https://www.voltairenet.org/ Erdo?an non aspira più a essere imperatore ottomano, ma califfo Un mese dopo l’attacco dell’Azerbaigian agli armeni del Karabakh, gli eserciti azero e turco avanzano militarmente; al tempo stesso però Baku e Ankara collezionano insuccessi diplomatici. Nel complesso sta accadendo quanto avevamo previsto: è in preparazione un’operazione alleata contro il capo della Confraternita dei Fratelli Mussulmani, nonché presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdo?an. Ankara potrebbe essere trascinata sin da ora nel nuovo genocidio armeno. Tuttavia, l’intervento nel conflitto di protagonisti inaspettati e l’esito incerto delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti potrebbero sconvolgere il piano di Washington. La Turchia accumula conflitti irrisolti La Turchia occupa dal 1974 la parte nordorientale di Cipro e continua a rimanervi, nonostante nel 2004 l’isola abbia aderito all’Unione Europea. Quindi l’esercito turco occupa da 16 anni una porzione di territorio della UE. Nel 2012 la Turchia condusse per conto della NATO un’operazione di spopolamento della Siria: propose agli abitanti del nord di questo Paese di rifugiarsi temporaneamente in territorio turco, in attesa che la situazione militare si chiarisse. Ankara costruì nuovi agglomerati per alloggiare i siriani, ma non permise loro di entrare nelle abitazioni. Nel 2012 la Turchia invase il nord della Siria, dove ancora oggi occupa il governatorato di Idlib. Indi saccheggiò l’industria di Aleppo, portando via dalle fabbriche tutte le macchine utensili. Nel 2013, a Istanbul, il «banchiere di Al Qaeda», il saudita Yasin Al-Qadi, e il capo della sicurezza del presidente Erdo?an furono vittime di un incidente stradale. Un figlio di Erdo?an fece immediatamente visita ad Al-Qadi in ospedale. Nel 2014 l’esercito turco inquadrò gli jihadisti in Siria e con loro attaccò molte località, fra cui la città armena di Kassab, costringendo la popolazione a fuggirne. Nel 2015 i servizi segreti turchi assistettero in tutti i modi Daesh; nel frattempo, una società del presidente Erdo?an, Powertans, organizzava il trasporto del petrolio rubato dagli jihadisti fino al porto turco di Ceyhan. Da qui una società rilevata da un figlio del presidente Erdo?an, la BMZ Group Denizcilik ve ?n?aat A.?., convogliava il petrolio verso Israele e l’Occidente. Intanto una figlia del presidente Erdo?an dirigeva un ospedale segreto a ?anl?urfa, dove gli jihadisti venivano curati e poi rispediti in battaglia. Nel 2015 la mafia turca, capeggiata dal primo ministro Binali Y?ld?r?m, installava nei territori controllati da Daesh laboratori di prodotti contraffatti destinati all’Europa. Nel 2015 la Turchia minacciò di fare arrivare in Europa milioni di rifugiati afghani, iracheni e siriani, ottenendo dalla UE grosse sovvenzioni, che usò per continuare le proprie guerre. Nel 2016 le forze armate turche si rifiutarono di lasciare l’Iraq, nonostante le sollecitazioni del governo iracheno. In Iraq la Turchia aveva basi provvisorie, risalenti al periodo d’occupazione statunitense, che usava in realtà per sostenere Daesh contro l’Iraq. I militari turchi sono tutt’ora presenti in Iraq. Nel 2017 il presidente Erdo?an organizzò una campagna propagandistica per le comunità turche all’estero. Gli fu vietato di tenere meeting in Olanda e Germania. Nell’occasione Erdo?an definì la cancelliera Angela Merkel «nazista». Nel 2020 la Turchia ha rivendicato la sovranità sui giacimenti di gas nel Mediterraneo. Quando la Turchia fu istituita, le frontiere marittime con la Grecia non furono definite con precisione. Sicuramente molte zone le appartengono, ma non tutte. In questa contesa la marina turca è arrivata a minacciare la marina francese. L’elenco ovviamente non è esaustivo. Il conflitto tra Stati Uniti e Turchia Da allora Washington ha tentato di far cadere democraticamente il presidente turco foraggiando il Partito Democratico dei Popoli (HDP). Ma dopo le elezioni legislative di giugno e novembre 2015, truccate dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), la CIA ha tentato più volte di assassinare il «Grand’uomo», come Erdo?an viene soprannominato. Il quarto tentativo, quello del 15 luglio 2016, degenerò e gli ufficiali che lo guidavano improvvisarono un colpo di Stato, che fallì. Da allora il presidente Erdo?an, pur continuando a sottolineare l’adesione della Turchia alla NATO, ha moltiplicato le provocazioni. Per esempio, durante un viaggio ufficiale ha fatto reprimere dal servizio di sicurezza personale una manifestazione di adepti di Fethullah Gülen davanti all’ambasciata turca a Washington; ha fatto inoltre incarcerare un cittadino statunitense. L’attuale piano USA consiste nell’indurre Erdo?an all’errore, così da ottenere un consenso internazionale contro di lui: una modalità già sperimentata con successo per mettere in riga Saddam Hussein (operazione «Tempesta del deserto»). Ovviamente simile scenario può essere cinicamente costruito solo se gli armeni saranno massacrati in massa e se le elezioni assicureranno la continuità alla Casa Bianca. Il presidente Erdo?an si butta a capofitto nella trappola Il «Grand’uomo» continua l’offensiva su tutti i fronti: ha mandato propri consiglieri militari al posto di quelli italiani a formare i guardacoste del governo libico di Tripoli; minaccia di aprire le porte dell’Europa alle migrazioni, questa volta in arrivo dall’Africa. Ha lanciato attacchi jihadisti contro le forze russe in Siria. Solo Mosca ha reagito. Il Cremlino ha ordinato di riprendere i bombardamenti a Idlib. Li ha concentrati su un gruppo filo-turco, legato in precedenza ad Al Qaeda, ma che ora afferma di aver rotto con l’organizzazione; è un attacco che viola la lettera degli accordi russo-turchi di riduzione della conflittualità e al tempo stesso rivela la sottomissione del movimento jihadista all’autorità personale di Erdo?an. Ma soprattutto il presidente Erdo?an ha aperto un fronte con il presidente francese, Emmanuel Macron, che insulta ancora più pesantemente di quanto fece tre anni fa con la cancelliera Merkel. Una querelle molto più importante di quanto appaia: riguarda la sostanza del problema. Lo scontro di civiltà non oppone l’islam al cristianesimo, ma due principi: la religione di Stato e la libertà di coscienza Diversamente da quanto comunemente si crede, il presidente turco ha abbandonato i sogni neo-ottomani dell’ex primo ministro Ahmet Davuto?lu (ora all’opposizione); ha altresì rinunciato ai riferimenti naturali della Turchia, ossia il mondo turcofono e l’Occidente (Unione Europea/NATO); Erdo?an spera di estendere il proprio potere sull’insieme del mondo mussulmano facendo leva sul principio di una religione di Stato di cui vuole diventare il califfo. Ricordiamoci che Maometto non era un modesto falegname come Cristo. Fu uomo politico e generale vittorioso, nonché leader spirituale. Quando morì i suoi discepoli si divisero e si combatterono. Il «califfo» (ossia il “successore”) ereditò il potere temporale di Maometto, ma non il potere spirituale. D’altro canto, molti califfi furono manifestamente non-credenti. Alla fine della prima guerra mondiale il «califfo» era il sovrano ottomano che risiedeva a Costantinopoli (ora Istanbul). L’ideale per cui si batte la Confraternita dei Fratelli Mussulmani è ristabilire il califfato (il potere temporale del Profeta) grazie al diritto delle origini, la sharia. Come gli europei del XVI secolo, i Fratelli Mussulmani credono che un popolo debba obbligatoriamente aderire alla religione del sovrano; una visione del mondo radicalmente opposta al principio di libertà di coscienza, fissato in Francia con l’abiura di Enrico IV (1593 (2)), e alla risoluzione sulla laicità (1905 (3)). Erdo?an e la Confraternita tentano un ritorno al passato cancellando l’eredità di Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Turchia. La scelta del presidente Erdo?an dell’omologo francese come emblema dei propri avversari è perciò logica. L’esito dello scontro dipenderà dagli Stati Uniti: o difenderanno l’eredità britannica dei Padri Pellegrini del Mayflower (Joe Biden, Justin Trudeau), o quella degl’immigrati del Vecchio Continente (Donald Trump). Nel primo caso manterranno innanzitutto la Turchia in seno alla NATO, nel secondo difenderanno il principio di coesistenza religiosa sino a far fallire il progetto di califfato. Thierry Meyssan NOTE Questo articolo è il seguito di: Fonte: «Erdo?an non aspira più a essere imperatore ottomano, ma califfo», Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 3 novembre 2020. Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND |