http://www.asianews.it/it.html 20/08/2020
Il Covid-19 dà il colpo di grazia: il 55% dei libanesi è sotto la soglia della povertà di Pierre Balanian
Uno studio dell’Onu pubblicato ieri dice che in un anno il tasso di povertà si è raddoppiato; le persone a rischio di estrema povertà sono triplicate. Ieri, nell’arco di una giornata vi sono stati 589 nuovi contagi da Covid-19 e due decessi. Il totale dei casi positivi è di 10347. La gente preferisce comprarsi il pane e non le mascherine chirurgiche. Continua la campagna "In aiuto a Beirut devastata".
Il nuovo anno dell’Egira iniziato ieri, sembra difficile quanto l’Anno Domini 2020. Il Paese dei Cedri è di nuovo paralizzato per la rapida diffusione di nuovi casi di Covid 19: ieri, nell’arco di una giornata vi sono stati 589 nuovi contagi e due decessi. In un Paese che conta 6 milioni di abitanti, il numero totale di infetti è salito a 10347. Dal 4 agosto - data delle esplosioni del porto - ad oggi sono stati registrati 3500 nuovi casi. Il virus ha trovato terreno fertile grazie alle turbolenze politiche, manifestazioni e agli scontri, e poi da feste e affollamento sulle spiagge per distrarsi dall’inferno libanese. Poi sono avvenute le esplosioni, le dimissioni del governo, le manifestazioni popolari che annullano il distanziamento sociale. Il Paese continua ad affondare sotto quattro crisi, ormai definite “I 4 pilastri del crollo del Libano”: la crisi economica, senza precedenti; la crisi da Covid-19; la crisi causata dalle esplosioni; l’infinita crisi politica con le dimissioni del governo. Dal 14 agosto, fino al 7 settembre, il Paese rientra nel confinamento totale con la chiusura di tutte le attività lavorative e tutti i commerci, ad eccezione di supermercati, fruttivendoli, macellerie, forni e farmacie. Bloccati trasporti pubblici, celebrazioni religiose e sociali, chiusura degli stabilimenti balneari, divieto di recarsi nelle spiagge libere. Riad Yamak, sindaco di Tripoli, una delle città più povere del Paese, dice: “Questa volta sarà difficile far rispettare le direttive. La gente ha fame e non si potrà imporre a chi lavora a giornata di rimanere a casa, senza provvedere ad aiutarli. Ma il comune non ha i mezzi per farlo”. E’ dello stesso parere Bashar Khodr, governatore della provincia di Baalbek ed Hermel, che ha ordinato ai municipi di organizzare loro stessi i mercati, gestendo l’arrivo della merce all’ingrosso e la distribuzione ai negozianti, secondo le precauzioni indicate dal ministero della Sanità. Il personale degli uffici pubblici lavorerà a ritmi dimezzati in due turni, col 50% del personale alla volta. La multa di 50 mila lire (circa 6 dollari Usa) a chi non porta la maschera in pubblico è in vigore in Libano da oltre tre mesi, ma molti preferiscono comprare il pane, che costa quanto una mascherina scadente. Il necessario confinamento rischia di aggravare la situazione finanziaria del Paese e della popolazione ormai ai limiti della sopportazione e della privazione economico. Gli ospedali libanesi, 4 dei quali seriamente danneggiati dopo le esplosioni, sono ormai incapaci di garantire le cure e i respiratori per il numero elevato di pazienti. Secondo uno studio Onu, pubblicato ieri dalla Commissione economica e sociale per l’Asia Occidentale (Economic and Social Commission for Western Asia, ESCWA), oltre il 55% della popolazione libanese vive al di sotto del tetto della povertà (l’anno scorso era il 28%); rispetto allo scorso anno, il tasso delle persone minacciate di povertà estrema si è moltiplicato per tre, passando dall’8 al 23%. “Il Libano- si legge nello studio- patisce gli effetti di molte scosse che continuano a colpire il proprio sviluppo economico. Fra le più forti, si cita il pericoloso aumento, registrato ultimamente, dei casi di contaminazione dalla pandemia del Covid-19; l’esplosione che ha causato la morte di oltre 200 persone (ieri sono stati estratti altri 3 cadaveri dalle macerie), ha distrutto il porto di Beirut e molti depositi di derrate alimentari e di vitale necessità, ha causato spaventose distruzioni in larghe aree che ospitavano centri abitativi e commerciali. Queste scosse aggravano una precedente, radicata crisi economica facendo aumentare una povertà acuta e riducendo la classe media libanese”. A tutto ciò si aggiungono l’assenza totale degli investimenti dai Paesi arabi del Golfo e l’arresto del turismo. Il Paese paga ora la fattura dell’errore strategico del 1990, quando l’allora governo dell’ex premier Rafiq Hariri decise di ricostruire il nuovo Libano uscito dalla guerra civile, su fondamenta economici basati sui servizi bancari, turismo e servizi, a scapito di industria e agricoltura. Scompare la classe media, che rappresentava la maggior parte della popolazione libanese; ma anche quella benestante non è salva: la classe così detta aristocratica o ricca è anch’essa ridotta di un terzo; in un anno è passata dal 15 a 5% della popolazione. I libanesi minacciati di estrema povertà sono 2,7 milioni, mentre aumenta il numero dei giovani che pensano seriamente di emigrare in via definitiva da questo Paese, tanto amato, ma divenuto cimitero di ogni aspettativa.
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