http://www.iljournal.it Paesi sull’orlo di una crisi di nervi Non solo la Siria è squassata da un conflitto, ma sono tanti i Paesi che hanno visto infrangersi il sogno della Primavera araba. Un breve elenco dei Paesi ad alta tensione La Siria è il tragico emblema della guerra civile, di un Paese che sognava la democrazia e convive con la battaglia quotidiana tra due fazioni. Ma non è solo la popolazione siriana ad aver viste tradite le speranza della Primavera araba. Una stagione che, in realtà, è già tramontata. In Libia oggi ricorre l’anniversario dall’assassinio dell’ambasciatore americano Stevens a Bengasi. E la situazione non è affatto tornata alla normalità: il dopo-Gheddafi si sta rivelando un autentico incubo. Le principali città sono finite in mano a diverse bande di guerriglieri: il governo di transizione di Ali Zaidan sembra sempre più impotente. Tripoli è infatti sotto il controllo dei salafiti di Hashim Bishr, mentre a Bengasi detta legge la Libya Shield. In mezzo c’è la gestione del potere, o meglio dei pozzi petroliferi, che ingolosisce i generali che assoldano militari. Il paradosso è che in uno dei Paesi che produce più petrolio, le raffinerie sono bloccate. E il greggio manca. Intorno all’Egitto è diminuita l’eco mediatica della repressione, ma la guerriglia causa ancora centinaia di vittime. La penisola del Sinai è una delle zone più incandescenti: gli islamisti hanno attaccato in più occasioni l’esercito egiziano. I Fratelli Musulmani, intanto, non hanno finito di incitare i propri sostenitori alla proteste contro il governo di transizione. E ogni venerdì di preghiera rischia di trasformarsi in un bagno di sangue. Il sogno della democrazia, accarezzato con la deposizione del vecchio dittatore Mubarak, è stato infranto dal colpo di Stato fatto a luglio. Anche in Tunisia la tensione è sempre molto alta con le opposizioni in piazza contro il governo, giunta al potere in seguito alla deposizione di Ben Ali. E di tanto in tanto si verificano degli omicidi politici, che gettano più di un’ombra sulla qualità della democrazia. Le rivolte di piazza Taksim hanno lasciato il segno in Turchia, anche se il premier Recep Tayyip Erdogan sostiene di aver ripristinato l’ordine. Ma è notizia recente quella della morte di un ragazzo, colpito alla testa da un lacrimogeno durante una manifestazione. La differenza tra la situazione turca e gli altri Paesi risiede comunque nella natura della protesta. I giovani di Istanbul, infatti, non sono mossi da estremisti ma dalla volontà di modernizzazione e di una riforma del Paese. Il quadro a tinte fosche è completato dal rosso del sangue che si versa quotidianamente in Iraq, dove la Primavera araba non c’è mai stata perché Saddam Hussein è stato abbattuto da un intervento esterno. Baghdad resta un inferno con un bilancio di vittime drammatico e il 2013 si candida come uno degli anni più neri. Non solo per gli iracheni.
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