http://www.pressenza.com/it/ lunedì 2 marzo 2020
Processo Julian Assange: un attentato alla libertà di espressione, un processo politico Traduzione di Brenda Mancia
Questo è il punto di vista che ha manifestato ai media Baltasar Garzón, coordinatore della difesa internazionale di Julian Assange, dopo la celebrazione del primo giorno del processo a Londra.
-Baltasar Garzón: oggi inizia l’estradizione. Parlerà l’accusa. Speriamo che anche la difesa possa esporre alcuni punti, se non è oggi, sarà domani, e ciò che spero è che il tribunale o il giudice si facciano carico del fatto che questo processo è stato manipolato fin dall’inizio per motivi politici, e che si tratta di un attacco alla libertà di espressione e alla libertà di stampa. – Sarà lungo il processo? – Si, di fatto fino a giugno non ci sarà una risoluzione… però si sta applicando a qualcuno che non è né nordamericano né è stato una fonte di contatto per quel tipo di informazione, pertanto è una pazzia, è incomprensibile perché se applichi la legge sullo spionaggio a un soggetto è perché spia a favore di qualcosa o qualcuno. Qua, però, l’unica cosa che fa è ricevere e diffondere. Per caso si spia per tutta l’umanità? Non ha senso. È gravissimo perché, insisto, ciò che cercano di fare negli Stati Uniti con l’esposizione è blindare il sistema di intelligence di fronte a qualsiasi possibilità che un giornalista diffonda. Chi avrà il coraggio di pubblicare un documento che un governo ritiene “riservato” se questa ipotesi vince? Questa tesi è impressionante, non è restrittivo è semplicemente un attentato alla libertà di espressione. Io credo che questa sia l’essenza di ciò che si difende tuttora. – Quale sarà la tesi della difesa? – Beh, dal momento in cui ci sarà data parola, sarà l’attacco alla libertà di espressione. Il problema che stiamo vivendo al momento è… guardate, le leggi nordamericane dicono questo: “la pubblicazione ha prodotto danni”. Quali sono i danni? Nella stessa riproduzione, come hanno stabilito nel processo della Corte Marziale contro Manning. Alla fine, non si è verificato alcun danno se non solo al proprio sistema di intelligence e di diffusione o azione dell’intelligence nordamericana. Ovviamente ci sono state delle fughe di notizie e di questo si sta dibattendo qui, ovvero se un giornalista può accedere a queste informazioni oppure no. Ciò che stanno dicendo qui è “fate quello che volete, qua non si può accedere, e se accedete vi applichiamo una legge sullo spionaggio del 1917”. Spionaggio a favore di chi e di cosa? Qual è l’interesse? – E l’aiuto a Manning per craccare l’accesso? Lo abbiamo sempre negato; tocca agli Stati Uniti provarlo. Anche se fosse così, quale sarebbe l’azione da parte di Wikileaks, di Julian Assange? Diffondere un’informazione che qualcuno gli ha passato? Questo è per la legislatura americana un delitto? Secondo loro sì, basandosi sulla legge riguardo allo spionaggio. Secondo qualsiasi ragionevole persona, la risposta sarebbe no. Ciò significa che non bisogna toccare gli Stati Uniti, e chi li tocca è responsabile della sua azione. Con una esorbitante legislazione verso l’esterno, eppure dicono “non si appelli al primo emendamento, perché non sei americano, non sei un giornalista nordamericano”. Si produce così il paradosso che se qualcuno riceve un’informazione dell’intelligence da fuori, la trasmette a un americano e quest’ultimo lo pubblica, lui potrebbe appellarsi al primo emendamento e il giornalista straniero no. Tutto questo è un po’ sconvolgente… – Il pubblico ministero è stata molto chiaro: non è una questione di libertà di stampa, ma un crimine… Certo, cosa potrebbero dire d’altronde? Ripeto, qual è l’essenza di questo crimine? È pubblicare notizie su dati che l’intelligence americana aveva a disposizione? D’altronde io non ho sentito dire parola su quel contenuto, ovvero sugli attentati ai diritti umani, crimini di guerra, corruzione… di colpo, sembra che il crimine sia pubblicare su Guantanamo e non quello che succede lì dentro. Non c’è un equilibrio, è tutto distorto, e ribadisco che è come se dicessero “non toccate niente di nostro, qualsiasi cosa facciamo, non lo toccate. Se lo fate, ne sarete i diretti responsabili” e ci applicano la normativa statunitense, Urbi et Orbi. (…) Il pubblico ministero britannico, come ogni pubblico ministero nei processi di estradizione, riproduce gli argomenti che la parte querelante gli fornisce. Potrebbe essere un’argomentazione più fiorita o meno che verrà dopo, quando dovranno giustificarne l’origine interpretando la normativa britannica per giustificare quell’estradizione, ma per ora quello che stanno facendo è questo. Stanno solo esponendo gli argomenti che provengono dagli Stati Uniti. (…) Sì certo. Ora gli argomenti da parte dell’accusa sono stati esposti e poi arriveranno gli argomenti della difesa, ma … dai, la valutazione che faccio è che è sorprendente che tutta l’argomentazione sia la protezione dei meccanismi di intelligence. “Non entrare qui perché questo è segreto, e poiché è segreto, non importa cosa c’è dentro, noi applichiamo i regolamenti a tutti.” È perverso, perché contraddice tutto ciò che la logica, la moralità e la legge stabiliscono. Proteggono gli interessi di chi? Degli Stati Uniti, ma interpretato da qualcuno che esercita la sicurezza in quel momento di fronte a tutti, compresi quelli che subiscono le conseguenze di tali azioni. Se gli Stati Uniti avessero avviato un’indagine per questi presunti crimini – (…) corruzione, come i casi dell’Afghanistan e altri – e avessero anche richiesto tale protezione, avrebbe la sua logica. In altre parole, “ehi, stiamo indagando sui crimini che sono stati conosciuti attraverso questo, ma consideriamo anche che c’è stato un eventuale eccesso nella pubblicazione o un rischio …”. Bene, non l’hanno fatto, hanno fatto il contrario, vale a dire “non importa, noi proteggiamo, e tu che sei colui che trasmette, devi rispondere”. –Un chiarimento, per favore. L’affermazione della difesa secondo cui esiste un abuso di processo perché l’estradizione è richiesta sulla base di un crimine politico … È evidente la persecuzione politica… –Ma l’accusa lo confuta dicendo che questo non è riconosciuto dalla legge britannica. …stabilisce la non estradizione per motivi come cause o motivazioni politiche. Logicamente, l’accusa non respinge, per lo più afferma che non vi è alcun intento politico qui, ma se aggiungiamo a ciò che è nella richiesta della controparte, espressioni come quelle di Donald Trump che dicono che è nemico del popolo, quelle di Mike Pompeo che affermano che ha creato un’organizzazione internazionale di controspionaggio a scapito degli Stati Uniti, con il fine di nascondere che ciò che è stato fatto è diffondere alcune notizie raccolte da più media e che sono state diffuse a livello generale. Logicamente o partono da questo approccio e finiscono le discussioni, oppure devono fare il contrario. Per me è chiaro come la sequenza degli atti, il fatto che per esempio nessun ordine di alcun tipo verrà eseguito per anni e che solo con l’amministrazione Trump, quando si verificano determinate contraddizioni, quando ci sono presunti riconoscimenti se alcune concessioni sono state fatte da Julian, cambiano strategia ed emettono un mandato di arresto. Fino ad oggi, la difesa di Julian Assange non ha ancora avuto accesso al Grand Jury che dal 2010 ha aperto la causa in Virginia. Non sappiamo cosa stanno facendo lì. Un depistaggio totale, ma la difesa lo renderà ben evidente.
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