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Parusìa
Dal greco parusía, presenza. La seconda venuta del Cristo sulla terra per concludere il regno messianico. Dagli scritti del Nuovo Testamento si deduce però che il senso fondamentale della parusia è quello di “presenza”: Gesù inizia la sua presenza nel mondo con la natività e la concluderà nella sua apparizione come re e giudice universale; fra questi limiti estremi però egli sarà sempre presente, personalmente o tramite l'azione dello Spirito Santo e della sua Chiesa. Il significato di “ritorno” si configura piuttosto come un “tenersi pronto”, una vigilanza insonne, con la lucerna della fede accesa, operando il bene senza posa, perché il Signore non ha svelato il giorno della sua ricomparsa.
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Le molte vie della Parusia
In Platone la Parusia indica la presenza nella realtà sensibile del modello delle idee (êidos), internamente ad un tempo concepito ciclicamente, le cui diverse durate hanno la qualità dell’eterno presente. Tale schema è destituito dai successivi sviluppi del pensiero, ma mantiene un influsso sotterraneo piuttosto decisivo, caratterizzando fortemente il Cristianesimo delle origini, e si manifesta anche, come visto, nell’Ebraismo e nell’Islam.
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Parusia è una parola di origine greca usata in vari ambiti filosofici e teologici. Deriva dal termine greco parousía, che significa "presenza". Nella teologia cristiana, indica il ritorno sulla terra di Gesù alla fine dei tempi. La Parusia ricorreva di frequente nella predicazione apostolica. Paolo di Tarso, infatti, nella Prima lettera ai Corinzi sperava di essere ancora vivo all'epoca della Parusia, tant'è che conclude questa lettera con l'espressione maràna tha, Vieni o Signore (I Cor 16,22), presente anche alla fine del libro dell'Apocalisse di san Giovanni Apostolo ed Evangelista (Ap 22,20). È un tema ricorrente negli Atti degli Apostoli, scritti nei primi decenni dopo Cristo, nel periodo in cui la morte dei primi cristiani comincia a originare domande sulla sorte dei corpi e delle anime. Il computo cronologico di quando avverrà il ritorno glorioso di Gesù sfugge alla conoscenza, ma a saperlo è solo il Padre (Mt 24,36). Ma certo è che quando accadrà esso sarà manifesto a tutte le popolazioni della terra: "Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo" (Mt 24,27). San Paolo tuttavia specifica: "Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà essere rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio" (2 Tessalonicesi 2,3-4). |
La profezia del rabbino e la morte di Sharon
Ariel Sharon, un leone che dorme e la profezia di Rabbi Kaduri
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Rabbi Yitzchak Kaduri,
Baghdad, 1902 – Gerusalemme, 2006 -
Rinomato cabalista haredi, che dedicò la vita allo studio della Torah e alla preghiera a nome del popolo ebraico. Insegnò e praticò i kavanot (devozioni) del mistico Shalom Sharabi (detto il Rashash). Le sue benedizioni ed i suoi amuleti furono molto richiesti, per la cura di malattie e di infertilità.[2] Non pubblicò articoli o libri religiosi, ma fu molto popolare e rinomato come maestro cabalista e divinatore. Al suo funerale a Gerusalemme parteciparono più di mezzo milione di devoti.
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