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10 maggio alle ore 01:00 · 

Di casa in casa, e zero morti.
Storia del dottor Munda

di Francesca Borri

 

Tutti, qui, hanno il suo numero. Sono due mesi che il suo telefono squilla in continuazione. Solo da Milano, solo dagli uffici responsabili dell'emergenza Covid-19, non ha mai chiamato nessuno. Eppure tra i suoi pazienti, e sono tanti, sono oltre mille, Riccardo Munda finora ha avuto zero morti. E zero ricoverati.


E fa il medico a Nembro.
A Selvino, in realtà. Undici chilometri dopo. Ma a fine febbraio, quando l'ATS di Bergamo, l'Azienda di Tutela della Salute, ha raccomandato ai medici di base di gestire i pazienti per telefono, per evitare di contagiarsi e contagiare, si è comprato di tasca sua 600 euro di camici e mascherine, e una Vaporella, e non solo, come sempre, ha visitato tutti casa a casa: ma ha iniziato a visitare anche i pazienti degli altri. A Nembro, e poi, via via, in tutta la zona. Perché quando arriva, ora, si sparge subito voce: e mentre è con un malato, un vicino già bussa alla porta. "Ero disperata. Impara. Impara e fai uguale", mi dice la signora Adele, che mi scambia per una laureanda. E a cui in tre settimane, non avevano prescritto che uno sciroppo. "Il dottor Munda è un eroe", dice. Anche se quando gli chiedo perché ha scelto di restarsene tra i malati, lui mi guarda, e dice solo: E dove dovrei stare? Tra i sani?
Ha 38 anni, gli occhi blu e il sorriso largo, e la borsa in pelle come nei film: invece esiste davvero. E mentre il nuovo ospedale di Milano, costato 26 milioni di euro, non ha che tre pazienti, molti, qui, moltissimi, sono ancora vivi grazie al suo stetoscopio da cento euro. Come tutti, non ha una terapia. Non illude nessuno. "Ma proprio perché non c'è una cura, è fondamentale intervenire subito. E quindi non solo visitare il paziente, ma visitarlo spesso: per aiutare il fisico a reagire, calibrando e ricalibrando i farmaci a ogni suo minimo segnale", spiega. E cioè il contrario esatto di quanto viene consigliato. Resistere: e cercare il medico solo quando proprio non si respira più. Quando i polmoni sono ormai compromessi. "Qui non sono mancati gli ospedali, è mancato tutto il resto", dice. "E anche adesso: sembra che la soluzione sia rafforzare la terapia intensiva. Ma la soluzione vera è rafforzare tutto quello che ti evita di finirci".
"E però, certo: costruire ospedali è più facile", dice. Assegnare appalti. Tagliare nastri. "Perché questa sarà anche la Lombardia. Ma alla fine, è sempre Italia".
Non si parla che di tamponi, in questi giorni, di test, tracciamento dei contagi. Contenimento dei nuovi focolai. Ma a una settimana dalla Fase 2, qui è tutto come all'inizio: si è soli e basta. Persino qui. Persino in questa Nembro che a marzo ha avuto 154 morti, contro i 17 del marzo 2019. A marzo, ha perso l'1,3 percento della popolazione. La signora Daniela, come tutti, vive nell'ansia. Il padre è morto, e suo marito è stato a lungo intubato: vive con il saturimetro incollato al dito. "Non ha niente", la rassicura il dottor Munda, mentre già che c'è, controlla anche i polmoni del marito. Che non era mai stato visitato, neppure al telefono: il numero del suo medico era sempre occupato. E a un certo punto, semplicemente, è svenuto. "E comunque, stia a casa. Così sta più tranquilla", dice. "No, ma io non mi preoccupo per me. Mi preoccupo per gli altri", dice lei. "Sono una dentista". E lo studio in cui lavora non ha mai chiuso. E né mai è stato effettuato un tampone a nessuno.


"Abbiamo chiesto ovunque. Ma niente".
E tutta Nembro è così. Tutta fuori dalle statistiche ufficiali. Più che questione di matematica, il famoso R0 qui è questione di caso e fortuna.
Perché l'unico numero certo, qui, è quello del dottor Munda.
E tra l'altro, a curarsi da soli in genere non solo non si guarisce: si peggiora. "E questa cardioaspirina che uso da un anno, che dice, continuo?", chiede la signora Lucia, appena dimessa dalla terapia intensiva, allineando su un tavolo scatole e scatole di medicine. "Ma perché, ha problemi al cuore?", dice lui. "No", dice lei. "Ma mi hanno detto: Male non fa", dice. "Signora, anche una foglia non fa male. Ma serve?", dice, mentre esamina le scatole, una a una, e intanto, domanda dei figli, e delle nuore, dei nipoti, del gatto, e perché poi, sa tutto, dei suoi pazienti: non solo età e pressione - e tutto bardato, non va mai via senza una carezza, un mezzo abbraccio. Perché come fai a trasmettere forza e coraggio, dice, se tu per primo hai paura?
"Visitare per telefono non significa niente. Non ha senso mentirsi", dice. Anche se la ATS non solo non ha inviato camici e mascherine: fino al 30 marzo, non ha inviato neppure linee guida sui farmaci da prescrivere. "Non giudico nessuno. Non sono Dio", dice. "Ma hai letto il giuramento di Ippocrate? Dice: Presterai la tua opera in scienza e coscienza. E per ora la scienza, è vero, non c'è. Ma la coscienza sì".
"Non sono qui per guarirli. Quello non posso garantirlo. Ma in fondo, quando mai un medico ha potuto garantirlo?", dice. "Sono qui per provarci".

 

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