuale cambiamento avvenisse attraverso un processo pacifico, ma la natura di questa macchina potrebbe volere dei costi molto alti per cambiare. Perché è arrogante, non ammette mai i propri errori, né permette negoziazioni, Ogni giorno accumula più tensione e ogni giorno qualcuno in silenzio l’abbandona. Questo potrebbe essere rischioso per un cambio pacifico, anche perché la maggioranza dei trentenni e dei quarantenni di oggi sono diventati più coscienti dei problemi, non sono più facilmente convincibili con parole vuote, non sono disposti a farsi fare il lavaggio del cervello. E’ un bel segno, una generazione cui non importa niente del comunismo, del sistema che è stato creato e che protegge solo i propri interessi”. Internet potrebbe essere uno strumento importante, nonostante la censura -“che lavora bene in ogni dittatura”- come dimostrebbe Wikileaks: “penso sia una cosa meravigliosa, è un perfetto esempio di come l’individuo può contrastare i sistemi politici basati su idee vecchie. In generale internet è un dono per riportare il potere agli individui. Sono tempi elettrici, non è mai successo niente del genere, siamo di fronte a un nuovo genere di umanità, le possibilità che internet sprigiona sono un miracolo e Wikileaks è un simbolo di questo cambiamento”.
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