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venerdì 24 aprile 2020 

 

No alla discriminazione anagrafica. L'appello di scrittori e artisti

 

Non ci sono inoltre motivazioni fondate per affermare che una persona di 70 anni in buona salute sia più a rischio di questo contagio di una persona di 50 anni, affetta da qualche patologia

 

Noi, scrittori, artisti, intellettuali, rappresentanti della cultura e tuttora operanti nel contesto sociale, esprimiamo con forza fin d’ora il nostro dissenso nei confronti dell’eventualità di una disposizione limitativa della libertà personale, che volesse mantenere una fascia di persone ancora attive, in buona salute e in grado di dare ulteriori preziosi apporti alla nostra società, in una segregazione sine die solo in base al dato anagrafico, dell’appartenenza cioè a una fascia di età dai 70 anni in su. Noi affermiamo con forza che questa discriminazione sarebbe incostituzionale, in quanto discriminerebbe una fascia di cittadini di serie B, privati della loro libertà con una imposizione del tutto ingiustificata. 

Quello dell’età anagrafica non è infatti un criterio che abbia un senso, tanto è vero che in tempi recenti era stata da qualche genetista avanzata la proposta di creare una carta di identità “biologica”, in quanto spesso l’età effettiva non corrisponde a quella riportata sui documenti. Non ci sono inoltre motivazioni fondate per affermare che una persona di 70 anni in buona salute sia più a rischio di questo contagio di una persona di 50 anni, affetta da qualche patologia. Questo contagio ha evidenziato che, prima dell’età - dentro e fuori le case di riposo -, hanno inciso in primo luogo le carenze di necessari presidi sanitari. Secondo alcuni studi, sarebbero più a rischio invece le persone comprese nella fascia di età fra i 50 e i 60 anni.

Questa discriminazione, se venisse imposta, con una forzata reclusione sine die, anche in vista di un possibile eccessivo calore dell’estate in una città come Milano, già provata, metterebbe invece ad effettivo rischio la nostra salute con il protrarsi di una condizione di vita innaturale e anti igienica, quando proprio nella cosiddetta terza età l’aria aperta, il contatto con la natura, la socialità sia pure controllata e il movimento fisico, sono essenziali. Chiuderci in casa vorrebbe dire, perciò, minacciare e non proteggere la nostra salute. Posta in condizioni che rappresenterebbero un delitto sociale da parte dello Stato. 
Il vero contagio, il più pericoloso virus diventerebbe questo, inoculato ogni giorno nei nostri cervelli e soprattutto in quelli dei giovani indotti a considerare gli anziani una sottocategoria, una merce avariata, perdendo così la considerazione e il rispetto nei loro confronti, il contatto con le loro radici da cui trarre un prezioso senso di continuità.  
Chiediamo quindi con forza che questa discriminazione inaccettabile non venga perseguita, salvaguardando la nostra salute e la nostra dignità, e con esse il bene della nostra società, alla quale abbiamo ancora molto da dare.

 

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