Mondoweiss.net Violenza di Stato Israeliana e Valore della Vita Palestinese Il disprezzo per la vita palestinese ha caratterizzato l'atteggiamento delle autorità israeliane nei confronti dei suoi cittadini arabi fin dalla fondazione dello stato. I palestinesi costituiscono ciò che il filosofo italiano Giorgio Agamben chiama homo sacer, in base al quale non sono soggetti alle leggi dell'umanità. Per Israele, i palestinesi esistono in condizioni di "nuda vita". La loro esistenza è tollerata, ma non valorizzata. Invariabilmente, la legge è sospesa quando si tratta di analizzare denunce fatte da palestinesi. Israele è di solito veloce nel citare la "sicurezza nazionale" per giustificare le sue azioni letali. La vita, per i cittadini palestinesi dello stato, è in un perpetuo stato di emergenza in cui l'eccezione all'applicazione universale della legge è la regola. Come in uno stato coloniale, la vita in Israele si vede in modo ottimale attraverso un prisma razzista in cui razza ed etnia disciplinano il trattamento dei suoi cittadini. Come in tutti i regimi coloniali, territorio e popolazione sono i due elementi centrali su cui si concentra il colonizzatore, e Israele non fa eccezione. Entrambe queste componenti costituiscono la pietra angolare del moderno sionismo. Discussioni su demografia, popolazione e insediamenti sono logiche espressioni del sionismo, e continueranno ad essere la sua pietra angolare fino a quando Israele non raggiungerà i suoi obiettivi: sbarazzarsi di più cittadini palestinesi possibile e portare più terra sotto il suo controllo. Quando, in rari casi, la legge viene applicata (anche minimamente), è una prova che l'eccezione è la regola. Ad esempio, un poliziotto che, nel 2006. ha sparato ad un cittadino arabo e lo ha ucciso, è stato condannato a 15 mesi di reclusione - e questa è stata un'eccezione. Nella maggior parte dei casi, la perdita della vita dei palestinesi per mano dello stato, è trattata con indifferenza. La condanna mite associata ai comportamenti criminali dei membri delle forze di sicurezza è un'ulteriore prova del totale disprezzo per la vita araba all'interno di Israele. In effetti, questo è stato l'unico caso in cui è stato incriminato un poliziotto o un soldato dopo la protesta di massa dell’ottobre 2000. Nonostante il fatto che 13 palestinesi, cittadini di Israele, siano stati uccisi durante le manifestazioni, non sono mai state presentate denunce contro nessuno dei poliziotti coinvolti, e tutti i casi sono stati chiusi dal Procuratore Generale. Peggio ancora, nessuna delle blande raccomandazioni della Commissione di inchiesta Or, che si occupa dei modi per colmare le separazioni tra ebrei e arabi in molti ambiti della vita in Israele, è mai stata attuata dal governo. Il palestinese spersonalizzato prende posto nella retorica israeliana dei membri del Governo e, in ampia misura, fra il grande pubblico - giovani e anziani - come rivelato da innumerevoli sondaggi. Nell'agosto 2000, Ehud Barak ha chiamato i palestinesi "coccodrilli". Il capo di stato israeliano di un tempo, Moshe Yalon, li ha descritti come "una manifestazione cancerosa", ed ha equiparato l'azione militare nei territori occupati alla "chemioterapia". Nel marzo 2001, l'allora Ministro del Turismo israeliano, Rehavem Ze'evi, ha chiamato Yasser Arafat uno "scorpione". Dopo che Hamas ha vinto la maggioranza dei seggi nel 2006 in elezioni democratiche sotto la supervisione internazionale, Israele ha rafforzato la sua presa sui territori palestinesi occupati ed ha avviato una politica di punizioni collettive sistematiche, tagliando il flusso dei fondi e riducendo drasticamente l'approvvigionamento di cibo e altri beni essenziali a Gaza, tutto in nome della “sicurezza”. Dov Weissglass, che era stato uomo di punta di Israele nella consulenza ai ministri israeliani sulla politica verso i palestinesi, ha descritto il divieto delle forniture alimentari e di altri beni essenziali al 1,2 milioni di persone di Gaza come un “regime di dieta". Nel 2006 ha scherzato cinicamente: "E' come un appuntamento con un dietista. I palestinesi diventeranno un po' più magri, ma non moriranno". Rafael Eytan, ex capo di Stato di Israele si è riferito ai i palestinesi come a “scarafaggi in una bottiglia”. L'ex primo ministro Menachem Begin li ha definiti "bestie a due gambe." Dieci anni fa, il leader del partito Shas ha suggerito che Dio dovrebbe inviare le "formiche" palestinesi all'inferno e li ha definiti "serpenti". Più di recente, nel mese di agosto 2010, il Rabbino Capo sefardita, Ovadia Yosef, ha detto che "Dio dovrebbe colpire" i palestinesi "con una piaga". Dan Schueftan, professore all'Università di Tel-Aviv, ha scritto sul Maariv, nell'ottobre 2009, che "gli arabi sono il più grande fallimento nella storia dell'essere umano. Non c'è niente sotto il sole che sia più incasinato dei palestinesi ". Queste posizioni individuali sono state assimilate dalla pubblica opinione; i dati diffusi nel mese di settembre hanno rivelato che il sessantaquattro per cento dei ragazzi israeliani dai 15 ai 18 ha ammesso che gli arabi in Israele non godono della piena parità di diritti, e il 59 per cento di quel gruppo crede che non dovrebbero avere piena parità di diritti. Nel mese di ottobre 2009, Netanyahu ha dichiarato che l'ebraicità dello stato deve essere riconosciuta dai palestinesi come condizione per la pace. Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri di Israele e razzista dichiarato, ha affermato, nella sede delle Nazioni Unite a New York, nell'ottobre 2010, che "senza il riconoscimento di Israele come stato ebraico, semplicemente non possiamo raggiungere la pace". L'implicazione di questa posizione teocratica è chiara: esclude il ritorno di profughi palestinesi alle loro case in Israele, e priva i cittadini non ebrei dei loro diritti umani fondamentali. Nel migliore dei casi, i palestinesi in Israele sono trattati come una "comunità sospetta" che deve essere controllata da vicino da diverse istituzioni dello Stato e dall'opinione pubblica ebraica. Il progetto sionista resta in piena accelerazione e in linea con il sogno dei fondatori dello Stato; la leadership attuale e futura non si fermerà fino a quando la presenza palestinese in Israele non sarà notevolmente ridotta. Secondo le ultime dichiarazioni di Lieberman alle Nazioni Unite, questo significa scambiare un territorio con una grande popolazione araba in Israele con uno Stato palestinese di bantustan in Cisgiordania. Di conseguenza, i colloqui di pace in corso tra palestinesi e Israele sono un progetto illusorio di raggiungere una vera pace, a meno che la leadership palestinese non ceda totalmente ai diktat israeliani, appoggiati dal governo USA. Questo articolo è apparso originariamente nel mese di ottobre di Mada Al-Carmel's October, 2010 issue of Jadal , una pubblicazione bimestrale online che dà voce alle principali preoccupazioni politiche e sociali dei palestinesi in Israele.Testo inglese in http://mondoweiss.net/2010/11/israeli-state-violence-and-the-value-of-palestinian-life.html#more-28513
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