https://chiodoantonietta.altervista.org 18 Giugno 2020
“Se questo è un uomo” di Primo Levi dovrebbe essere la nostra Bibbia
Sto leggendo (rileggendo) “Se questo è un uomo”- di Primo Levi. Non riesco a considerarlo un libro. Per me è una specie di Bibbia. Cioè ci sono i libri e poi c’è “Se questo è un uomo”. Un libro che parla dell’ “arte” della deumanizzazione. Un pugno nello stomaco a cui non possiamo sottrarci. Non c’è scampo, quelli siamo noi. Siamo noi, appartenenti al genere umano, che abbiamo studiato a tavolino tutti i percorsi più cinici per arrivare al risultato finale che non è la morte ma la deumanizzazione. Dalle parole di Levi: “Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.” “L’ultima traccia di civiltà era sparita intorno a noi e dentro di noi. L’opera di bestializzazione…era stata portata a compimento…”. Il successo del progetto antisemita.
Ogni anno l’uomo cerca di ricordare perché queste cose non abbiano più ad accadere. Ed ogni anno cerco di vedere se in qualche angolo del pianeta ci sono situazioni che possono avvicinarsi alle atrocità di quel periodo storico. Penso ai Rohingya, ai margini della società in tutti i paesi in cui si sono rifugiati costretti in campi profughi deumanizzanti. Penso ai mussulmani in India cacciati e bastonati per le strade contro i quali si fanno leggi che li costringono a vivere sempre più in uno stato di marginalizzazione. Penso ai nostri migranti che lavorano per noi, super sfruttati e che vivono in campi fatiscenti e deumanizzanti e che non possono neanche avere lo stato giuridico di profughi a causa di una legge fatta da un governo italiano presieduto da Giuseppe Conte e sostenuto da Matteo Salvini e Luigi di Maio. Penso alle decine e decine di campi profughi dove i Palestinesi sono costretti a vivere in condizioni di assoluta precarietà. Penso alla disumanizzazione scientifica perpetrata dagli occupanti israeliani che si manifesta nelle forme più svariate: dall’incursione notturna dei terroristi dell’esercito israeliano nelle case palestinesi , svegliando di soprassalto tutti, e terrorizzando i bambini con il solo scopo di incutere paura e di deumanizzare (qui in italiano) (qui in inglese). Penso alle attese di ore nei check point disseminati in tutta la Palestina occupata. Attese di ambulanze con feriti, di ambulanze con donne gravide che costringono la giovane donna e suo marito ad implorare di farli passare. Penso all’insegnante palestinese che con la scusa della perquisizione è costretto a denudarsi davanti ai suoi alunni. Penso a tutte queste situazioni deumanizzanti ed ad altre simili, ma non riesco ad avvicinargli il termine antisemita. E non perché non siano altrettanto drammatiche o perché il termine non sia corretto da un punto di vista linguistico (nel caso dei Palestinesi tra l’altro lo sarebbe anche essendo un popolo semita) ma perché quella parola ha assunto per me un significato sacro e credo vada utilizzata con molto rispetto e prudenza. Rispetto per il ricordo del sangue e dell’abbruttimento spirituale che per moltissime persone ha rappresentato. Prudenza perchè la forza che si porta appresso non deve essere sminuita da un uso superficiale e propagandistico. Chi è invece che usa con molta disinvoltura quella parola? Sono proprio gli israeliani e gli ebrei che fanno gli interessi degli israeliani in occidente. C’è un disegno propagandistico che mira ad etichettare tutto quello che è antisraeliano come antisemita. Qualche mese fa con cinismo ed in spregio al suo sacro significato, sono riusciti, utilizzando questa parola a decretare la fine di Corbyn, il leader laburista in UK, ed a fare eleggere un nuovo segretario, sionista dichiarato. Se volete approfondire come vengono artatamente e scientificamente portate avanti queste accuse di antisemitismo vi consiglio questo bell’articolo di Miko Peled (in inglese qui). Un’altra interessante fonte su come venga utilizzata a sproposito dai sionisti la parola antisemita è in questa bellissima inchiesta di Al Jazeera (qui). La Hasbara, l’istituto di propaganda israeliana, ha tra i suoi scopi quello di cercare di influenzare l’opinione pubblica mondiale sulla percezione che questa ha di israele. Uno dei sistemi che utilizza è cercare di occupare quante più testate giornalistiche per ammorbidire molte notizie su israele a danno dei palestinesi. Gli ebrei sono una minoranza nel pianeta, però sono presenti in percentuale elevatissima nei media. Dire questo, secondo gli israeliani e gli ebrei filo israeliani significa dire una cosa antisemita. Cioè dire che dei signori super potenti e super pagati indirizzano artatamente l’informazione su israele, è antisemita. Ma che cosa c’entra? Cosa c’entra questo con l’antisemitismo? Solo una persona cinica e bara può usare con sfrontatezza questo termine alto e grondante di sangue ad uso propagandistico. Se dici che per cercare di interrompere l’occupazione della Palestina e le angherie che i Palestinesi sono costretti a subire, è meglio il boicottaggio di israele piuttosto che la lotta armata, allora sei antisemita. Cioè se boicotti uno dei paesi più potenti del pianeta, sorretto dalla quasi totalità dei governi del pianeta, prevalentemente di destra, sei un antisemita. Ma come può anche solo minimamente essere accostabile la parola antisemita ad una iniziativa di lotta pacifica? Come possono molti paesi produrre leggi contro il BDS (Boycott, Disinvestment and Santions) tacciandolo di antisemitismo? La risposta è solo una : propaganda. Qui non c’è solo un utilizzo improprio di una parola ma lo svillaneggiamento della parola che condensa in se il significato più atroce per l’essere umano: la sua “bestializzazione”. |
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