https://www.ilpost.it/ mercoledì 22 aprile 2020
Cosa ci aspetta di Donald G. McNeil Jr.
Un lungo articolo del New York Times raccoglie analisi e previsioni di venti esperti di epidemie, salute e storia, delineando diversi scenari sul prossimo anno e forse di più
Il giornalista scientifico Donald G. McNeil Jr., che negli ultimi vent’anni ha seguito per il New York Times diverse epidemie in tutto il mondo, dall’AIDS a ebola alla SARS, ha scritto un lungo articolo in cui ha riassunto quanto gli hanno detto oltre venti esperti di salute pubblica, epidemiologia e storia su quello che ci aspetta nel prossimo anno. Quello di McNeil è uno dei più documentati e completi articoli usciti finora sulle potenziali conseguenze della pandemia da coronavirus: per quanto si rivolga a un pubblico statunitense, la maggior parte degli scenari descritti è utile per farsi un’idea di quello che potrebbe essere il futuro nel breve e medio termine anche in Europa e in Italia.
McNeil scrive che il piano presentato dal presidente statunitense Donald Trump per far ripartire l’economia per tornare al più presto a una relativa normalità «è più roseo di quello dei suoi stessi consiglieri in materia di sanità, e degli scienziati in generale». La verità, dice McNeil, è che nessuno sa dove ci stia portando la crisi sanitaria in corso, ma che «è impossibile evitare previsioni pessimiste per il prossimo anno». La teoria di Trump secondo cui le misure restrittive termineranno presto, e che stadi e ristoranti torneranno a breve a essere pieni, «è fantasia».
«Ci aspetta un futuro triste», dice Harvey V. Finberg, ex presidente dell’Accademia Nazionale per la Medicina. Lui e altri prevedono una popolazione infelice intrappolata al chiuso per mesi, con i più vulnerabili verosimilmente in quarantena più a lungo. Sono preoccupati che gli scienziati non riusciranno inizialmente a trovare un vaccino, che i cittadini esausti violeranno le restrizioni nonostante i rischi, e che il virus resterà con noi d’ora in poi» La maggior parte degli esperti prevede che una volta che la crisi sarà finita, il paese e l’economia si riprenderanno in fretta. Ma non ci sarà modo di evitare un periodo di grande sofferenza.
Dove siamo Questo tasso è quello stimato sul bacino reale dei contagiati, che – negli Stati Uniti come in Italia – è molto maggiore di quello dei contagiati accertati. Nelle fasi iniziali di un’epidemia, testare estesamente la popolazione è complesso, e nel caso della COVID-19 quasi ovunque sfuggono ai controlli gli asintomatici, che secondo i CDC potrebbero essere fino al 25 per cento di chi risulta positivo al tampone. Ci sono studi secondo cui questa percentuale potrebbe essere doppia, o anche di più. L’attuale consenso scientifico è che i malati di COVID-19 siano contagiosi fin da alcuni giorni prima dello sviluppo dei primi sintomi.
Il martello e la danza Secondo McNeil, i nuovi aumenti dei contagi sono inevitabili anche tenendo chiusi stadi, locali e ristoranti: e maggiori saranno le restrizioni, più lunghi saranno i periodi che separeranno i lockdown più rigidi. Anche in Asia, dove spesso l’applicazione delle misure restrittive è più efficace e le operazioni di contact tracing più efficienti, posti come Singapore, Hong Kong e città cinesi sono stati costretti a nuove chiusure, dopo aver temporaneamente allentato i lockdown.
Immunità Ma anche nella prospettiva in cui questo possa accadere, spiega McNeil, ci sono implicazioni preoccupanti. Di fatto si creerebbero due categorie sociali, chi è immune e chi no, con i primi a cui sarebbe permesso di spostarsi e viaggiare, e i secondi a cui sarebbe impedito. Con il paradosso che, in futuro, una parte degli immuni potrebbero essere quelli che non hanno rispettato le restrizioni, entrando in contatto con altri, e che ciononostante – superata la malattia, che come sappiamo può provocare conseguenze gravi e gravissime anche su persone giovani e sane – sarebbero “premiati” con il permesso di tornare a spostarsi. Un’altra ipotesi preoccupante, ammesso e non concesso che si possa sviluppare un’immunità da coronavirus: per molti, principalmente giovani, farsi contagiare volontariamente potrebbe diventare una prospettiva preferibile rispetto a rimanere chiusi in casa, magari senza poter lavorare e quindi avere un reddito. Successe qualcosa di simile a Cuba negli anni Ottanta, quando decine di senzatetto si infettarono volontariamente con l’AIDS per accedere ai centri di isolamento, che garantivano vitto e alloggio agli ospiti. In tanti morirono prima che fossero introdotte le terapie.
Test e isolamenti «Se dovessi scegliere un solo intervento, sarebbe il rapido isolamento di tutti i casi», ha detto Bruce Aylward, che ha guidato la missione di osservatori dell’OMS in Cina, dove chiunque risultasse positivo era confinato, anche contro la sua volontà, in una struttura apposita. Mantenere umane e sopportabili queste misure dovrà essere una priorità, ma secondo alcuni esperti non sarà possibile e per questo non sarà una strada praticabile.
Trovare il vaccino Normalmente, un vaccino è testato inizialmente su meno di cento giovani in salute: se sembra sicuro e efficace, il campione viene esteso ad alcune migliaia di persone, che potrebbero essere ipoteticamente operatori sanitari esposti al virus, a cui viene somministrato in parte il vaccino e in parte un placebo, per studiarne gli effetti. Questa fase si può teoricamente velocizzare con un processo noto come “challenge trials”, in cui i volontari a cui è somministrato il vaccino vengono deliberatamente contagiati. Di solito questo procedimento viene utilizzato soltanto per malattie curabili, come la malaria o la febbre tifoide, spiega McNeil: farlo con la COVID-19, per cui non c’è ancora una cura certa, pone di fronte a enormi questioni etiche. La gravità della situazione globale rende accettabile esporre a un rischio mortale un gruppo ristretto di persone, per evitare di lasciarne centinaia di milioni a rischio per anni? Gli esperti consultati sono divisi su questo punto, ma hanno convenuto che è più che possibile che sia la strada che decideremo di intraprendere.
E poi distribuirlo
Terapie Altri farmaci di cui si sta parlando come possibili alternative, come l’idrossiclorochina e l’azitromicina, richiedono altri test clinici: in passato l’utilizzo affrettato di farmaci promettenti per altre malattie – per esempio la talidomide – ha provocato gravi effetti collaterali, compresi migliaia di bambini nati con deformazioni.
Altre conseguenze
Nicholas Mulder, economista della Cornell University, ha previsto che l’economia possa risollevarsi in fretta, a crisi finita, come successo dopo entrambe le guerre mondiali. Ma quando finirà la crisi è una grande incognita, e le conseguenze psicologiche saranno più difficili da superare: l’isolamento e la povertà causati dai lockdown potrebbero aumentare i suicidi, i casi di violenze domestiche e i malati di depressione. In una prospettiva più a lungo termine, e in una delle poche note positive dell’articolo del New York Times, Mulder ha notato come dopo le guerre mondiali le società e le economie diventarono meno diseguali. Se il vaccino funzionerà, poi, la fiducia nella scienza potrebbe aumentare, con possibili conseguenze anche sulla percezione del cambiamento climatico.
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