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17 agosto 2014

Usa, ogni ora un veterano di guerra si toglie la vita
di Barbara Viale

Il tasso di suicidi tra i soldati Usa è il doppio di quello dei civili: disordine da stress post traumatico, mutilazioni e, soprattutto, violenze e abusi sessuali

“Aveva tutto, come poteva essere depresso?”. Robin Williams si è strangolato con una cintura dopo essersi tagliato le vene, non voleva attrarre l’attenzione, voleva morire. E’ triste, ma è anche legittimo che un essere umano possa scegliere cosa fare della propria vita. Lui aveva tutto (e gli strumenti per goderne – psichiatri, medici, farmaci, assicurazione sanitaria) e ha deciso comunque di rinunciarvi, è una scelta.

Quello che non è una scelta e di cui nessuno ha parlato è il tasso di suicidi tra i veterani dell’esercito americano. Negli USA le forze armate impiegano circa 3 milioni di persone, l’1% della popolazione. Di coloro che hanno servito il proprio paese nel corso degli anni, 22 ogni giorno si suicidano, uno ogni ora e cinque minuti. E questo è solo un dato approssimativo, perché dei 50 Stati, solo 21 hanno accettato di fornire dati sul tasso di suicidi tra i veterani al Veterans Affairs System, quindi i suicidi sono presumibilmente molti di più.

Il suicidio, spesso associato a uno stato di instabilità mentale, in molti contesti è fonte di stigma per la persona e la famiglia, e spesso sono proprio le famiglie che, in caso di overdose o incidente d’auto, preferiscono liquidare la morte come accidentale.

Considerando che il tasso di suicidi tra i veterani è circa il doppio di quello tra i civili, che il 30% di chi ha servito in un contesto di guerra ha pensato almeno una volta il suicidio e che i suicidi tra gli under 30 sono aumentati del 44% negli ultimi tre anni vale la pena fare una digressione.

Nel caso degli Stati Uniti, nazione di enormi contrasti, fa un certo effetto pensare che un diciottenne possa essere idoneo a fare la guerra ma non, per esempio, al consumo di alcol. La maggior parte delle giovani reclute vengono di norma da contesti sociali disagiati, sono poco scolarizzati e nella stragrande maggiornaza dei casi di colore o ispanici. Queste categorie sono ancora più a rischio, perché generalmente, una volta rientrati, se non restano nell’esercito, tendono a cadere dalla rete di protezione sociale data dallo status di militare (negli USA è comune, incontrando un militare in divisa e pur non conoscendolo, ringraziarlo per il suo servizio) e tornare in quelli che sono a tutti gli effetti ghetti, dove il trauma è visto come disabilità mentale e la disabilità fisica come un ostacolo insormontabile.

Jan Kemp, Direttore della sezione Prevenzione Suicidi del Veterans Affairs National Mental Health System (e chi vuole ricordare Orwell o Kafka lo faccia pure senza scrupoli…), ammette che le cause che portano a tentare il suicidio sono molteplici: il disordine da stress post traumatico (PTSD), mutilazioni che impediscono di ritonare a una vita normale (e per cui chi è sprovvisto di assistenza sanitaria non puo’ nemmeno sperare di trovare una soluzione) per quelli che sono stati in guerra. Ma c’è anche una piaga di cui nel mondo machista dell’esercito si evita di parlare, quella della violenza sessuale. Tra i militari vittime di abusi, in missione o in patria, i suicidi sono 6 volte superiori a quelli tra i militari che non hanno subito violenza. Come e più dello stress post traumatico la violenza sessuale è qualcosa che, inspiegabilmente, stigmatizza più la vittima del colpevole, e per questo è difficile per molti militari cercare aiuto.

L’Amministrazione Obama ha stanziato nel 2013 107 milioni di Dollari per l’assistenza psicologica e psichiatrica ai veterani. La tanto vituperata Obamacare avrebbe consentito anche a coloro che soffrono i traumi di guerre vecchie e nuove ma non hanno un’assicurazione sanitaria che li aiuti a curarne le ferite di beneficiare dell’assistenza medica.

Le ultime frasi del film “Goodmorning Vietnam”, in cui Williams interpreta la parte del DJ Adrian Cronauer (personaggio realmente esistito, tutt’ora vivente e fervente repubblicano e sostenitore dell’Amministrazione Bush, tra l’altro), augurano a tutti i militari in Vietnam di tornare sani e salvi a casa.

Robin si è suicidato, ma insieme a lui, ieri, oggi e domani, si suicideranno decine di coloro che sono tornati a casa salvi, ma non sani.

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