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Confitti Ambientali, Il Cdca Presenta Il Libro L’Aquila è come il Delta del Niger, la Val di Susa come la Patagonia. Le differenze geografiche o paesaggistiche contano poco quando all’interno di contesti così lontani tra loro c’è la stessa lotta in corso: la resistenza organizzata delle popolazioni locali contro l’imposizione di progetti ideati e attuati senza la loro consultazione. La storia del Delta del Niger inizia nel 1993, quando l’esercito del governo militare nigeriano uccide quasi 2mila persone che contestano la vendita delle loro terre, ricche di idrocarburi, alla Shell. Le multinazionali del petrolio che da allora hanno agito sul territorio hanno potuto godere dell’impunità ambientale. Ad esempio, il gas naturale che deriva dall’estrazione del greggio può essere bruciato a cielo aperto (pratica cosiddetta del gas flaring), poco importa se questo intossica e uccide la popolazione residente. Gli impatti sono talmente violenti che hanno generato una resistenza altrettanto violenta; quella del Mend (Movimento di Emancipazione del Delta del Niger), di cui alcune volte ci raccontano anche i telegiornali italiani per attentati agli oleodotti, sequestri di persone o altre gesta di cui quasi mai viene spiegata la ragione. Ossia l’esasperazione di vedere la propria terra distrutta volontariamente da imprese che si arricchiscono nella incuranza globale. Ecco, nella sua versione più cruenta, cosa sono i conflitti ambientali. Conflitti che derivano dalla riduzione qualitativa e/o quantitativa delle risorse naturali di un territorio a cui si oppone, in maniera organizzata, la società civile. Il danno può avvenire per una scelta politica, come nel caso del Delta del Niger, o per una omissione politica, come nel caso de L’Aquila. La mancanza di un intervento pubblico rispondente alle esigenze della popolazione terremotata ha comportato la nascita di un movimento aquilano “il popolo delle carriole” di auto definizione delle politiche di ricostruzione. Emblematica in tal senso è la scrittura di una legge di solidarietà nazionale, presentata quest’anno. Di conflitto ambientale si tratta anche nel caso dell’opposizione della popolazione locale alla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità (TAV), di cui si è ricominciato a sentir parlare in questi giorni in concomitanza con l’annunciato inizio dei lavori, il movimento 'No Ponte' a Messina, i comitati sorti spontaneamente in Campania e nel Lazio in reazione ai piani regionali di gestione dei rifiuti. I conflitti possono nascere sia per i danni arrecati alla vita delle persone, sia per la difesa della natura in sé. In Cile, l’intero paese si sta mobilitando subendo repressioni e detenzioni illecite contro la costruzione di cinque mega dighe che sfregerebbero la Patagonia in maniera irreversibile. Nella incontaminata riserva naturale cilena vivono qualche centinaia di persone, eppure l’intero paese si sente chiamato in causa per la sua difesa. In effetti, se non bisogna spostarsi dall’Italia per verificare la virulenza di tali conflitti, bisogna recarsi in America Latina per constatare esiti positivi degli stessi. Il continente sudamericano, prima vittima degli interessi delle multinazionali, è ora l’avanguardia dei movimenti in difesa della terra. Nel 2008, in Bolivia e in Ecuador si sono riscritte le costituzioni nazionali, riconoscendo alla natura diritti soggettivi. Proprio in Ecuador la Chevron Texaco, dopo un processo ventennale, è stata condannata a pagare 8 miliardi di dollari per i danni causati dalle sue esplorazioni petrolifere. Proprio dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, è partita ed è stata accolta a livello internazionale la proposta di non estrarre il greggio nel parco dello Yasuni, unico per la sua biodiversità. I Conflitti ambientali sono la gran parte dei conflitti silenziosamente in corso nel mondo. La teoria e la casistica sono ora raccolti in un libro: Conflitti ambientali, biodiversità e democrazia della terra che sarà presentato il 7 giugno a Roma, presso la Feltrinelli di Via Orlando alle ore 18. Una pubblicazione frutto del lavoro quotidiano di ricerca e mappatura del Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali (CDCA), che avrà ancora molte pagine da scrivere.
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