Pubblicato su Il Piano del Secolo Nel Nuovo Secolo Americano la Soluzione finale: il Piano del Secolo Martedì scorso Trump ha annunciato un piano di pace, il Piano del Secolo, a soluzione del conflitto israelo-palestinese, redatto unilateralmente da Usa e Israele e promosso da Trump in completo accordo con Netanyahu. Più che un piano di pace, una provocazione, tesa a legittimare lo stato di schiavitù permanente del popolo palestinese. Provocazione rimandata al mittente dalla maggioranza dei paesi della Lega araba e dall’Autorità palestinese, del tutto esclusi dalla partecipazione alla sua redazione. Anche le Nazioni Unite hanno respinto il piano. Esso infatti ignora le più elementari norme del diritto internazionale nonché le decine di risoluzioni che l’ONU ha prodotto nel corso del tempo intorno al conflitto israelo-palestinese. Come si sa l’ONU ha, infatti, riproposto a più riprese la soluzione del conflitto, basata su due Stati – Israele e Palestina – pienamente sovrani all’interno delle frontiere riconosciute pre-1967, soluzione che Trump scavalca a piè pari con la sua soluzione a due stati che ignora i confini del 1967 e che prevede Gerusalemme sotto la piena sovranità israeliana quale capitale «indivisibile» dello stato israeliano, esito peraltro prevedibile da quando Trump ha recentemente deciso di trasferirvi la propria ambasciata. Netanyahu ha significativamente dichiarato a commento del piano che fin quando lui sarà al potere “i palestinesi non avranno mai uno stato“.
In sostanza al popolo palestinese vengono ora ufficialmente negati autodeterminazione e sovranità sul proprio territorio. La Convenzione di Montevideo, definita sin dal 1933, stabiliva, infatti, che gli stati sono unità sovrane con confini definiti, costituite da una popolazione e un proprio governo; la sovranità sul proprio territorio è, perciò, espressa dal popolo insieme alla possibilità di stipulare accordi in piena autonomia con altri stati. Uno Stato sovrano ha il controllo completo ed esclusivo sul proprio demanio naturale, minerario ossia sulle proprie acque territoriali, sulle sue coste e sul mare davanti ad esse così come sul sottosuolo e nei cieli che sovrastano il territorio.
Il piano del secolo nega tale sovranità Lo stato palestinese sarebbe circondato e inglobato da Israele senza alcun accesso diretto al Mar Morto. Per ovviare Israele cederebbe qualche porzione nel deserto del Neghev a sud della Striscia di Gaza dove in un epoca indeterminata sarebbe concessa la costruzione di un porto e una pista d’atterraggio per piccoli aerei sotto stretta sorveglianza israeliana ( p. 27) mentre rimarrebbe proibito, a tempo indeterminato, il ripristino del vecchio aeroporto nei pressi di Rafah, la cui pista esiste ancora. I palestinesi sono ben consapevoli che riconoscere tale piano significherebbe accettare lo stato di colonizzazione e apartheid all’interno del quale sono stati violentemente costretti, rinunciando, del tutto disarmati (richiesto il disarmo di Hamas e la completa smilitarizzazione della Striscia di Gaza), a qualsiasi futura rivendicazione. Ai palestinesi non sarebbe concesso, infatti, di avere un proprio esercito ma solo forze di polizia coordinate dagli apparati di sicurezza israeliani, giordani ed egiziani (p. 22). Israele, riconosciuto come stato sin dal 1948, non ha mai voluto definire i propri confini. Ha piuttosto invaso l’80% dei territori di quella che nel ’48 era terra di Palestina. I palestinesi chiedono il ripristino dei confini che esistevano prima della Guerra dei Sei Giorni del 1967. Vogliono il proprio stato in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e Gerusalemme Est come capitale del loro Stato.
Ripassiamo In sei giorni Israele occupò militarmente i territori palestinesi della Cisgiordania. Da allora sono passati 53 anni! Da 53 anni piuttosto che andarsene hanno insistito imponendo la presenza di 650 mila coloni israeliani in 240 insediamenti del tutto illegali.
Mappa degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gaza..
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L’ONU ha chiesto a più riprese che Israele tornasse ai confini ridisegnati dopo le conquiste del ’48 emettendo decine di Risoluzioni rimaste lettera morta. Sono 6.209 le strutture demolite dalle autorità israeliane nellaWest Bank dal 2009 al primo ottobre 2019 e 9.517 le persone sfollate (fonte:United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), 2019) 4.951, i cittadini palestinesi residenti nella Striscia di Gaza, uccisi in situazioni di conflitto dal primo gennaio 2008 al primo ottobre 2019 (fonte: United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), 2019). Ma si muore anche di miseria, fatta di mancanza di cibo, medicine e sufficiente acqua potabile. Secondo stime recenti, i residenti di Israele e i coloni israeliani consumano circa 250 litri per persona al giorno, tre volte più dei palestinesi della Cisgiordania (84 litri). Israele è un paese che si percepisce del tutto al di sopra delle leggi internazionali coerentemente con la definizione che ne è stato dato di 51-esimo stato Usa in Medio Oriente. L’unica cosa a cui è interessato è il riconoscimento di quella che da molto tempo è descrivibile come una annessione di fatto dei territori palestinesi, di Gerusalemme Est e delle alture siriane del Golan. Gli SU intendono imporre, con il Piano del Secolo, la sovranità israeliana su tutti i territori occupati illegalmente.
Prime reazioni Le alture del Golan sono territorio siriano. A ribadirlo Vasily Nebenzia, il rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, che ha fatto notare che si tratta di territorio siriano occupato illegalmente dal 1981 come già affermato dalla risoluzione 497: “ (…) nelle mappe, incluse nel piano, le alture del Golan vengono definite territorio israeliano e, a questo proposito, ricordiamo agli autori del piano che le mappe geografiche riconosciute dalla Russia, coerenti con la risoluzione 497 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, non prevedono alcuna sovranità di Israele sulle alture del Golan“
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Rispettosa e attendista la posizione espressa dal viceministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov: «Riteniamo che si debbano avviare negoziati diretti e raggiungere compromessi reciprocamente accettabili. Non sappiamo se la proposta degli Stati Uniti sia reciprocamente accettabile o meno. Dobbiamo aspettare la reazione delle parti coinvolte». La Siria, dall’agenzia di stampa siriana Sana «chiede alla comunità internazionale di condannare la posizione sprezzante degli Stati Uniti nei confronti del diritto internazionale, di confermare le risoluzioni, e soprattutto porre fine all’occupazione israeliana dei territori palestinesi e di garantire i legittimi diritti del popolo palestinese». Per Erdogan «Gerusalemme è sacra per i musulmani. Il piano di dare Gerusalemme a Israele è assolutamente inaccettabile. Questo piano ignora i diritti dei palestinesi e mira a legittimare l’occupazione israeliana».
Il nostro governo «Nell’apprendere della pubblicazione del Piano americano per il Processo di Pace in Medio Oriente, l’Italia accoglie favorevolmente gli sforzi compiuti dagli Stati Uniti al fine di favorirne il rilancio, tuttavia valuterà con molta attenzione i contenuti della proposta di Washington, in coordinamento con l’Unione Europea e in linea con le rilevanti risoluzioni delle Nazioni Unite».
Il piano riconosce il controllo israeliano sui territori occupati. Legittima gli insediamenti israeliani («Lo Stato di Israele e gli Stati Uniti non credono che lo Stato di Israele sia legalmente obbligato a consegnare ai palestinesi il 100 per cento del territorio pre-1967») che verranno incorporati e annessi al territorio di Israele e sottoposti alle leggi dello Stato ebraico. Essi usufruiranno della protezione e degli standard di sicurezza di cui godono i cittadini israeliani (pag. 11-12). Ai palestinesi della diaspora è fatto divieto di tornare nei luoghi da cui sono stati cacciati. Dunque, no al diritto al ritorno dei profughi alle loro antiche case e terre ormai israeliane e no al versamento di indennizzi da parte di Israele (pag. 31-32). Sulla maggior parte dei terreni lungo la Valle del Giordano si cristallizza di fatto l’occupazione e il dominio israeliano. Convalidato tutto il sistema del complesso di apartheid messo in piedi in questi decenni, a partire dai 750 km di muro che tengono in cattività la Cisgiordania, le basi militari finalizzate al controllo sulle strade, con posti di blocco per impedire l’accesso verso aree ad uso esclusivo degli ebrei: località commerciali, siti turistici, riserve naturali ecc. fino alla gestione di risorse vitali come l’acqua, le riserve di idrocarburi o altro. Israele manterrebbe l’inaccettabile stato delle cose legittimato dalla necessità di avere il controllo completo su tutto ciò che riguarderebbe la sua sicurezza. Un piano che, detto in sintesi, riconosce e legittima il furto di terra a danno dei palestinesi, la perdita dei loro beni e il controllo ebraico su confini e spazio aereo della Palestina storica (Il cielo palestinese sarebbe di esclusivo controllo Israeliano tramite droni, aviazione e altri strumenti della tecnologia militare (p. 23) ). A Israele si chiede solo di pazientare quattro anni, i tempi previsti dal negoziato sullo stato palestinese, nei quali dovrà sforzarsi di evitare la costruzione di nuovi insediamenti nei territori palestinesi… Il blocco israeliano illegale della Striscia non è stato menzionato nel piano Trump/Netanyahu; si pretende, piuttosto, la smilitarizzazione della Striscia e che i suoi abitanti rinuncino a qualsiasi difesa contro la aggressiva rapacità israeliana lasciando che sia controllato da un’entità palestinese adeguatamente riconosciuta da Israele e ad essa subordinata.
In pratica, ai palestinesi si vuole impedire il diritto alla difesa che Stati Uniti e Israele hanno sempre definito terrorismo, laddove l’aggressione permanente e sistematica dello stato ebraico nei confronti dei palestinesi è sempre stata legittimata in termini di autodifesa. La parte di “aiuti economici“ già anticipata da Jared Kushner, il genero di Trump, il 25 e 26 giugno scorsi a Manama, in Bahrein, è una sorta di piano Marshall, pari a 50 miliardi (28 miliardi ai territori di Cisgiordania e Gaza; 7,5 miliardi alla Giordania; 9 miliardi all’Egitto; 6 miliardi al Libano) atto a finanziare la realizzazione di 179 progetti, tra cui la costruzione di un corridoio stradale sotterraneo tra la Cisgiordania e Gaza e strade costruite, in modo rispondente alle esigenze di sicurezza israeliane, che dovranno consentire a quei palestinesi che risiedono in enclave ormai circondate da territorio israeliano di essere riconosciuti a tutti gli effetti come cittadini del nuovo Stato di Palestina, al quale verrebbero collegati da queste nuove vie di comunicazione, con il vantaggio, non trascurabile per Israele, della riduzione del numero di elettori arabi (p. 12). Sempre in nome della propria sicurezza, Israele imporrebbe definitivamente il proprio controllo su tutti i valichi d’accesso alla Palestina, compreso quello tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Tutt’altro che veri aiuti, miranti al sollevamento dei palestinesi dalla loro condizione di sfruttamento e povertà, gli aiuti economici sono piuttosto destinati a finanziare interventi logistici miranti a dare continuità se non a facilitare il continuo sfruttamento, garantito dal controllo militare, delle risorse palestinesi e la colonizzazione permanente dei suoi territori. Anche la zona di libero scambio tra Giordania e Palestina sarebbe sottoposta al rigido controllo di Israele che in nome della propria sicurezza controllerebbe, eventualmente bloccandole, quelle importazioni in Palestina giudicate minacciose per Israele. Ricordiamo come con un’altra recente risoluzione (15 novembre 2018), l’Assemblea generale dell’ONU Nazioni aveva chiesto a Israele di smettere di appropriarsi delle risorse naturali dei territori occupati. Il piano adotta, in pratica, la stessa logica con cui è stato condotto l’attacco israeliano a Gaza del 2014 che aveva avuto come obiettivo il Gaza Marine un giacimento di gas naturale di 30 miliardi di metri cubi in acque territoriali palestinesi. Operazione che rientrava “nella strategia di Tel Aviv, mirante a impadronirsi anche delle riserve energetiche dell’intero Bacino di levante, comprese quelle palestinesi, libanesi e siriane, e in quella di Washington che, sostenendo Israele, mira al controllo dell’intero Medio Oriente, impedendo che la Russia riacquisti influenza nella regione.”
Come si ricorderà l’accordo di cooperazione nel settore energetico tra Palestina e Russia fu ostacolata dalla operazione Barriera protettiva che era stata fatta seguire al rapimento di tre giovani israeliani trovati poi uccisi. La soluzione finale proposta dal duo Trump/Netanyahu, fingendo di rispettare i diritti dei palestinesi con un accordo a loro favorevole e vantaggioso, in realtà tende a consolidare, ufficializzare e rendere permanente l’esercizio degli interessi USA/Israele nei territori palestinesi esercitando su di essi controllo militare e dominio assoluto sul popolo palestinese e sulle sue risorse ovvero appropriazione indebita e definitiva di tutto ciò che gli apparteneva, attraverso la costituzione di un finto stato palestinese subordinato alla sottomissione permanente alle richieste israeliane e pensare che il piano del secolo si intitola: Peace to prosperity. A vision to improve the lives of the Palestinian and Israeli People «Dalla pace la prosperità. Una visione per migliorare le vite dei palestinesi e degli israeliani». Speriamo non contribuisca a incendiare ulteriormente la regione e l’escalation in atto dopo la criminale uccisione del generale Soleimani che ha alimentato la formazione di un di un nuovo fronte tra Iran e Iraq contro il comune nemico israelo/statunitense all’ombra di Russia e Cina. |
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