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04/09/2020
Lukashenko non è Yanukovic e la Bielorussia non sarà mai una nuova Ucraina
di Valerio Gentili
Una dettagliata analisi storica di Valerio Gentili per capire come lo scenario attuale della Bielorrussia non è quello dell'Ucraina al tempi del colpo di Stato del 2014. Allo stesso tempo si evidenzia come invece, la sinistra, radicale e non, abbia lo stesso approccio nell'unirsi alla corsa dell propaganda mainsteam chiedendo che venga rovesciato il "dittatore di turno".
La pace punitiva di Brest Litovsk, opera della nazione prussiana, tanto spietata sui campi di battaglia quanto sibillina nell’azione diplomatica, fu davvero un prezzo troppo duro da pagare per il neonato Stato sovietico. Tutti, più o meno, ne subdoravano gli esiti transitori ma col crollo degli imperi centrali, appena pochi mesi dopo, gli alleati non attesero certo gli esiti formali della pace di Versailles, per impiegare massicciamente denaro, uomini e mezzi per impedire ai sovietici di riprendersi ciò che era loro. Erano queste le nazioni “democratiche”, “liberali” e “repubblicane” che avevano vinto il conflitto. In Russia, intanto, scoppiava la guerra civile.
Generaloni gallonati “bianchi” –in nome della “santa madre Russia”- vennero messi a capo di veri e propri eserciti da Francia, Inghilterra. Canada, Usa. Il Giappone inviò 700mila soldati per creare uno stato fantoccio. Perfino l’Italia “stracciona” e “proletaria” partecipò con la Legione Redente.
Questo l’elenco degli aggressori: Russia armata bianca, Inghilterra, Giappone, Cecoslovacchia, Repubblica di Cina. Non c’è che dire un autentico trionfo di “patriottismo” antibolsevico!
Ai tempi del trattato (Brest-Litovsk), secondo l’anarchica Emma Goldman: “I contadini dell’Ucraina e della Bielorussia seppero respingere l’invasore tedesco”. Tuttavia, a causa delle sue particolari condizioni non da ultimo quelle geografiche, col territorio diviso quasi a metà dal fiume Dnepr: a Ovest gli ucraini, a Est i russi, l’Ucraina divenne terreno di manovra per borghesie predatorie straniere, mestatori e reazionari di ogni ordine, risma e grado. Senza contare le invasioni che in pochissimo tempo e letteralmente, una dopo l’altra, la funestarono. Le invasioni tedesche e i vari generali russi al comando dell’Intesa: Denikin, Wrangel, Skorapaoski, Pletiura: tutti vennero abbattuti.
Diversa la situazione della Bielorussia uno dei più importanti centri di resistenza bolscevica con echi in tutta Europa. Anni più tardi, tra il ’42 e il ’43, si sarebbe trasformata in una vera e propria repubblica partigiana, con un impressionante numero di 400mila effettivi, “un intero popolo alla macchia” Sentimenti reciproci di amicizia, elementi comuni storicamente e culturalmente così radicati coi “fratelli” russi, tenevano alla larga le tentazioni nazionaliste.
Al contrario nelle regioni dell’ovest ucraino, all’estremo occidentale della Galizia, si fornirono con forte entusiasmo e in gran numero uomini, risorse e mezzi ai nazisti, in spregio ed odio ai bolscevichi. Lì si era sempre cullato il sogno di un grande movimento nazionalista. Dopo “Barbarossa”, fu solo la rozza spietatezza degli occupanti nazisti a frenare gli iniziali entusiasmi.
Vent’anni addietro, ai tempi della prima occupazione tedesca prima e della guerra civile poi, entrò in gioco in Ucraina un terzo fattore, il condottiero anarchico Nestor Mahno (anch’egli proveniente dall’Est, dal villaggio di Gul’aipolè), inventore della mitragliatrice montata su carro trainato cavalli. Inizialmente, accomunata ai bolscevichi dall’odio per i tedeschi, la mahnovicina fu in seguito determinante nella lotta contro i bianchi. Denikin, nell’estate del ’19 sfondava il fronte dell’armata rossa, fu salvico, allora, l’intervento della mahnovicina che ribaltò la situazione e costrinse Denikin alla resa. Quando i resti dell’armata di Denikin vennero riorganizzati in Crimea da Wrangel, l’Ucraina fu di nuovo sotto la minaccia di razzie e distruzioni. I comandi centrali sovietici furono costretti a venire nuovamente a patto con Mahno, Battuto l’ennesimo generale bianco, ripresero le persecuzioni contro Mahno e compagni.
Anni dopo, riparato in Francia, col fedele compagno Archinov si fece promotore della “piattaforma”, un documento programmatico col quale invitava gli anarchici “migliori” ad unirsi in una sola organizzazione, soggetta al controllo di un comitato esecutivo e vincolata al rispetto della “responsabilità collettiva”, per gli anarchici occidentali era troppo! venuto ad -allora celebre- famosa querelle con un ormai anziano Errico Malatesta, attraverso diversi cartegi tra il ’26 e il ’29 venne accusato di essere un criptobolscevico ed un autoritario.
Tornando ad anni più vicini, non ci farà certo male ricordare il modo in cui la Sinistra occidentale, indipendentemente dalle sue pose radical o liberal e con ben poche eccezioni, rinunciò clamorosamente a sollevare a livello internazionale l’emergenza neonazista in Ucraina, essa, infatti, preferì accodarsi alla preconfezionata versione dei fatti fornita dall’apparato mass-mediatico mainstream, sull’imparzialità del quale, però, gravava (e grava) una massiccia dose di russofobia tale da far concorrenza a quella dei circoli governativi tedeschi di fine anni ’30.
Non solo la Sinistra maggioritaria e riformista, ad oggi l’ultimo difensore convinto dell’Unione europea ma anche parte rilevante di quel mondo, ormai alla canna del gas, che continua, a Sinistra, a fregiarsi del titolo di radicale – e che nei confronti dell’Ue ha evitato di esprimere una posizione chiara per oltre vent’anni- guardò ai fatti del Maidan come “rivoluzione ucraina” compiuta in nome dei valori dell’europeismo. Mancò, a Sinistra, il resoconto della crescita esponenziale, giorno dopo giorno e fino all’egemonia manifesta sulle componenti “moderate” della protesta, dell’estrema Destra. Si preferì parteggiare per la protesta di piazza a prescindere, senza badare troppo a chi e a quali forze e per quali motivi quella piazza riempissero. Vi ricorda qualcosa? Vediamo oggi molti tra i manifestanti “democratici” di Minsk, avvolti tra le bandiere che simboleggiano il tradimento e il peggiore collaborazionismo storico. Ma la Sinistra tace, da sotto la sua campana di vetro, incita la folla a pacifiche dimostrazioni contro il “dittatore” di turno.
Ma vediamo nei fatti, nei loro scritti e propositi chi sono veramente i nuovi eroi dell’Occidente, quanto essi siano veramente “pacifici” come crede qualche snow flakes delle nostre parti. La lituana, ormai, Sviatlana Tsikhanouskaya, lancia comodamente i suoi appelli alla mobilitazione da un Paese in cui le Waffen SS sfilano ricoperte di petali. La nostra Laura Boldrini che è affetta da antifascismo miope è subito corsa a congratularsi, vi ricordate la stretta di mano con il presidente della Rada ucraina Parubiy fondatore del partito nazional-socialista ucraino?
Bene, tra le richieste di Sviatlana e affiliati fanno bella mostra quelle di “privatizzazione delle imprese statali”, “realizzazione di una completa de-comunistizzazione e de-sovietizzazione della Bielorussia”,integrazione con Ue e Nato, bando alle organizzazioni filo-russe ecc.ecc.
Il disastro analitico sull’Ucraina accadde perché quanto rimasto in piedi dell’antifascismo è stato completamente scollegato dalle categorie dell’anticapitalismo e dell’antimperialismo ed in presenza, quindi, di un vistoso deficit d’analisi del fenomeno si è mancato di riconoscere il ruolo del fascismo come “sovversione reazionaria di massa”.
La Bielorussia non è l’Ucraina, Yanukovic prima della defenestrazione si era addirittura venduto il Donbass alle esplorazioni della Shell, Lukashenko è un anticorruttore di ferro, come un novello Allende (ma con esiti vedrete ben diversi) col Kalash in mano ha difeso il suo palazzo presidenziale. Le risorse e gli asset strategici bielorussi non sono in vendita: nè agli occidentali, né agli oligarchi russi. Se ogni uomo ha un prezzo, quello di Lukashenko non si paga in denaro.
Torniamo, ora, all’Ucraina di sei anni fa, per ricordare a quanti avessero la memoria corta, una mancanza di analisi seria a cosa abbia condotto. Un buon monito rispetto ai nuovi eventi che ci attendono. La particolare storia dell’Ucraina, negli anni del secondo conflitto mondiale ed il ruolo giocato da alcune sue regioni occidentali, Galizia in testa, nel secondo dopoguerra, quali centri internazionali d’eversione neonazista, avrebbero dovuto motivare, a Sinistra, ben altro supplemento d’indagine. Veniamo, dunque, ai fatti.
Fin dai primi giorni, dicembre 2013, nelle proteste del cosiddetto Euromaidan, facevano bella mostra le bandiere rosso-nere dello storico Esercito insurrezionale ucraino, il braccio armato dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun), portate orgogliosamente in piazza dagli eredi politici di quella tradizione raccolti principalmente nelle fila del partito Svoboda (fino al 2004 conosciuto col nome di partito nazional-socialista ucraino). In un primo momento, l’errore marchiano di una Sinistra occidentale dalla memoria troppo corta, aveva ricondotto simili vessilli alla tradizione iconica dell’anarcosindacalismo piuttosto che al portato specifico della storia ucraina. Non solo le bandiere ma anche lo slogan di piazza scelto dai militanti di Svoboda rivendicava appieno la memoria dell’Oun di Stepan Bandera: “l’Ucraina agli ucraini”, il motto più gettonato nelle dimostrazioni del Maidan, fu in procedenza il tetro grido di battaglia di Bandera ed associati, in nome del quale, durante gli anni dell’invasione hitleriana, i nazionalisti ucraini procedettero al sistematico sterminio di ebrei e polacchi in ottemperanza ai loro deliranti ideali di pulizia etnica.
La rinascita del banderismo e del nazionalismo radicale in Ucraina trovarono un potente vettore, esattamente dieci anni prima del Maidan, grazie all’elezione di Viktor Jushenko alla presidenza della repubblica post-sovietica, al termine di quei rivolgimenti passati alla storia col nome di “rivoluzione arancione”. Nel 2004, la campagna elettorale di Jushenko ricevette potenti e forse determinanti finanziamenti tanto dalla Fondazione rinascimento internazionale del miliardario statunitense George Soros quanto da altre centinaia di organizzazioni non governative Usa ed europee. Significativamente, diversi anni dopo, era il 2010 e a scadenza mandato, uno degli ultimi provvedimenti del presidente fu quello di insignire la figura –quantomeno controversa- di Stepan Bandera del prestigioso titolo di eroe nazionale. Le simpatie delle potenze occidentali per l’estrema Destra ucraina venivano da lontano, in particolar modo nel secondo dopoguerra e con una dinamica comune a diversi paesi dell’Europa centro-orientale, svariati estremisti di Destra, indipendentemente dal loro recente passato di carnefici e stragisti, furono cooptati –e spesso prezzolati a peso d’oro- nei servizi segreti delle potenze democratiche occidentali, in nome della crociata internazionale contro il pericolo comunista.
Appena giunse alla guida dell’Oun, erano i primi anni ’30, Stepan Bandera si premurò di intrattenere ottimi rapporti col neonato regime hitleriano, in nome del comune, condiviso corollario di ideali farneticanti. Quando la Germania nazista invase l’Unione sovietica nel ’41, le forze paramilitari dell’Oun poterono entrare in azione grazie al precedente, generoso addestramento ricevuto dall’Abwehr, il servizio d’intelligence tedesco. Migliaia di combattenti, organizzati in gruppi mobili e coordinati dalle forze d’occupazione germaniche beneficiarono di diversi milioni di marchi per condurre operazioni terroristiche sul suolo sovietico.
Nel 1943, dotatasi di una forza militare ben organizzata, l’Esercito insurrezionale ucraino, l’Oun si abbandonò ad una feroce campagna di pulizia etnica e sterminio di massa a danno delle minoranze polacche ed ebraiche sul suolo ucraino da essa controllato. Solamente nell’estate di quell’anno, la “soluzione finale” dei nazionalisti ucraini causò la morte di 70 mila civili. In seguito alla definitiva sconfitta patita dai nazisti, Bandera riparò nella Germania occidentale (fin dal 1941, nonostante le sue alterne fortune, egli aveva impiantato il proprio quartier generale a Berlino) e ben presto fu reclutato come agente dal servizio segreto britannico MI6[1] , il gran cerimoniere di questa ed altre cooptazioni di ex criminali di guerra fu –e non certo a caso- Gerhard von Mende, un tedesco baltico e già esaltato nazista che, a capo della Divisione caucasica per i territori occupati dal reich hitleriano nell’Europa dell’Est, aveva impegnato tutte le sue forze nella creazione di V colonne incaricate, negli anni della seconda guerra mondiale, di destabilizzare i territori sovietici, ricorrendo ad ogni mezzo, ivi inclusi stragi e terrorismo. Mende, che lavorava per gli inglesi attraverso una società di copertura, provvide all’addestramento di Bandera ed altri transfughi dell’Oun per poi inviarli in Urss, tra il ’49 e ’50, a compiere svariate missioni di terrorismo e sabotaggio.
Dal 1956, Bandera passò a lavorare per l’equivalente tedesco della Cia, la Bnd, agli ordini del generale Reinhardt Gehlen, già a capo dell’Abwehr sul fronte orientale negli anni del secondo conflitto mondiale, fino al ’59, anno in cui venne assassinato dall’agente del Kgb, Bohdan Stashynsky. Anche Mykola Lebed, che a capo della famigerata polizia segreta, la Sluzhba bespeki, fu il principale responsabile della “soluzione finale” ordita dall’Oun, nel secondo dopoguerra passò al servizio dell’occidente, senza che il suo passato di boia e stragista causassero una pur minima pruderie tra i servizi del “mondo libero”. In un primo momento, Lebed, reclutato dal controspionaggio dell’esercito statunitense, partecipò ad una serie di operazioni di destabilizzazione violenta oltrecortina per poi essere insediato a New York, città nella quale diede vita ad una società di copertura per le attività segrete della Cia, la Prolog research corporation:
Il principale sicario di Bandera, Mykola Lebed, comandante della polizia segreta dell’Oun-b, fece una carriera più lunga. Alla fine della seconda guerra mondiale fu reclutato dai Corpi di Counterintelligence dell’esercito americano e nel 1948 era sulla busta paga della Cia. Lebed reclutò gli agenti dell’Oun-b che non erano andati con Bandera e l’MI6, e partecipò ad un programma di sabotaggio dietro la Cortina di Ferro, che incluse la “Operation Cartel” e la “Operation Aerodynamics.” Lebed fu quindi trasferito a New York, dove diede vita ad una società di facciata della Cia, la Prolog Research Corporation, ed operò sotto il controllo di Frank Wisner, che era a capo del Direttorato per la Pianificazione della Cia negli anni Cinquanta.
a Prolog continuò ad operare fino alla fine degli Anni Novanta, quando fu promossa e sostenuta da Zbigniew Brzezinski, consigliere del Presidente Jimmy Carter per la sicurezza nazionale.
Nel 1985, il Dipartimento di Giustizia Usa lanciò un’inchiesta sul ruolo di Lebed nel genocidio in Polonia ed Ucraina occidentale durante la guerra, ma la Cia la bloccò e l’inchiesta fu abbandonata. Ciononostante, nel 2010, dopo la pubblicazione di migliaia di pagine di documenti di guerra, gli Archivi Nazionali pubblicarono un rapporto, Hitler’s Shadow: Nazi War Criminals, U.S. Intelligence, and the Cold War (l’ombra di Hitler: criminali di guerra nazisti, intelligence Usa e guerra fredda), scritto da Richard Breitman e Norman Goda, che includeva un resoconto dettagliato sulla collisione tra Bandera, Lebed ed i nazisti e sul loro coinvolgimento nelle esecuzioni di massa di ebrei e polacchi[2] .
Ed ancora:Un neofita sarebbe scioccato nel vedere l’alleanza tra l’amministrazione Obama e nazisti. Tuttavia, si ricordi che i nazisti ucraini furono pubblicamente onorati alla Casa Bianca dal presidente Reagan[3] , che Jaroslav Stetsko, primo ministro dell’Ucraina sotto il Terzo Reich, divenne il leader del movimento del Blocco delle nazioni anti-bolsceviche e membro della Lega anti-comunista mondiale. Uno dei suoi vice, Lev Dobrianski, fu ambasciatore degli Stati Uniti alle Bahamas, mentre la figlia Paula Dobrianski fu sottosegretaria di Stato per la democrazia nell’amministrazione di George W. Bush. Si tratta della Dobrianski che ha finanziato per dieci anni studi per far dimenticare che l’Holodomor, la carestia che colpì l’Ucraina nel 1932-33, aveva anche devastato la Russia e il Kazakhstan per far credere che Stalin avesse deciso di eliminare il popolo ucraino. In realtà Washington, che aveva sostenuto il partito nazista tedesco fino al 1939 e continuato a fare affari con la Germania nazista fino alla fine del 1941, non ha mai avuto problemi morali con il nazismo [...] Nel 2005 chiusero gli occhi sulla riabilitazione del nazismo da parte del presidente della Lettonia, Vaira Vike-Freiberga, come se fosse irrilevante. Sulla semplice base delle dichiarazioni a favore dell’Unione europea e del loro atlantismo compiaciuto, ora supportano il loro peggior nemico[4] .
/.
*È un esperto di storia della Resistenza e del combattentismo di sinistra, soprattutto a Roma. Ha pubblicato 'La legione romana degli Arditi del popolo' (Purple Press 2009), 'Roma combattente' (Castelvecchi 2010), 'Bastardi senza storia' (Castelvecchi 2011), 'Dal nulla sorgemmo' (Red Press 2012). 'Volevamo tutto. La guerra del capitale all'antifascismo. Una storia della Resistenza tradita'. (Red Star Press 2016).
note
[1] Per un’esauriente ricostruzione delle attività oltrecortina del servizio segreto britannico si veda: Stephen Dorril, MI6 fifty years of special operations, Fourt Estate, 2000.
[2] In Le potenze occidentali sostengono un golpe neonazista in Ucraina, gruppo di ricerca dell'Eir (Executive Intelligence Review, Washington), Dossier Ucraina 2014, http://www.movisol.org/.
[3] <Human life in Russia. Era il 1984. Così tutte le falsificazioni naziste, i falsi documenti fotografici, le pseudocorrispondenze di Walker in Ucraina, ricevettero il crisma accademico legato al nome di Harward. L’anno precednte alcuni emigrati ucraini di estrema Destra avevano pubblicato negli Stati Uniti il libro The great famine in Ukraine, the unknown holocaust. Douglas Tottle ha potuto verificare che tutte le foto di questo libro risalgono agli anni 1921-22. Anche la foto della copertina proviene dal “Comitato internazionale di aiuto alla Russia” fdel dott. F. Nansen, foto pubblicata in Information n. 22 Ginevra, 20 aprile 1922. Il revisionismo dei neo-nazisti “riscrive” la storia per giustificare, in primo luogo, i barbari crimini del fascismo contro l’Unione Sovietica >>. (In Ludo Martens, Stalin, un altro punto di vista, Zambon, Milano, 2005).
[4] In Thierry Meyssan, Dopo la Jugoslavia, l’Ucraina?, http://www.voltairenet.org/.