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Mercoledì, 10 Dicembre 2014
Faccia di Cia
di Enrico Campofreda
Cinque anni per produrlo, sei milioni di documenti, spesso fuorvianti rispetto alle stesse direttive tutt’altro che tenere volute da Bush junior.
Un report che parla di sistemi e metodi speciali utilizzati dalla Central Intelligence Agency, e dalle strutture di contractors di cui si serve, riguardo a super luoghi di detenzione. Non tanto Guantanamo o Abu Ghraib, di cui si sa quasi tutto, e neppure delle afghane Bagram e Salt Pit che le tallonano.
Bensì dei siti oscuri dove sequestri e torture seguivano le extraordinary rendition con cui si catturavano (e si catturano) ricercati e gente comune. Dal Khalid Shaikh Mohammed, accusato d’aver pianificato gli attacchi dell’11 settembre, a cittadini al di sopra di sospetti concreti, prelevati in vari angoli del mondo.
Il dossier viene divulgato per ordine del Senato statunitense nonostante gli ostacoli messi in atto dalla stessa Cia e da qualche esponente del Partito Repubblicano, secondo il quale l’iniziativa mira a gettare fango sull’Intelligence nazionale e sulla stessa Casa Bianca. Ora si dice ufficialmente ciò che da tempo si sapeva, svelato da tante WikiLeakes: i detenuti erano privati del sonno e sottoposti a esecuzioni capitali simulate, subivano il quasi annegamento e i soffocamenti di respiro, fino alle subdole violenze dell’idratazione rettale. Forme utili per ottenere un loro “totale controllo”. Tutto giustificato dall’allora vicepresidente Dick Cheney per vincere la guerra al terrore e catturare Bin Laden.
Però le stesse carte dell’Agency ammettono che la trafila utilizzata nelle operazioni straordinarie, nel tempo nulla ha prodotto per azzerare eventuali complotti jihadisti, né sono servite nell’oscuro blitz di Abbottabad.
Delle oltre 6000 pagine del lunghissimo e dettagliato rapporto curato da membri democratici della commissione del Senato statunitense, i colleghi repubblicani ne confutano poco più di cinquecento, ma la sostanza non cambia. Alcuni grandi testate che, come il New York Times, hanno ricevuto il rapporto hanno comunemente deciso di pubblicarlo solo dopo la divulgazione da parte della commissione.
Ora si ha la certezza che torture come la diffusissima del waterboarding erano autorizzate dai legali del Dipartimento Giustizia, che talune pratiche erano così dure da mettere in difficoltà i seviziatori, comunque stimolati nel loro ruolo dagli ufficiali dell’Agenzia. I particolari del trattamento riservato nell’agosto 2002 al prigioniero saudita Abu Zubaydah (accusato d’essere uno dei pianificatori dell’attentato alle Torri Gemelle, quarto o terzo uomo della gerarchia di Al Qaeda, reclutatore di qaedisti, addestratore di attentatori e decine di altri crimini tutti diversi e comunque riconducibili al terrorismo internazionale e trattato in un “Garage Olimpo” thailandese) facevano rivoltare lo stomaco anche a taluni esecutori che richiedevano d’essere rimossi dall’incarico. Qualcuno se n’è andato, molti sono rimasti. Per spirito di corpo, per i dollari guadagnati. Dollari finiti anche in Lituania, Romania, Polonia dove la Cia ha stabilito i black sites delle sue incoffessabili rendition.