Identità e criteri degli Interventi Civili di Pace italiani
Tavolo Interventi Civili di Pace
Firenze: 28-30 Gennaio 2011
I movimenti per la pace devono, infatti, sforzarsi
di essere sempre meno costretti ad improvvisare per reagire
a singole emergenze, ed attrezzarsi invece a sviluppare idee e proposte
forti, capaci di aiutare anche la prevenzione, non solo la cura di crisi e conflitti…
Alexander Langer
Indice:
1. Contesto storico
2. Criteri degli Interventi Civili di Pace
3. Profilo del personale
4. Il Tavolo ICP
5. Relazioni istituzionali
6. Bibliografia
1. Contesto storico
Il concetto di Intervento civile di pace si sviluppa all’inizio degli anni Novanta. In particolare, a seguito delle guerre in ex-Jugoslavia, nel 1995 l’europarlamentare Alex Langer propone l’istituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo, concepito come team di specialisti capaci di intervenire in fase di prevenzione, gestione e risoluzione del conflitto, con azioni “generatrici di pace”, finalizzate alla mediazione, alla promozione della fiducia fra le parti, all’assistenza umanitaria, alla re-integrazione di combattenti (specie mediante disarmo e smobilitazione), alla ri-abilitazione nonché alla ri-costruzione ed alla promozione dei diritti umani.
A seguito della proposta di Alex Langer, il Parlamento Europeo approva una risoluzione seguita nel 1999 da una raccomandazione ad hoc alla Commissione sull’istituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo. Attualmente il progetto si è arenato e, ad oggi, non sembra avere prospettive di realizzazione nonostante il nuovo Trattato di Lisbona (art. 214 comma 5) preveda l’istituzione di “un corpo volontario europeo di aiuto umanitario[1].
Ampio riconoscimento del ruolo dei civili nell’azione “sui” e “nei” conflitti internazionali viene garantito anche dalle Nazioni Unite. Con l’Agenda per la Pace del Segretario Generale B. Boutros Ghali del 1992, le Nazioni Unite hanno introdotto le categorie e le professioni di peace-keeping, peace-making e peace-building, nelle quali i civili sono equiparati formalmente ai militari pur mantenendo un ambito proprio di azione.
In Italia, uno straordinario movimento popolare ha democraticamente ottenuto, in forza dell’art. 11 della Costituzione Repubblicana, due leggi (l. 230/1998 e l. 64/2001) che danno corpo all’iniziativa delle Nazioni Unite, istituendo una “difesa civile non armata e nonviolenta” tramite il Servizio Civile Nazionale, sia in Italia che all’Estero. Tale Servizio Civile, diverso per natura ed autonomo dal servizio militare, è come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria ed ordinato ai fini enunciati nei principi fondamentali della Costituzione Repubblicana.
L'associazionismo italiano ha implementato nel frattempo, in autonomia rispetto alle istituzioni, esperienze di accompagnamento protettivo a tutela di difensori di diritti umani e importanti missioni di Corpi Civili di Pace: nei Balcani (2.000 volontari per la marcia Mir Sada su Sarajevo del 1993), in Medioriente (centinaia di attivisti di Action for Peace in Palestina dal 2001 in poi, per interposizione nonviolenta e monitoraggio elettorale), in Africa (300 volontari dei Beati Costruttori di Pace in Congo nel 2001 al Simposio per la Pace, altri 110 nel 2006 per monitoraggio e sostegno al processo elettorale) e nei nostri territori per arginare razzismo e cultura mafiosa. Centinaia di volontari e volontarie italiani/e sono stati dislocati, dal 1989 ad oggi, nei diversi progetti delle Peace Brigades International (Ong internazionale nata in Canada nel 1981) grazie all'istituzione della Onlus Pbi Italia nel 1988. Da analoghe esperienze a livello internazionale nasce nel 2002 Nonviolent Peaceforce (NP), un'ONG che comprende circa 100 associazioni di tutti i continenti. Da circa dieci anni NP forma ed invia nelle zone di conflitto operatori di pace professionisti al fine di cooperare con le organizzazioni locali e rafforzare la loro azione di prevenzione e trasformazione della violenza.
Peace Brigades International e NP rapppresentano dei significativi tentativi di realizzare a livello globale il progetto di Shanti Sena (Esercito della Pace/ Brigate di Pace ) ideato da Gandhi.
2. Criteri degli Interventi Civili di Pace
Gli Interventi Civili di Pace si configurano come azione civile, non armata e nonviolenta di operatori professionali e volontari che, come terze parti, sostengono gli attori locali nella prevenzione e trasformazione dei conflitti. L'obiettivo degli interventi è la promozione di una pace positiva, intesa come cessazione della violenza ma anche come affermazione di diritti umani e benessere sociale.
Gli operatori intervengono in Italia o all'estero, in territori di conflitto o dove si prevede possano scoppiare conflitti determinati da violenza diretta, culturale o strutturale. Il dispiegamento degli operatori può essere previsto quando il conflitto è ancora latente - in funzione preventiva - quando il conflitto è ormai acceso - in funzione di trasformazione nonviolenta e peacekeeping civile - e nella fase post-conflitto - in attività di peacebuilding, per aiutare la ricostruzione del tessuto sociale.
L'intervento avviene solo su “richiesta leggibile” della società civile locale, interessata dal conflitto, e deve essere progettato con la partecipazione di partner locali. Tali organizzazioni devono aver scelto una modalità d'azione o di lotta non armata, dimostrare una chiara potenzialità di impatto sul conflitto, e rispetto per i diritti umani di tutte le parti coinvolte. Sul campo si possono attivare relazioni di collaborazione con altre ONG, agenzie di organizzazioni internazionali, istituzioni pubbliche, solo se tali rapporti non minano l'indipendenza e imparzialità della missione. Con attori armati regolari e non regolari - può esserci dialogo finalizzato alla gestione nonviolenta del conflitto o scambio di informazioni sulla sicurezza, ma non sono ammesse forme di collaborazione né scorta armata.
Principi comuni agli ICP:
· nonviolenza nelle relazioni tra operatori e nella gestione del conflitto
· indipendenza da condizionamenti politici, imparzialità rispetto alle parti in conflitto, pur schierandosi nella difesa dei diritti umani, e non ingerenza verso le ONG locali
· equità di genere nelle relazioni tra operatori e con la popolazione locale
· rispetto per la cultura locale e adozione di uno stile di vita semplice, il più possibile simile a quello della popolazione locale
Campi d'azione:
· monitoraggio dei diritti umani e denuncia delle violazioni
· monitoraggio elettorale
· promozione del processo di pace
· mediazione e facilitazione tra le parti
· processi di riconciliazione
· interposizione non armata tra le parti
· sensibilizzazione e lobbying
· accompagnamento nonviolento di persone minacciate
· educazione alla pace
· empowerment delle parti più deboli e oppresse
· attivazione di reti tra persone, organizzazioni e/o istituzioni
· lavoro di pace nell'aiuto umanitario, inclusa assistenza nel reintegro di combattenti, sostegno a profughi e sfollati
Gli ICP sono missioni di durata medio-lunga e non prevedono interventi isolati di emergenza che non avrebbero alcun impatto significativo sul conflitto. Le modalità di finanziamento pertanto devono assicurare la sostenibilità delle missioni per almeno un anno, oltre all'indipendenza da qualsiasi interesse politico o di parte e al rispetto dei criteri ICP. Ogni missione deve essere preceduta da uno studio di fattibilità, un eventuale progetto pilota, e deve adottare modalità di monitoraggio in itinere, oltre a un'approfondita valutazione finale. Il piano di uscita dal paese deve essere inoltre stabilito fin dall'inizio, prevedendo le condizioni e gli obiettivi che una volta raggiunti - determineranno la possibilità e necessità di porre fine alla missione.
Gli operatori lavorano in squadra e prendono di norma decisioni strategiche e tattiche con il metodo del consenso. Si attengono a un Codice di Condotta concordato dalle organizzazioni che gestiscono la missione e i partner locali, e rispettano la procedura di uscita dall'area o rimpatrio in caso di alto rischio per la loro incolumità. Una Matrice del Rischio fornita dall'organizzazione aiuta gli operatori a valutare la probabilità che si verifichino eventi che comprometterebbero la missione, e ad adottare in tal caso reazioni adeguate. Gli operatori partecipano agli incontri informativi sulla sicurezza organizzati da agenzie militari o civili, e mantengono le autorità italiane informate sui loro spostamenti.
3. Profilo del personale
L’operatore di pace è un/una professionista o un/una volontario/a capace di:
a) operare “nelle” situazioni di conflitto, violenza, crisi, prevenzione dell’escalation e ricomposizione post-conflitto;
b) operare “sulle” dinamiche di conflitto a diversi livelli (dal micro-conflitto interpersonale, al macro-conflitto di livello internazionale, passando per il meso-conflitto di natura civile/sociale);
c) promuovere programmi orientati ad un approccio di costruzione della “pace positiva” tramite peacebuilding o peacekeeping civile non armato e nonviolento.
Poiché il lavoro svolto dagli operatori di pace non è generalmente definibile all'interno di un'unica categoria occupazionale, è necessario che gli operatori sommino conoscenze interdisciplinari rilevanti per il campo in cui andranno ad operare. È quindi importante affiancare alla vocazione dei singoli un'alta professionalità ed esperienza sul campo. I livelli di competenza degli operatori potranno essere valutati in base a standard internazionali come quelli sviluppati dall'associazione Peaceworkers UK con International Alert[2].
Il personale coinvolto negli ICP lavora in un team composto possibilmente sia da professionisti che da volontari, i quali affiancano a rotazione il personale esperto in missione.
La compresenza di personale volontario e professionale va gestita sin dal processo formativo prevedendo corsi specifici inerenti agli obiettivi, al mandato, all’operatività e codice di condotta nel contesto di missione, al fine di preparare il personale a ricoprire diversi ruoli ed evitare contrapposizioni e/o sovrapposizioni.
La formazione deve comprendere in ogni caso moduli generali sul lavoro di pace, atti a sviluppare competenze, fornire conoscenze e accrescere le capacità personali, e moduli specifici inerenti alla missione. Il percorso formativo è caratterizzato da componenti teoriche e attività esperenziali-pratiche con l'utilizzo di tecniche training e giochi di ruolo, mirando a fornire e rafforzare:
· Conoscenze: metodologie di peace-building (agendo nel rispetto del contesto in cui si opera e di concerto con gli attori interni al conflitto per minimizzare il danno e massimizzare l'impatto costruttivo della missione), mappatura del conflitto (ruolo dei vari attori e analisi del contesto), tecniche e strumenti di lavoro (gestione del ciclo di progetto, attività di gestione e trasformazione del conflitto), capacità di lavorare in team, sicurezza e protezione personale e del gruppo. Altre competenze linguistiche, informatiche, logiche e cognitive più generali in diversi campi (diritti umani e stato di diritto, democratizzazione ed institution - building, giustizia riparativa e transizionale, cooperazione internazionale ed aiuto umanitario, progettazione...) devono far parte del bagaglio di conoscenza degli operatori professionali.
· Qualità personali: l'operatore di pace dev'essere in grado di attingere quotidianamente a proprie qualità come: capacità di osservare la realtà senza giudicare, consapevolezza di sè, diplomazia, sensibilità, creatività nel risolvere problemi, flessibiltà, disarmo interiore, capacità di lavorare in gruppo. Queste possono essere potenziate tramite il percorso formativo ed influenzano in modo determinante il lavoro sul campo.
· Competenze: vengono affinate durante la formazione ed aiutano l'operatore ad utilizzare al meglio ed integrare le proprie capacità personali e le conoscenze acquisite nel contesto operativo. Le competenze più importanti riguardano l'abilità strategica di comprendere la complessità e le interconnessioni nella realtà del conflitto e la capacità di collegare persone chiave in grado di creare strutture e reti che arginano la violenza.
4. Il Tavolo ICP
Il Tavolo Interventi Civili di Pace (ICP) è nato nel 2007 come luogo di dialogo tra Ministero degli Esteri, Ufficio Nazionale del Servizio Civile e Organizzazioni Non Governative italiane. Si propone oggi come luogo di confronto e di coordinamento della società civile italiana che interviene in zone di conflitto, in Italia e all'estero, per favorire i processi di pace e la trasformazione dei conflitti. Il Tavolo ICP intende promuovere interventi di operatori professionali e volontari che contribuiscono a prevenire e trasformare i conflitti mediate attività di peacebuilding e peacekeeping non armato.
Il Tavolo ICP è una rete di associazioni e individui attivi nel campo della ricerca, formazione e azione sulla costruzione della pace e la cooperazione in zone di conflitto, nata per raccogliere le proposte e le idee della società civile. Fornisce una piattaforma di condivisione, confronto e ri-elaborazione delle diverse sollecitazioni provenienti dalle associazioni componenti e coordina le azioni per la promozione di Interventi civili di Pace italiani, supportando i relativi processi decisionali.
Obiettivi
· Favorire un dialogo strutturato con le istituzioni e gli organi politici italiani ed europei al fine di ottenere riconoscimento formale degli ICP e promuovere la realizzazione di interventi di peacebuilding e di peacekeeping civile.
· Definire gli obiettivi, le caratteristiche e le pratiche degli ICP italiani, divenendo organo di garanzia italiano su tali criteri e facilitando la convergenza di obiettivi, strategie e priorità delle associazioni membre.
· Sostenere e migliorare l'efficacia degli interventi civili in aree di conflitto di ONG, associazioni e reti italiane, agevolando la circolazione e la condivisione delle risorse delle singole associazioni, fornendo servizi di consulenza e garantendo visibilità alle loro attività.
· Aumentare la visibilità della tematica ICP presso gli organi di informazione e sensibilizzare l'opinione pubblica italiana sulla cultura della nonviolenza attiva e sulla rilevanza degli ICP.
Attività
· Advocacy e lobbying verso le Istituzioni, garantendo la rappresentatività degli interventi civili di pace, il loro riconoscimento istituzionale e la valorizzazione del loro operato.
· Sviluppo del modello ICP italiano tramite la definizione di obiettivi, principi e modalità di azione, anche in collaborazione con gli enti locali, il mondo accademico e della ricerca.
· Gestione di uno sportello informativo sugli ICP dedito alla promozione della partecipazione attiva della società civile e dei singoli (intermediazione tra domanda e offerta lavorativa, tra associazioni e volontari e/o personale qualificato).
· Progettazione di un Istituto Nazionale di Ricerche e Studi per la Pace, il Disarmo e la Prevenzione dei Conflitti e redazione di documenti, studi di fattibilità ed analisi critica degli interventi.
· Formazione professionale degli operatori di pace e servizi di consulenza, anche supportando le singole associazioni nell’individuazione degli strumenti politici e normativi di riferimento.
· Coordinamento dei progetti e delle iniziative poste in essere dalle associazioni membre, pubblicità degli stessi e diffusione dei risultati a livello nazionale ed internazionale, promozione di progetti pilota di Intervento Civile di Pace.
· Agevolazione della comunicazione tra le associazioni del Tavolo, garantendo la circolazione delle idee, delle proposte e delle informazioni, e coinvolgimento di nuove associazioni e reti in modo da creare massa critica di alto profilo.
· Campagne di sensibilizzazione presso l’opinione pubblica.
Struttura
Al Tavolo ICP partecipano referenti delle associazioni membre e singoli volontari e formatori interessati a contribuire al processo. L'assemblea demanda a un Gruppo di Servizio composto da volontari i compiti di segreteria funzionali all’organizzazione e alla comunicazione generale e istituisce Gruppi di Lavoro per ogni linea d'azione. Eventuali progetti di formazione, sensibilizzazione o intervento adottati dal Tavolo sono formalmente gestiti da gruppi di associazioni membre legalmente riconosciute.
Le responsabilità e i ruoli sono diffusi e basati sulla diarchia di genere e le procedure decisionali adottano metodi consensuali. Si tratta quindi di un organizzazione flessibile e leggera ma capace di garantire una funzione di rappresentanza nei rapporti con le Istituzioni. Nonostante il Tavolo ICP sia espressione spontanea della società civile, non si esclude che in futuro si avvii verso un processo di formalizzazione legale per ottenere personalità giuridica riconosciuta. Tale percorso garantirebbe maggiore riconoscimento istituzionale, stabilità e continuità delle attività grazie a una vera e propria Segreteria Organizzativa, e possibilità di ricevere e gestire direttamente finanziamenti pubblici.
5. Relazioni istituzionali
Gli Interventi Civili di Pace vengono progettati e realizzati da ONG e monitorati dal Tavolo ICP, ma auspicano un alto livello di coordinamento con le istituzioni pubbliche locali, nazionali e internazionali. Gli interventi possono avere:
· mandato delle istituzioni, che in tal caso definiscono gli obiettivi e si occupano della direzione politica dell’operazione, delegando la pianificazione, l’organizzazione e la condotta della stessa alle associazioni;
· egida delle istituzioni, che si limitano ad avallare gli obiettivi di una missione, invitando le associazioni a mettere in pratica i mezzi più opportuni per promuovere la pace in una data circostanza;
· finanziamenti pubblici, pur nel rispetto dell'indipendenza della missione e dei criteri ICP.
A livello internazionale il coordinamento può avvenire con Agenzie ONU, con l'Unione Europea (Direzione Generale per le Relazioni Estere e lo European External Action Service previsto nel Trattato di Lisbona) e con il Consiglio d'Europa. Per raggiungere queste istituzioni è fondamentale il lavoro di rete con associazioni che in altri paesi lavorano con gli stessi obiettivi, in particolare tramite lo European Network for Civil Peace Services (EN-CPS). Punto di riferimento per il dialogo con le istituzioni europee è lo European Peacebuilding Liaison Office (EPLO) che preme per l'istituzione di un'Agenzia europea di Peacebuilding civile, come contraltare all'esistente Agenzia di Difesa militare.
In Italia il raccordo istituzionale può avvenire con:
· l'Ufficio Nazionale del Servizio Civile, per progetti di servizio civile in Italia e all'estero che promuovano la “difesa della Patria con mezzi ed attività non militari” (legge 64/2001), tramite coordinamento diretto con il Comitato Consultivo per la Difesa Civile Non Armata e Non Violenta e i rappresentanti dei volontari in Servizio Civile
· il Ministero degli Esteri tramite la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo, per progetti di intervento all'estero che rientrano negli ambiti della cooperazione internazionale con la società civile locale (legge 49/1987), o tramite Direzioni Generali di area per la “Partecipazione dell’Italia alle iniziative di pace ed umanitarie in sede internazionale” (legge 180/1992)
· il Ministero degli Interno o Ministeri competenti per interventi in zone di conflitto su territorio italiano
· gli Enti Locali per interventi all'estero nell'ambito della Cooperazione Decentrata o interventi sui loro territori, tramite operatori del servizio civile regionale/provinciale o operatori di pace e mediatori nei conflitti[3].
Fondamentale sarebbe il ruolo delle istituzioni nel sostegno ai percorsi di formazione per operatori, e riconoscimento delle abilità e professionalità acquisite tramite un Albo Nazionale degli Operatori di Pace.
6. Bibliografia
Criteri per un Servizio Civile di Pace - Standard comuni per lo sviluppo di progetti definiti dal Gruppo sul SCP tedesco (Forum ZFD), Bonn, 2005:
http://lnx.interventicivilidipace.org/index.php?option=com_content&task=view&id=51&Itemid=53
Inoltre:
a. il Report del GdL su: “Pace, Disarmo, Prevenzione dei Conflitti”, Stati Generali Coop. Roma 2006: www.operatoripacecampania.it/pdf /3_%20pace_disarmo_prevenzione.pdf;
b. il Documento Finale, “Pace, Disarmo e Prevenzione dei Conflitti”, Stati Generali Coop. Roma 2006, “Più strumenti civili di promozione della pace e gestione dei conflitti per l’Italia”: www.reteccp.org/convegni/strumenti1.html;
c. lo “Studio di Fattibilità e Tracce di Ricerca inerenti alla costituzione di CCP in Italia”, Roma 2006: www.reteccp.org/biblioteca/dossier/ leggiread/studioccp.pdf;
d. la “Riflessione preliminare ad un progetto di fattibilità per l’istituzione del CCP (SCP) in Italia”, Padova 2007: unipd-centrodirittiumani.it/public/docs/PDU2_2007_A083.pdf;
e. la “Piattaforma su CCP per il Tavolo CCP c/o MAE”, Roma 2007: www.operatoripacecampania.it /pdf/1_ccp_piattaforma.pdf;
f. la “Piattaforma di Lavoro del Tavolo ICP” - Ruolo delle OSC nei processi di prevenzione e trasformazione dei conflitti, Roma, 21-22 XI 2008: www.vita.it/news/view/ 87219,
g. le “Giornate di Studio/Iniziativa su ICP/CCP”, Bolzano, 29-30 XI 2007: www.reteccp.org/ convegni/confbobz/bolognabolzano.html;
h. la “Piattaforma CCP” di IPRI - Rete CCP per “Agire Politico”, Bologna, 12 X 2008: lnx. interventicivilidipace.org/index.php?option=com_content&task=view&id=16&Itemid=43;
i. il Convegno di Ricerca “Area Umanitaria”: Operatori di Pace e Mediatori Inter-culturali; Bolzano, 28 IX 2006: www.pacedifesa.org/public/documents/Rapporto%20di%20Valutazione. pdf; inoltre:
l. il seminario “Operatori di Pace in Azione”, Firenze, 27 II 2009:
www.reteccp.org/formazione/ icpregioni/relazioneccp.html e infine:
1. “Ricognizione delle esperienze più significative in materia di DCNANV”, CISSC 2008: cissc.eu/attachments/File/pubblicazioni/Ricognizione_delle_esperienze_pi__-_significative_in_materia_di_difesa_civile_non_armata_e_non-violenta_in_ambito_nazionale__europeo_e_internazionale.pdf;
2. A. Drago, “Operatori per la pace: riflessioni sulle prospettive d’impiego dei laureati in scienze per la pace”, in “Scienza e Pace”, Rivista del CISP - Università di Pisa, I (2010), 4 in: scienzaepace.unipi.it/index.php?option=com_content&view=article&catid=18%3Amediazione-e-nonviolenza&id=44%3Aoperatori-per-la-pace&Itemid=1;
3. G. Pisa, “Indicazioni tematiche per un CCP in Italia”, Bolzano/Bozen, 29-30 XI 2007: www.reteccp.org/biblioteca/dossier/leggiread/tematiche.pdf.
Bozza redatta da:
Francesca Bozzano, Valeria Gambino e Martina Pignatti Morano (Un ponte per...)
Gianmarco Pisa (Operatori di Pace Campania)
Graziano Tullio (Centro Studi Difesa Civile e Nonviolent Peaceforce)
[1] L’art. 214 comma 1 del trattato di Lisbona individua nell’aiuto umanitario dell’Unione Europea l’insieme delle azioni di “assistenza, soccorso e protezione alle popolazioni dei Paesi terzi vittime di calamità di tipo naturale o provocate dall’uomo, per far fronte alle necessità umanitarie risultanti da queste situazioni”.
[2] http://www.international-alert.org/ourwork/traininglearning/overview
[3] Una rete di sei regioni italiane, coordinate dalla Provincia di Bolzano, ha avviato corsi di formazione professionale per operatori di pace e mediatori inter-culturali ed ha attivato una “Rete inter-regionale - trans-nazionale per l’utilizzo delle risorse professionali nella mediazione inter-culturale e nella prevenzione, gestione e trasformazione dei conflitti”.