Una politica estera di pace per cambiare la rotta
Documento di lavoro del gruppo Pace Disarmo e Prevenzione dei conflitti.

Occorre affermare con chiarezza che una vera politica di pace deve adoperarsi per rimuovere le “cause strutturali” legate all’attuale modello di sviluppo capace di aumentare le disuguaglianze e ridurre in miseria miliardi di persone. Ci riferiamo a : regole del commercio inique, processi di mercificazione e di privatizzazione dei beni comuni, spese militari e commercio di armi, finanziarizzazione dell’economia, devastazione delle risorse naturali, questione debito.
La situazione di estrema gravità che sta infuocando il mondo di oggi è caratterizzata dalla logica che contempla l’utilizzo dello strumento militare come unica risorsa per risolvere gli attuali conflitti.
Siamo fermamente convinti che debba prevalere un’ etica della nonviolenza nelle relazioni umane, che rifiuti il ricorso alle guerre, anche quando queste vengono camuffate e proposte come “interventi umanitari” o “esportazione della democrazia”.
Pensiamo che solo una politica strategica e articolata di “prevenzione dei conflitti” sia la vera chiave per ridare forza alla convivenza pacifica nei rapporti internazionali.
Si tratta di costruire un approccio politico complessivo che abbia una visione coerente, e che utilizzi strumenti appropriati, per realizzare una politica di pace dell’Italia a livello internazionale.
La riduzione degli aiuti allo sviluppo, la mancata adozione di misure di contrasto alla povertà nei paesi del cosiddetto Sud del Mondo, la corsa al business delle armi, sono segnali gravissimi di un disimpegno dell’Italia sui temi della solidarietà internazionale e della pace. L’Italia dovrebbe quindi decidere di invertire la tendenza in atto e dare chiari segnali di voler lavorare ad un ben diverso progetto di rapporti internazionali, a cominciare da un ripensamento delle attuali missioni militari internazionali.
E’ questa la scelta di fondo che il nuovo governo deve adottare, con misure magari graduali, ma chiaramente orientate.

Alla luce di queste riflessioni, come gruppo di lavoro “Pace, disarmo e prevenzione dei conflitti” all’interno del confronto avvenuto durante gli Stati Generali della solidarietà e della Cooperazione chiediamo al Governo italiano di:


1. Ridurre sensibilmente le spese militari, liberando così risorse da destinare alla spesa sociale, alla pace e alla cooperazione internazionale
2. Agire a livello internazionale per la regolamentazione del commercio di armi e rafforzare le normative vigenti in materia. In particolare chiediamo che vengano applicati i punti relativi alla legge 185/90 che riguardano il divieto di esportare armi nei paesi poveri o nei paesi che violano i diritti umani, riconoscendo alle organizzazioni della società civile un ruolo di monitoraggio e di controllo su questi punti.
3. Promuovere le differenti forme di “impegno civile nelle situazioni di conflitto”, quali : interventi di interposizione, di diplomazia popolare, di ricostruzione del tessuto civile, di riattivazione di processi democratici, di accompagnamento civile,di monitoraggio elettorale e dei diritti umani, di riconciliazione tra le parti, anche nell’ottica della sperimentazione di corpi civili di pace.
4. Istituire un istituto nazionale di ricerche e studi per la pace il disarmo e la prevenzione dei conflitti che, senza perdere il legame con le numerose esperienze già avviate dal mondo accademico dalla società civile, garantisca adeguati fondi e il necessario coordinamento.
5. Promuovere e sostenere una forte azione culturale di educazione alla pace, rivolta a tutte le realtà educative e formative che operano sul nostro territorio e nei paesi in cui sono presenti progetti di cooperazione.
6. Perseguire una coerenza nelle politiche di solidarietà e cooperazione internazionale, che significa: valutare l’impatto degli interventi di cooperazione sulle dinamiche conflittuali presenti nei paesi dove si opera; evitare finanziamenti governativi che si pongono in contraddizione con le finalità della cooperazione all’interno dello stesso paese prestare attenzione alla trasparenza ed eticità dei finanziamenti, soprattutto nel caso di paesi in cui avvengono evidenti violazioni dei diritti umani.

Domande rivolte

1. Sulle spese militari: perché nell’ultima finanziaria è stata fatta la scelta di incrementare di 10 punti percentuali la spesa militare? Si prevede che questa tendenza verrà invertita o dobbiamo assumere questo come un elemento di continuità dell’attuale governo?
2. Che strategia questo governo si sta dando per il 2007 rispetto alle aree di conflitto in cui siamo coinvolti come paese? (Iraq, Afghanistan, Libano, Palestina, Balcani, etc. etc.)
3. Con quali politiche e quali normative intendete affrontare il tema dell’export delle armi sia leggere che pesanti?
4. Siete convinti dell’importanza di sostenere interventi civili in situazioni di conflitto? Se sì, attraverso quali strumenti?
5. Vi impegnate per l’istituzione di un Istituto di studi e ricerche per la pace il disarmo e la prevenzione dei conflitti?
6. Con quali strumenti intendete rilanciare e sostenere concretamente le attività di Educazione alla pace?
7. Quali strumenti mettete in campo per garantire la coerenza delle politiche di solidarietà e cooperazione rispetto ai punti sopra menzionati?

TOP