http://www.megachipdue.info Stand by Recentemente sono stato molto colpito dall’invito del teologo-ecologista Leonardo Boff ad “essere di più con meno” e ad “avere il giusto senso della misura”. A chiunque abbia compreso l’importanza della transizione che ci aspetta, e ne sappia cogliere l’eccezionalità alla luce dello stato attuale del nostro pianeta (si ricordi che l’ecosfera è soggetta ad effetti antropici che tendono ad accumularsi seguendo l’unidirezionalità della freccia del tempo: in altre parole il degrado avanza e non può tornare indietro) queste parole, che sono intrise di una filosofia tanto semplice quanto struggente, sembrano tutt’altro che astratte ed elitarie. Ma siamo noi nelle condizioni materiali e spirituali per “essere di più con meno” e “avere il giusto senso della misura”? Purtroppo la risposta è per ora negativa, in quanto la pletora di tecnologie asservite alla legge dell’accumulazione infinita sta esercitando sull’umanità una modificazione antropologica senza precedenti, rendendo difficile (ma sempre più urgente) un grande progetto di risveglio collettivo. Alla luce di questo, chi abbraccia come noi la prospettiva decrescista non può e non deve trascurare gli ostacoli psicologici che frenano quotidianamente gli individui impedendo loro di adottare degli stili di vita sobri ed ecocompatibili. Pensavo a questi temi proprio l’altro giorno quando, davanti al mio PC in ufficio, ho esitato prima di spegnere il monitor, quasi ipnotizzato dal lume pallido dello stand by. Tutti sappiamo quanto spreco di energia sia generato da elettrodomestici lasciati “in pausa”, ma a volte può sembrare veramente assurdo che un semplice gesto possa contribuire a cambiare il mondo. E’ qui che cogliamo l’ipocrisia della retorica dei piccoli gesti quotidiani, così amata da chi vuole mantenere lo status quo avvalendosi, se possibile, di qualche campagna pubblicitaria su MTV. Beninteso, non stiamo dicendo che tali gesti siano inutili o superflui. Al contrario, essi sono importantissimi, ma privi di azioni legislative che li diffondano e li moltiplichino a tutti i livelli della società diventano solo delle scuse per scaricare la responsabilità del cambiamento sui singoli, esonerando la politica dal suo compito di orientamento della società e dell’economia. Ma ora voglio tornare al pulsante del monitor che, come un occhio tutt’altro che sveglio, mi fissava immobile in attesa di una mia decisione. Guardandolo ho capito qualcosa, ho avuto la mia sciocca illuminazione che mi ha portato a scrivere queste poche righe: il nostro cervello, quando parliamo di piccoli gesti quotidiani per la riduzione ragionevole dei consumi, non può cogliere minimamente il nesso fra la sua azione (micro) e gli auspicati risultati globali che ne dovrebbero seguire (dimensione macro dei presunti miglioramenti ambientali). Il problema allora, che tutti dovremmo almeno riconoscere, è che solo un insieme di politiche integrate ed un nuovo uso della comunicazione di massa potranno trasformare la situazione aumentando la consapevolezza delle moltitudini. I processi della globalizzazione economica architettata dal capitale hanno infatti lacerato da tempo il nesso tra mezzi e fini, tra azioni e risultati, al punto tale che l’uomo, ormai straziato dagli ingranaggi della megamacchina, inizia solo ora a ricercare attività che possano tradursi in risultati tangibili, che lo soddisfino e lo facciano di nuovo sentire “civile”. Ecco spiegata in poche parole la nascita dei numerosi e benemeriti movimenti dal basso, amanti della rete e difensori del Territorio. L’impossibilità percepita di agire sui meccanismi complessivi del sistema mondiale, convince oggi molti amici a cercare risultati visibili e concreti nel loro spazio quotidiano di intervento (politica a km0). Ciò è buono e ci sembra un primo passo per “essere di più con meno”, ma non dovremmo dimenticare l’insidia nascosta in questa scelta, qualora quest’ultima non si colleghi alla dimensione più vasta della politica nazionale ed internazionale. In tal senso, e per riprendere l’esempio del risparmio energetico, chiunque sia convinto della necessità storica di cambiare radicalmente il nostro modo di attingere risorse, deve soprattutto condizionare l’economia affinché le industrie di elettrodomestici realizzino dei prodotti che si spengono automaticamente, senza la funzione stand by. In assenza di queste iniziative il rischio è quello di colpevolizzare inutilmente le abitudini di chi ha perso, non per colpa sua, il senso dei gesti quotidiani e del suo stesso essere al mondo con gli altri. Questa rivoluzione, in definitiva, chiede tanto ai conformisti quanto ai decrescisti di “immaginare altrimenti” il futuro e di ridar vita all’arte della rappresentanza politica, uscendo dall’indifferenza e dallo spirito missionario che rende antipatiche anche le buone cause. P.S. Poi l’ho spento il monitor
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