29 Luglio 2020
Comunicato finale dell'iniziativa “Riconoscimento Stato di Palestina per la pace giusta”
Con i due incontri, realizzati il 1 luglio scorso con una rappresentanza dei 70 parlamentari che hanno firmato il documento contro l’annessione dei Territori Occupati Palestinesi, ed il 9 luglio con la Vice-Ministra del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, Marina Sereni, abbiamo portato a termine l’azione della Lettera/Appello al governo italiano che ha raccolto 129 adesioni di organizzazioni e 3046 adesioni individuali.
La Vice-Ministra Sereni ha confermato l’impegno italiano per la ripresa dei colloqui tra le due parti e per il rispetto del diritto internazionale, la ferma contrarietà al piano di annessione dichiarato dal premier israeliano, di parte dei Territori Occupati Palestinesi, e la necessità di costruire una posizione europea unitaria per far fronte a questa delicata situazione internazionale. Su quest'ultimo fronte, la Vice-Ministra, ha informato delle divisioni tra gli stati membri, cosa che limita l’azione dell’Unione Europea. Rispetto alla nostra richiesta di riconoscere lo stato di Palestina, la risposta è stata negativa, per il nostro governo e per la stragrande maggioranza degli stati membri, questa opzione non è considerata realistica e possibile. L'opinione dei governi è condizionata dallo “stato di fatto” che Israele sta esercitando sui palestinesi con l’occupazione, e che la comunità internazionale continua a non riconoscere “di diritto” ma che accetta “di fatto”. Il riconoscimento dello stato palestinese, secondo questo ragionamento, dovrebbe avvenire attraverso un accordo tra le due parti, e non per via unilaterale (palestinese). Inoltre, seguendo questo ragionamento, traspare un messaggio implicito o detto a bassa voce, che i palestinesi dovranno fare ulteriori concessioni se vorranno ottenere un accordo con Israele.
Nel frattempo, prosegue l'occupazione, la costruzione delle colonie illegali, le sofferenze, lo sfruttamento, le discriminazioni, la violenza, le demolizioni, gli arresti, l'erosione quotidiana della possibilità di costruire una pace giusta tra i due popoli.
La questione centrale, per noi rimane il pieno riconoscimento dello stato di Palestina, nei confini che precedono la guerra del giugno 1967 e la conseguente occupazione di Gerusalemme e della Cisgiordania. A tutt'oggi, 139 stati su 193 stati membri delle Nazioni Unite riconoscono lo stato di Palestina. In Europa solamente la Svezia ha riconosciuto lo stato di Palestina. L'Assemblea delle Nazioni Unite nel novembre del 2012 ha approvato alla Palestina lo status di stato osservatore non membro delle Nazioni Unite, riconoscendo di fatto l’entità statale. In quella sede, va ricordato, l’Italia votò a favore. Già nel 2014, il Parlamento Europeo approvò una dichiarazione in cui si richiedeva il riconoscimento dello stato di Palestina, perché questa è l'unica possibilità per fermare la politica di occupazione e di annessione, e di ristabilire pari condizioni tra le due popolazioni, e quindi riavviare il dialogo e riprendere la strada della convivenza e del reciproco rispetto.
Se si vuole la pace non vi sono altre strade, la storia di questi 72 anni ce lo dimostra, o si percorre la strada del diritto, del dialogo e della nonviolenza o si rimane nel terreno dello scontro, della violenza e della prepotenza dove non vi sarà pace e sicurezza per nessuno.
Il dialogo ed il confronto con Parlamento e con il governo rimangono aperti ed improntati su di una relazione franca e di reciproco ascolto. Una pista di lavoro comune è senza dubbio quella del dialogo tra le società civili per riannodare i fili tra gruppi, associazioni e reti palestinesi ed israeliane, per costruire dal basso, con la pratica della nonviolenza, del riconoscimento e del rispetto dell'altro, le condizioni per la convivenza pacifica tra i due popoli.
Il nostro impegno per la pace giusta continua nel solco del diritto internazionale, del riconoscimento dello stato di Palestina al fianco dello stato d'Israele, e del dialogo, fondato sul mutuo riconoscimento e rispetto, tra i due popoli. |