Originale: TomDispatch.com http://znetitaly.altervista.org/ 20 marzo 2020
Commando statunitensi impiegati in 141 paesi di Nick Turse direttore editoriale di TomDispatch Traduzione di Giuseppe Volpe
Si sono fatti strada nel 72 per cento delle nazioni di questo pianeta, scrive Nick Turse. E sono seguiti reati penali.
Lo scorso ottobre un gruppo di otto elicotteri da attacco Apache e Chinook CH-47 che trasportavano commando statunitensi ha rombato via da un campo di aviazione in Iraq. Ha attraversato lo spazio aereo turco, superato il confine siriano arrivando basso mentre si avvicinava a un villaggio appena a nord della provincia di Idlib dove il leader dello Stato Islamico Abu Bakr al-Baghdadi, le sue guardie del corpo e alcuni dei suoi figli stavano trascorrendo la notte. Gli elicotteri hanno aperto il fuoco con le loro mitragliatrici, mentre caccia militari volteggiavano in alto e da 50 a 70 membri della Delta Force d’élite dell’esercito statunitense irrompevano in un complesso appena fuori dal villaggio di Barisha. Quando tutto è finito la casa di Baghdadi era in macerie, un numero ignoto di persone che vivevano nell’area, compresi civili, è rimasto ucciso e due dei suoi bambini sono morti, vittime di un giubbotto suicida indossato dal capo dell’ISIS. Quell’incursione di un commando in Siria è stata la missione di più elevato profilo delle Operazioni Speciali USA del 2019, ma è stata solo uno degli innumerevoli interventi condotti dalle forze di massima élite degli Stati Uniti. Hanno anche combattuto e sono morti in Afghanistan e Iraq conducendo missioni, esercitazioni di addestramento o consigliando e assistendo forze locali dalla Bulgaria alla Romania, dal Burkina Faso alla Somalia, dal Cile al Guatemala, dalle Filippine alla Corea del Sud. L’anno scorso membri delle forze delle Operazioni Speciali – tra esse Navy SEAL, Berretti Verdi dell’Esercito e Marine Raiders – hanno operato in 141 paesi, secondo dati forniti a TomDispatch dal Comando Operazioni Speciali USA (SOCOM). In altre parole sono stati impiegati in circa il 72 per cento delle nazioni di questo pianeta. Anche se in diminuzione, rispetto al picco di 149 paesi nel 2017, ciò tuttavia rappresenta un aumento del 135 per cento dalla fine del primo decennio del 2000 quando i commando statunitensi risultavano operare in solo 60 nazioni. Come ha dichiarato l’anno scorso il generale Richard Clarke, capo del Comando Operazioni Speciali, al Comitato Stanziamenti della Camera: “Il nostro accesso e posizionamento mondiale, le nostre reti e collaborazioni, e il nostro atteggiamento globale flessibile consentono al Dipartimento [della Difesa]… di reagire in tutto lo spettro della competizione, specialmente sotto la soglia dei conflitti armati in cui i nostri competitori – particolarmente Russia e Cina – continuano a perfezionare le loro competenze e a promuovere i loro obiettivi strategici”. Il livello quasi record di impiego globale si è verificato quando hanno cominciato a turbinare domande riguardo ai montanti illeciti di alcune delle truppe di massima élite degli Stati Uniti ed è stato accompagnato da torcimenti di mani di leader del Comando Operazioni Speciali sulle possibili manchevolezze etiche e su comportamenti criminali dei suoi soldati. “Recenti incidenti hanno messo in discussione la nostra cultura e la nostra etica e minacciano la fiducia posta in noi”, ha scritto Clarke in un documento dell’agosto 2019. Tali “incidenti”, che spaziano dall’uso di droghe a stupri e assassinii, hanno attraversato il mondo, dall’Afghanistan alla Colombia al Mali, attirando ulteriore attenzione a ciò che realmente accade nell’ombra dove i commando statunitensi operano.
Forze delle Operazioni Speciali impiegate ogni settimana in 82 paesi Dagli attacchi dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti si sono affidati sempre più pesantemente alle proprie truppe di massima élite. Ance se le forze delle Operazioni Speciali statunitensi (USSOF o SOF) costituiscono solo il 3 per cento del personale militare statunitense, hanno subito più del 40 per cento delle perdite di questi anni, principalmente in conflitti statunitensi in tutto il Grande Medio Oriente e in parti dell’Africa. Durante tale periodo il Comando Operazioni Speciali (SOCOM) è cresciuto in ogni modo immaginabile, dal suo bilancio e dimensione al ritmo e alla portata geografica delle sue missioni. Ad esempio “il finanziamento specifico delle Operazioni Speciali”, che era di 3,1 miliardi di dollari nel 2001, è aumentato, secondo il portavoce del SOCOM Ken McGraw, a circa 13 miliardi di dollari oggi. Il personale era di circa 45.000 membri delle SOF nel 2001. Oggi circa 73.000 membri del Comando Operazioni Speciali – personale militare e civili – conducono una vasta gamma di attività che includono antiterrorismo, anti-insurrezione, assistenza alle forze di sicurezza e guerra non convenzionale. Nel 2001 una media di 2.900 commando è stata impiegata all’estero in ogni data settimana. Tale numero oggi è di 6.700, dice Ken McGraw del SOCOM. Secondo statistiche fornite a TomDispatch dal Comando Operazioni Speciali, più del 62 per cento di tali agenti speciali impiegati all’estero nel 2019 è stato inviato nel Grande Medio Oriente, superando di gran lunga ogni altra regione del mondo. Ciò ha rappresentato un rimbalzo di agenti speciali nell’area di operazioni del Comando Centrale, o CENTCOM. Mentre l’80 per cento dei commando statunitensi impiegati all’estero all’inizio del decennio era di stanza là, tale numero è sceso a solo il 50 per cento entro il 2017, prima di cominciare ad aumentare di nuovo. Il resto degli agenti speciali avanzati degli Stati Uniti è distribuito in tutto il globo con solo il 14 per cento attivo in Africa, più del 10 per cento in Europa, l’8,5 per cento nella regione indo-pacifica, e il 3,75 per cento nell’America Meridionale, Centrale e nei Caraibi. Nel corso di ogni data settimana commando sono impiegati in circa 82 nazioni. Tradizionalmente le forze d’élite degli Stati Uniti hanno posto un forte accento sulla “cooperazione alla sicurezza” e sulla “costruzione di capacità dei partner”, cioè l’addestramento, la consulenza e l’assistenza a truppe indigene. In una testimonianza ai membri del Congresso lo scorso aprile, ad esempio, il comandante del SOCOM, generale Richard Clarke, ha affermato che “per i paesi in via di sviluppo le attività di cooperazione alla sicurezza sono strumenti chiave per rafforzare le relazioni e attirare nuovi partner, consentendo contemporaneamente loro di affrontare minacce e sfide di interesse comune”. Gli interessi comuni, tuttavia, non sono sempre della massima importanza per gli Stati Uniti. Nella stessa testimonianza Clarke ha fatto una menzione speciale dei cosiddetti programmi 127e (“127-echo”), che prendono il nome dall’autorizzazione di bilancio che consente alle forze delle Operazioni Speciali statunitensi di usare certe truppe locali come delegate in missioni di antiterrorismo, specialmente quelle dirette contro “obiettivi di elevato valore”. “Consente”, ha detto Clarke, “a elementi dell’USSOF di limitata impronta di trarre vantaggio dalle competenze e dagli unici attributi di forze regolari e irregolari indigene – conoscenza dell’area locale, dell’etnia e competenze linguistiche – per ottenere effetti che sono cruciali per gli obiettivi della nostra missione, mitigano contemporaneamente il rischio per le forze statunitensi. Questo è particolarmente vero in aree remote o politicamente sensibili in cui sono irrealizzabili vaste formazioni statunitensi e/o il nemico si avvale di rifugi sicuri che sono altrimenti inaccessibili all’USSOF”. Utilizzati estesamente in tutta l’Africa e in Medio Oriente, i programmi 127e possono essere gestiti dal Comando Congiunto Operazioni Speciali (JSOC), l’organizzazione riservata che controlla la Squadra 6 dei SEAL della Marina, la Delta Force dell’esercito e altre unità di missioni speciali, oppure da più generiche “forze di teatro delle operazioni speciali”. In Africa tali programmi normalmente coinvolgono piccoli numeri di agenti speciali statunitensi che collaborano con da 80 e 120 militari indigeni addestrati ed equipaggiati in misura speciale. “L’uso dell’autorizzazione 127e ha determinato direttamente la cattura o l’uccisione di migliaia di terroristi”, ha Cosiddette missioni di azione diretta hanno condotto alla morte di Baghdadi, Osama bin Laden e innumerevoli altri presunti obiettivi di elevato valore, ma alcuni esperti mettono in discussione l’utilità di così tanti attacchi. Il brigadier generale in pensione Donald Bolduc, che ha compiuto 10 turni in Afghanistan, anche come comandante componente delle operazioni speciali combinate congiunte nel paese, nonché capo del Comando Operazioni Speciali Africa dal 2015 al 2017, è uno di loro. Ora in corsa per il Senato nel New Hampshire, è critico di quella considera una concentrazione eccessiva sull’uccidere un leader dopo l’altro non dedicando contemporaneamente abbastanza duro lavoro nell’addestrare forze locali per realizzare una vera sicurezza e stabilità senza tecnologia e assistenza statunitense. “Non si può aprirsi la via alla vittoria a forza di uccisioni”, ha dichiarato Bolduc a TomDispatch.
Crimini dei commando Oltre a questioni a proposito dell’efficacia delle loro tattiche e strategie, le forze delle Operazioni Speciali sono state recentemente afflitte da scandali e notizie di attività criminali. “Dopo che numerosi casi di cattiva condotta e comportamento non etico hanno minacciato la fiducia del pubblico e hanno indotto leader a mettere in discussione la cultura e l’etica delle forze delle Operazioni Speciali, USSOCOM ha avviato una Revisione Complessiva”, dice la sintesi di un rapporto di gennaio sull’argomento. Ma tale revisione è essa stessa un po’ un rompicapo. Comandanti del SOCOM hanno ripetutamente ripreso malefatte delle forze d’élite statunitensi. Nel novembre del 2018 l’allora capo del SOCOM, generale Raymond Thomas, è stato coautore di un documento sull’etica per i suoi soldati. Un mese dopo ha anche inviato loro una e-mail in cui scriveva: “Un esame di denunce di gravi cattive condotte nelle nostre formazioni durante l’anno scorso indica che USSOCOM affronta una più profonda sfida di una visione scorretta della squadra e dell’individuo nella nostra cultura SOF”. Nel febbraio del 2019 il SOCOM ha intrapreso una revisione etica seguita da un “periodo di concentrazione sull’etica” di 90 giorni. Non molto tempo dopo, anche il successore di Thomas ha deprecato la condotta immorale in seno al comando. “Nel recente passato, membri delle nostre unità SOF sono stati accusati di aver violato tale fiducia e di non aver rispettato i nostri elevati standard morali di condotta etica che questo comando esige”, ha dichiarato il comandante del SOCOM, generale Richard Clarke, ai membri del Comitato Stanziamenti della Camera nell’aprile del 2019. “Comprendiamo che la cattiva condotta criminale erode la stessa fiducia che consente il nostro successo”. Clarke, in realtà, ha ereditato autovalutazioni di componenti del SOCOM ordinate da Thomas e le ha utilizzate come base per la Revisione Complessiva diffusa a gennaio. “Questa è una revisione molto dettagliata che ha uno sguardo duro su di noi”, ha scritto Clarke in una lettera alla comunità del SOF diffusa insieme al rapporto. Ma pura avendo impiegato una squadra consultiva di 12 persone e una squadra di revisione di 18 persone, nonostante i loro “55 impegni” e un sondaggio di più di “2.000 collaboratori in tutta la comunità del SOF”, non ci sono prove che la revisione sia “dettagliata” o che lo sguardo sia poi così “duro”. In effetti le 69 pagine del rapporto non offrono nemmeno un barlume di quale “cattiva condotta o comportamento non etico” abbia esaminato. Nel solo 2019, tuttavia, sono venuti alla luce molti esempi che avrebbero potuto essere inclusi in tale revisione. Ad esempio un Marine Raider, il sergente maggiore Kevin Maxwell Jr, si è dichiarato colpevole ed è stato condannato a quattro anni di carcere militare per il suolo nell’uccisione del sergente maggiore Logan Melgar, un Berretto Verde dell’Esercito, a Mali nel 2017. Anche il Navy SEAL Adam Matthews è stato condannato a un anno di reclusione e al congedo per cattiva condotta dopo essersi dichiarato colpevole di cospirazione, accesso illegale, bullismo, ostruzione alla giustizia e aggressione con percosse, tra altre accuse, nell’attacco contro Melgar da parte di commilitoni agenti speciali. (Doveva essere un’aggressione sessuale, ma ha determinato lo strangolamento e la morte del Berretto Verde). Un altro Navy SEAL e un Marine Raider accusati della morte di Melgar rischiano entrambi l’ergastolo.
Lo scorso luglio sono emerse notizie che non solo membri della Squadra 10 dei SEAL erano stati colti a usare cocaina, ma che commando avevano a lungo barato sulle analisi delle urine. Lo stesso mese, un intero plotone dei Navy SEAL, proveniente dalla Squadra 7 dei SEAL, era stato rimosso dall’Iraq dopo notizie di gravi cattive condotte, tra cui lo stupro di una militare aggregata all’unità. Contemporaneamente ci sono state voci riguardo a cattive condotte ancora più gravi riguardanti un altro distaccamento della Squadra 7 dei SEAL in Yemen. Nel settembre del 2019 capi veterani della Squadra 7 dei SEAL sono stati licenziati per mancanze di leadership che avevano determinato un crollo dell’ordine e della disciplina. Quello stesso mese una denuncia presentata all’ispettore generale del Dipartimento della Difesa ha accusato il comandante della Guerra Speciale Navale, contrammiraglio Collin Green, di “azioni sleali” “attuate in un tentativo di promuovere la sua reputazione e proteggere la sua carriera”. Un mese dopo, quattro membri del Comando della Guerra Speciale Navale sono stati arrestati a Okinawa su varie accuse relative a comportamento insubordinato. Resoconti di rampante uso di droga tra i SEAL sono emersi anche presso la corte marziale del SEAL Edward Gallagher che, in una causa da circo, è stato assolto da accuse di aver ucciso non combattenti in Iraq, ma condannato per aver posato per fotografie accanto al corpo di un adolescente che era accusato di aver assassinato. (Dopo che ufficiali della marina avevano cercato di punire Gallagher, potenzialmente spogliandolo della spilla del Tridente che significa appartenenza ai SEAL, il presidente Donald Trump è intervenuto ad annullare la decisione). E’ tutto questo ha fatto seguito a una serie di duri colpi alle truppe d’élite in anni recenti, comprese accuse di massacri, uccisioni ingiustificate, omicidi, violenze a prigionieri, stupri minorili, abusi sessuali di minori, mutilazioni e altri crimini, nonché traffico di droga e furti di proprietà governative da parte di Navy SEAL, Berretti Verdi dell’esercito, agenti speciali dell’aviazione e Marine Raiders. Nonostante questa impressionante storia di malefatte, la Revisione Complessiva del SOCOM è arrivata a una conclusione non sorprendente. Il gruppo di revisione (i cui membri erano quasi esclusivamente collegati alla comunità delle Operazioni Speciali) ha largamente assolto il comando e i suoi commando da responsabilità per gran parte di ogni cosa. Il gruppo ha affermato che gli agenti speciali erano stati solo coinvolti in “diversi” incidenti di cattiva condotta e comportamento non etico, invece di una lista della spesa di criminalità. La revisione è apparsa concludere che, invece di attività criminale, la maggiore mancanza del Comando Operazioni Speciali era in realtà la sua insistenza nel non fallire, quella che ha definito (11 volte in 69 pagine) una cultura concentrata sul “compimento della missione”. E il rapporto ha concluso alla fine che il SOCOM non aveva un “problema etico sistemico”. Con migliaia di commando operanti – con scarsa visibilità – i dozzine di paesi ogni giorno, meraviglia poco che la disciplina si sia erosa al punto in cui il commando non poteva né sorvolare interamente su di essa, né insabbiarla. “Sto creando una squadra di applicazione che darà seguito a questi risultati e raccomandazioni, valuterà i progressi e affinerà conseguentemente le nostre politiche”, ha annunciato Clarke dopo la diffusione della Revisione Complessiva. Ma un’organizzazione che produce un rapporto che evita il controllo esterno, si legge come un insabbiamento e nemmeno nomina tutti i paesi in cui opera può essere considerato onesto nei confronti del popolo statunitense? Il Comando Operazioni Speciali ha ancora un’occasione di, come promette il rapporto, “assicurare una responsabilità trasparente”. Se fanno su serio riguardo a tale controllo esterno, dovrebbero sentirsi liberi di contattarmi.
da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org
Fonte: https://consortiumnews.com/2020/03/20/us-commandos-deployed-to-141-countries/
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