| 25/02/2015    Betlemme,   estremisti israeliani incendiano e profanano una moschea    L’attacco rientra negli atti di   vandalismo commessi dai giovani coloni contro musulmani (e cristiani) secondo   la logica del “price tag”, il "prezzo da pagare per la terra   occupata". Graffiti ebrei sui muri del luogo di culto. La polizia apre   un’inchiesta. Nuovi particolari sulla morte ieri del giovane palestinese:   secondo un medico legale è stata una “esecuzione”.     Nella notte un gruppo di estremisti   israeliani avrebbe incendiato una moschea palestinese nel villaggio di   Jab'awas, nei pressi di Betlemme, in Cisgiordania, lasciando anche scritte   ingiuriose e blasfeme (nella foto) nell'area teatro dell'attacco.   Dietro il raid vi sarebbero i coloni israeliani, che hanno colpito un nuovo   luogo di culto musulmano - nel mirino vi sono anche chiese e cimiteri   cristiani - secondo la logica del "price tag". Il "prezzo da   pagare" è un motto utilizzato dagli estremisti israeliani, che   minacciano cristiani e musulmani per aver "sottratto loro la   terra". Un tempo il fenomeno era diffuso solo nelle aree al confine con   la Cisgiordania e a Gerusalemme, ma oggi si è esteso in gran parte del   territorio. Jibreen   al-Bakri, governatore della regione di Betlemme, riferisce che il rogo della   moschea è avvenuto all'alba di oggi; le fiamme hanno causato gravi danni alle   pareti e ai pavimenti, ricoperti di moquette. La tv israeliana ha mostrato   inoltre alcune immagini che ritraevano graffiti in ebraico sui muri del luogo   di culto musulmano. Alcuni degli slogan recitavano "Vogliamo la   redenzione di Sion" e "Vendetta", assieme alla stella di   Davide.  La polizia   israeliana ha aperto un'indagine sulla vicenda ma, come è avvenuto diverse   volte in passato nei casi di attacchi a luoghi di culto cristiani, appare   poco probabile che i responsabili vengano consegnati alla giustizia. Gli   ignoti assalitori hanno anche danneggiato alcune auto parcheggiate nei pressi   della moschea. Micky   Rosenfeld, portavoce della polizia israeliana, sottolinea che "i crimini   commessi per motivi legati al nazionalismo sono di particolare gravità"   e destano grande preoccupazione fra le autorità. I giovani estremisti   compiono questi attacchi per protestare contro le azioni del governo   israeliano, che secondo loro vogliono "ontenere l'attività dei   coloni" e l'espansione degli insediamenti nei territori occupati.  Intanto   emergono nuovi dettagli nello scontro avvenuto nella notte fra il 23 e il 24   febbraio al campo profughi di Dheisheh, poco distante da Betlemme, in cui è   morto un giovane palestinese. L'autopsia effettuata sul corpo di ihad   al-Jafari, un sostenitore del movimento Fatah, legato al presidente   dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas, mostra che egli è stato ucciso da un   colpo esploso a breve distanza. Sabri al-Aloul, esperto di medicina legale,   afferma che "si è trattato di una sorta di esecuzione". Una   ricostruzione che smentisce la versione fornita dall'esercito israeliano,   secondo cui i soldati sotto attacco avrebbero aperto il fuoco a distanza e il   giovane - che si trovava sul tetto della sua abitazione - è rimasto colpito   da un proiettile.   |