http://english.aljazeera.net Le radici dell’eccezionalismo di Israele
Mohamed El-Moctar El-Shinqiti è un autore di storia politica e storia delle religioni. E’ anche coordinatore per la ricerca della Fondazione del Qatar. Un’accademico americano una volta mi disse: - Molti, nel mondo islamico, pensano che l’America non creda nei diritti umani, ma si sbagliano; l’America crede davvero nei diritti umani, il problema e la definizione americana di umano. In altre parole: la definizione americana di umano non è universale. Questa non è semplicemente una caratteristica americana; ogni cultura si confronta con la sfida di ampliare i propri limiti culturali e di universalizzare le proprie norme morali. Ma tra tutte le culture e le ideologie umane, il caso Israele è unico nel suo doppio standard. La criminalità avviluppata nell’auto-rettitudine e l’aggressione immersa nel vittimismo sono alcune impressionanti caratteristiche della realtà di Israele e del suo messaggio. La personalità di Israele Il dualismo dell’insistente enfasi che Israele pone sul suo isolamento e sulla sua unicità, la sua rivendicazione di essere insieme vittima ed eroe, come Tony Judt scrisse su Haaretz alcuni anni fa, riflette la fragilità e l’egocentrismo della personalità di Israele. Che non è, sfortunatamente, un’esclusiva dell’elite politica di Israele, ma si estende anche ai loro supporter sionisti in tutto il mondo, inclusi tra gli altri, il romanziere Elie Wiesel e il filosofo Bernard-Henri Lévy, che dipingono se stessi con vesti umanistiche ed estetiche. Sono stato profondamente provato dalla descrizione delle atrocità commesse durante l’olocausto nel libro Night di Elie Wiesel che descrive la propria esperienza e quella di suo padre come un processo terrificante che viola la vita e degrada la dignità umana. Ma sono stato colpito dal tono ipocrita e auto assolutorio nella fiction di Wiesel chiamata Dawn (alba, inizio), in particolare quando scrive: - Il comandamento “Non Uccidere” è stato pronunciato dalla cima di uno dei monti qui in Palestina, e noi eravamo gli unici ad obbedirlo. Ma quando fu conosciuto ovunque … nei giorni e settimane e mesi a venire, avrai solo un proposito: uccidere coloro che ci hanno reso assassini. Quando il giudice ebreo sudafricano, Richard Goldstone, espose i crimini di guerra commessi da Israele a Gaza, Wiesel lo considerò un crimine contro gli ebrei. Ma questo è semplicemente un uso immorale di atrocità del passato per giustificare moralmente le brutalità e l’oppressione del presente. E ancora, non si può non prendere in considerazione due domande: Primo, che tipo di rivendicazione morale ha Wiesel, che nacque da padre rumeno e madre ungherese, dell’enunciato Divino dal monte Sinai nel cuore del deserto mediorientale? E secondo, di quale morale o norma legale sono responsabili i palestinesi contemporanei, per gli errori della Germania di ieri? Miti fai da te
Tuttavia, il peggio di questo linguaggio ipocrita si può trovare nell’articolo di Bernard Henri Levy a proposito dell’aggressione israeliana alla Freedom Flotilla in navigazione verso Gaza, pubblicato su Haaretz l’8 giugno 2010. Levy si auto-incensa e presenta se stesso come uno che ha aiutato, insieme ad altri, a concepire questo tipo di azioni simboliche; (la nave per il Vietnam e la marcia per la sopravvivenza della Cambogia nel 1979 …) Ma quando viene alla situazione di Gaza, Levy semplicemente licenzia la tragedia negando l’esistenza dell’assedio israeliano e attaccando facili bersagli come il governo fascislamista di Ismail Haniya e la gang islamica che prese il potere con la forza tre anni fa. Inoltre, disconosce vergognosamente il grande sforzo del gruppo multietnico, multinazionale e multi religioso di leaders, umanisti e attivisti a bordo del convoglio della Freedom Flotilla. Più avanti Levy manca di obiettività parlando delle bande fscisioniste termine letteralmente preso dalla sua terminologia che hanno invaso la Palestina oltre sei decadi or sono, e sradicato un’intera popolazione forzandola in nuovi campi di concentramento Gaza e la West Bank. Davvero, per coloro che mettono il loro desiderio egoistico sopra i principi morali della giustizia e della compassione, i propri miti fai da te sono meglio ai loro occhi di qualsiasi brutta verità. Intellettuali umanisti ebrei, quali il professor Tony Judt e il musicista Gilad Atzmon, deplorano l’indulgenza di Israele per se stesso e la mancanza di maturità. Judt scrive: - Israele si comporta come un adolescente: consumato da una fragile fiducia nella propria unicità; certo che nessuno possa capirlo e che tutti sono contro di lui; la sua auto stima piena di ferite, facile alle offese e alla vendetta … che può fare ciò che vuole, che le sue azioni non avranno conseguenze, e che è immortale. Atzmon scrive: - Abbiamo a che fare, con una nazione seriamente disturbata e immatura. Abbiamo a che fare con un bambino innamorato di se stesso … Più gli israeliani amano se stessi e la loro deludente e fantasmatica innocenza, più sono spaventati che la gente là fuori sia sadica come essi stessi hanno dimostrato di essere. Questo modo di comportarsi è chiamato proiezione … gli ebrei hanno una indubitabile ragione per essere spaventati. Il loro stato nazionale è un’entità razzista e genocida. 'Holocaustianity' Tuttavia, ciò che ispira disappunto non è il sionismo farisaico e narcisista; ma piuttosto la condiscendenza occidentale e il sostegno a questa attitudine, un attitudine che meglio si comprende se la si inserisce nel suo contesto storico. La principale base teoretica dell’accettazione dell’eccezionalismo di Israele nella cultura occidentale è la deviazione, per lo più con la parte protestante del cristianesimo, dall’incarnazione cristiana di Dio nella persona di Gesu Cristo ad una nuova incarnazione di Dio negli ebrei, popolo eletto. Questa tendenza ebbe inizio con Martin Lutero (1483 1546) che sottomise la cristianità, teologicamente e moralmente, al fattore ebreo nella sua breve epistola “Che Gesu Cristo Nacque Ebreo”. Lutero scrisse in quell’epistola: - Quando siamo inclini a vantarci della nostra posizione, dovremmo ricordare che siamo Gentili, mentre gli ebrei sono del lignaggio di Cristo. Siamo alieni e acquisiti; essi sono parenti di sangue, cugini e fratelli di nostro Signore. Attraverso ciò, Lutero che, paradossalmente, era un sincero antisemita inavvertitamente apre una finestra teologica che, secoli più tardi, permetterà il “Culto di Israele”, così come fu sopranominato dalla scrittrice americana Grace Halsell, per sostituire Cristianità in molte denominazioni protestanti, specialmente tra i Battisti americani. Dopo tutto quello che stanno facendo non è altro che una implementazione letterale delle deificazione degli ebrei proposta da Lutero. La professoressa Yivonne Haddad del Centro per la comprensione tra Cristiani e Mussulmani dell’Università di Georgetown, chiama questa eresia 'Holocaustianity'. E con questa nuova eresia crescono le radici dell’eccezionalismo di Israele. Trivializzare l’olocausto
Il professor Judt scrive: - Ciò che Israele perde nell’occupazione delle terre arabe, lo guadagna attraverso l’identificazione con la memoria degli ebrei morti in Europa. - Ma sa bene che la memoria dei morti e la peggior giustificazione per l’assassinio degli innocenti: - Agli occhi del mondo, il fatto che la nonna o la bisnonna di un soldato israeliano sia morta a Treblinka non può essere considerata una scusa per il suo abusivo maltrattamento di una donna palestinese in attesa di attraversare un posto di blocco. Ricordare Auschwitz non è una risposta accettabile. Dopo tutto i politici israeliani confermano continuamente ciò che Thomas disse: - appartieni a quelle terre, non a queste. E’ come la memoria dell’Olocausto, memoria di una tragedia umana in ogni caso, che viene trivializzata dalla politica criminale di Israele. Un fardello morale
Molti pensatori e politici hanno realizzato di recente che Israele sta diventando un fardello di responsabilità e strategia per gli Stati Uniti. E’ sempre stato un fardello strategico. Ma il problema è molto più profondo. Israele sta diventando un fardello morale per tutti coloro che hanno una coscienza etica, inclusi gli ebrei che hanno a cuore i valori umani della dignità e della giustizia sociale. Persino coloro che hanno speso la loro vita per far progredire la causa sionista, oggi realizzano il paradosso che ne hanno conseguito. Henry Siegman, uno scrittore ebreo tedesco che fu direttore esecutivo dell’American Jewish Congress dal 1978 al 1994, ha scritto su Haaretz l’11 giugno 2010: - Un milione e mezzo di civili sono stati forzati a vivere in una prigione a cielo aperto, in condizioni inumane per oltre tre anni ad oggi, ma a differenza degli anni di Hitler, non sono ebrei ma palestinesi. Mentre i loro carcerieri, incredibilmente, sono sopravissuti dell’Olocausto, o loro discendenti. - Ogni essere umano con un poco di decenza deve sostenere i palestinesi oppressi contro l’oppressione di Israele. Gli arabi oppressi di Palestina, (Musulmani e Cristiani) rendono con la loro sofferenza un grande servizio all’intero corpo dell’umanità, smascherando la più egocentrica ideologia del nostro mondo un’ideologia oggi avvolta da una santità insanguinata.
The roots of Israeli exceptionalism Mohamed El-Moctar El-Shinqiti is an author in political history and history of religion. He is a research coordinator at Qatar Foundation. An American academic once told me: "Many people in the Islamic world think America does not believe in human rights, but they are wrong; America believes in human rights indeed, the problem is the American definition of human." In other words: the American definition of 'human' is not a universal one. This is not purely an American characteristic; every culture faces the challenge of broadening its cultural limits and universalising its moral norms. But among all human cultures and ideologies, the Israeli case is unique in its double standard. Criminality wrapped in self-righteousness and aggression immersed in victimhood are a few striking characteristics of the Israeli reality and discourse. The Israeli personality The duality of "Israel's insistent emphasis upon its isolation and uniqueness, its claim to be both victim and hero," as Tony Judt wrote in Haaretz a few years ago, reflects the fragility and self-centeredness of the Israeli personality. This is not, unfortunately, exclusive to Israel's political elite, but rather it extends to their Zionist supporters worldwide, including those, such as novelist Elie Wiesel and philosopher Bernard-Henri Lévy, who portray themselves in humanistic and aesthetic images. I was profoundly moved by the graphic description of the atrocities committed during the Holocaust in Elie Wiesel's Night, which depicts his and his father's experience of a terrifying process that violates human life and degrades human dignity. But I was struck by the tone of self-righteousness and self-justification in Wiesel's fictional Dawn, particularly when he writes: "The commandment thou shalt not kill was given from the summit of one of the mountains here in Palestine, and we were the only ones to obey it. But that all over ... in the days and weeks and months to come, you will have only one purpose: to kill those who have made us killers." When the Jewish South African judge, Richard Goldstone, exposed Israeli war crimes in Gaza, Wiesel called that "a crime against the Jewish people". But this is simply an immoral use of past atrocities as a moral justification for present brutalities and oppression. Moreover, one cannot but entertain two questions here: Firstly, what kind of moral claim does Wiesel, who was born of a Romanian father and a Hungarian mother, have over the divine call at Mount Sinai in the heart of a Middle Eastern desert? And secondly, by which moral or legal norm are the Palestinians of today responsible for the wrongdoings of the Germans of yesterday? Self-serving myths The worst of this hypocritical language, however, can be found in Bernard-Henri Lévy's article about Israel's aggression against the Gaza Freedom Flotilla published in Haaretz on June 8, 2010. Lévy presents himself in self-glorifying terms as being "someone who takes pride in having helped to conceive, with others, this kind of symbolic action (the boat for Vietnam; the march for the survival of Cambodia in 1979)...". But when it comes to Gaza's plight, Lévy simply dismisses the tragedy by denying the existence of the Israeli blockade and attacking easy targets, such as "the fascislamist government of Ismail Haniya" and "the Islamist gang who took power by force three years ago". Thus, he shamelessly dismisses the grand effort of the multiethnic, multinational and religiously diverse group of humanistic leaders and activists on the Freedom Flotilla. Moreover, Lévy lacks the objectivity to address the fascizionist - to borrow from his own terminology - gangs who aggressively invaded Palestinian land over six decades ago, and uprooted a whole population forcing them into the new Auschwitz and Buchenwald concentration camps - Gaza and the West Bank. Indeed, for those who put their selfish desires above the moral principles of justice and compassion, their self-serving myths are better in their eyes than the ugly truth. Jewish humanistic intellectuals, such as Professor Tony Judt and musician Gilad Atzmon deplore Israel's self-indulgence and lack of maturity. Judt writes: "Israel still comports itself like an adolescent: consumed by a brittle confidence in its own uniqueness; certain that no one 'understands' it and everyone is 'against' it; full of wounded self-esteem, quick to take offence and quick to give it ... that it can do as it wishes, that its actions carry no consequences, and that it is immortal." Atzmon writes: "We are dealing here with a uniquely and seriously disturbed immature nation. We are dealing with a self-loving narcissistic child .... The more the Israelis love themselves and their delusional phantasmic innocence, the more they are frightened that people out there may be as sadistic as they themselves proved to be. This behavioural mode is called projection .... Jews have a very good reason to be frightened. Their national state is a racist genocidal entity." 'Holocaustianity' What is most disappointing, however, is not the Zionist self-righteousness and narcissism; rather it is the Western acceptance and support of this attitude - an attitude that is better understood when placed in a historical context. The main theoretical basis of the acceptance of Israeli exceptionalism in Western culture is the diversion, mainly within the Protestant branch of Christianity, of the Christian incarnation of God in the person of Jesus to a new incarnation of God in the Jews as a people - the Chosen People. This tendency started with Martin Luther (1483-1546) who subdued Christianity theologically and morally to the Jewish factor in his small epistle That Jesus Christ was Born a Jew. Luther wrote in that epistle: "When we are inclined to boast of our position, we should remember that we are but Gentiles, while the Jews are of the lineage of Christ. We are aliens and in-laws; they are blood relatives, cousins, and brothers of our Lord." Through this Luther - who was paradoxically a staunch anti-Semite - inadvertently opened a theological window, that would centuries later allow the 'cult of Israel', as it has been dubbed by the American writer Grace Halsell, to replace Christianity in most Protestant denominations, especially among American Baptists. After all, what they are doing is no more than a literal implementation of Luther's deification of the Jews. Professor Yvonne Haddad of Georgetown University's Center for Muslim-Christian Understanding calls this heresy 'Holocaustianity'. And within this new heresy lie the roots of the Israeli exceptionalism. Trivialising the Holocaust Professor Judt writes that: "What Israel lost by its continuing occupation of Arab lands it gained through its close identification with the recovered memory of Europe's dead Jews." But he knows well that the memory of the dead is the worse moral justification for murdering innocents: "In the eyes of a watching world, the fact that the great-grandmother of an Israeli soldier died in Treblinka is no excuse for his own abusive treatment of a Palestinian woman waiting to cross a checkpoint. 'Remember Auschwitz' is not an acceptable response." But that is exactly the kind of moral justification we have from the Israelis today. When an advisor to Shimon Peres, the Israeli president, tried to attack Helen Thomas' remarks in which she said Israelis should "go home ... [to] Poland, Germany ..." all he did is remind her that some of his relatives were killed in Poland and Germany more than half a century ago, as if that is a good reason to starve the Palestinians to death and to kill humanitarian activists in international waters today. After all, the Israeli politician was just confirming what Thomas said: you belong there; not here. This is how the Holocaust memory, a memory of a human tragedy by any and every measure, is trivialised by Israeli criminality. A moral burden Many political thinkers and politicians have recently realised that Israel is becoming a liability and a strategic burden for the US. It has always been a strategic burden. But the problem is much deeper. Israel is becoming a moral burden on all those who have an ethical conscience, including Jews who value human dignity and social justice. Even those who spent their lives advancing the Zionist cause are today realising the moral paradox of their life's achievement. Henry Siegman, a German-born American writer who served as the executive director of the American Jewish Congress from 1978 to 1994, wrote in Haaretz on June 11, 2010: "A million and a half civilians have been forced to live in an open-air prison in inhuman conditions for over three years now, but unlike the Hitler years, they are not Jews but Palestinians. Their jailers, incredibly, are survivors of the Holocaust, or their descendants." All decent human beings must support the oppressed Palestinian against the Israeli oppressor. The oppressed Arabs of Palestine (Muslims and Christians) are rendering through their suffering a great service to the entire body of humanity, by exposing the most self-centered and supremacist ideology in our world - an ideology that is wrapped today in a bloody sacredness.
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