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22/03/2020

 

Sconcertante

di Alessandro De Angelis

 

La più grande limitazione della libertà nella storia della Repubblica affidata a un videoannuncio notturno, senza provvedimento e senza passaggio parlamentare. C'è una rottura istituzionale sullo stato di eccezione per cui sta diventando tutto lecito in nome di un doppio standard. Ma la democrazia vale sempre

 

Adesso si apprende che le misure straordinarie varranno solo da lunedì mattina e circolano varie bozze, ma nessuna definitiva. C’è, cioè, l’annuncio del coprifuoco, ma non ci sono gli orari, i luoghi in cui è totale o parziale, con tutta la confusione che, in queste ore è stata scatenata nel paese: operai, dipendenti pubblici, lavoratori che sgomenti attendono di capire se devono rimanere a casa o no.

Solo l’annuncio. La più grande limitazione della libertà nella storia della Repubblica, dettata dalla necessità, affidata a un video notturno di Conte su facebook, fatto precedere da un’ora di attesa, e su misure non ancora pronte. Non una disposizione chiara, ma un distillato di ansia collettiva, in questa modalità. Tappa finale di un disordine istituzionale che ha segnato questa crisi sin dall’inizio: la chiusura delle scuole affidata a uno spiffero, poi smentito, poi confermato, la “falla”, due settimane fa della bozza che chiudeva il Nord, seguita da una conferenza stampa alle due di notte, e così via, fino al video del premier sulla misura più estrema, non giustificato da nessuna “falla”, da nessuna urgenza se poi il provvedimento entra in vigore 48 ore dopo, ma solo – e questo è davvero drammatico – dall’esigenza di accaparrarsi le aperture dei giornali, per non lasciarle a Fontana o a Cirio, che avevano deciso, autonomamente, il lockdown nelle loro regioni.

Una strategia, che strategia non è, come non lo è varare misure necessarie con tre settimane di ritardo e a intermittenza. Uno stillicidio, moltiplica l’incertezza, in un momento in cui occorrono pochi ordini, ma forti e chiari. A maggior ragione perché il problema non è solo l’emergenza in sé, ma anche l’indeterminatezza temporale, che riguarda sia la sicurezza individuale sia il mondo produttivo. Niccolò Machiavelli, diceva che se devi fare una “crudeltà” bisogna farla tutta insieme e subito, è il bene che va distribuito un po’ alla volta. La dolorosa ma necessaria “crudeltà” di rinunciare alla libertà per arginare il contagio va somministrata tutta assieme, spiegata, appellandosi alla generosità e all’intelligenza degli italiani che non sono un popolo di buoi in attesa, davanti alla tv della prossima puntata del quiz notturno “ti levo la corsa o ti levo spesa?”.  

Ciò che può essere normale in tempi normali, su questo o quel provvedimento, diventa semplicemente sconcertante nell’ora più buia della Repubblica e su una materia così delicata. Ma rivela al tempo stesso l’essenza culturale con cui questa crisi è gestita a palazzo Chigi. Non l’ossessione di guidare una catena di comando certa, rispettosa di uno stile e di una prassi istituzionale, ma l’ossessione del Grande Fratello, per cui conta il format e più la situazione si avvolge su se stessa più si gioca con questo format, fino al punto in cui, come appare evidente, si smarrisce il rapporto col paese ed è il format a controllare te, e non viceversa. Il Grande Fratello appunto per cui, una volta che è stato bruciato il titolo di Fontana, chissenefrega dei contenuti.

Non è un problema di comunicazione, c’è una rottura istituzionale sullo stato di eccezione per cui sta diventando tutto lecito: l’annuncio, senza una conferenza stampa con qualche domanda, senza un coinvolgimento di tutte le forze politiche (le opposizioni avevano chiesto proprio queste misure due settimane fa), senza mettere in conto un passaggio parlamentare in una seduta straordinaria, come invece sta facendo Macron in Francia. La sensazione è che si sta producendo in Italia, almeno come tendenza del momento, un “esperimento” politico e sociale non irrilevante: la democrazia come regime di un Capo, chiamato a gestire l’emergenza, in un clima in chi critica il governo è un sabotatore della patria di fronte al numero crescente dei morti, mentre è legittima la propaganda da Grande Fratello.

È un crinale molto delicato, su cui nutrire preoccupazioni se non ci fosse la figura del presidente della Repubblica, e se questa figura non fosse Mattarella, che ha dato più volte prova di equilibrio, prudenza, determinazione. E che sicuramente sarà garante della necessaria determinazione nelle scelte, ma anche della tutela dell’equilibrio istituzionale, coniugando democrazia ed emergenza. Di strappi ne sono stati fatti abbastanza e solo a bocce ferme, vale a dire a emergenza superata, sarà possibile una valutazione sulla adeguatezza delle misure prese, a partire dal ricorso, per la limitazione delle libertà fondamentali, al decreto della presidenza del Consiglio, sottratto ad ogni controllo preventivo da parte dal capo dello Stato e del Parlamento. E senza neanche una condivisione politica anche con le opposizioni.

Domando, da uomo di sinistra, che ha criticato ferocemente Berlusconi sulla sua gestione del terremoto e votò no al referendum di Renzi: cosa si sarebbe detto se l’uno o l’altro avessero annunciato con un video queste misure? O se al posto di Borrelli quella inopportuna risatina l’avesse fatta Bertolaso? E una riflessione sulla democrazia autoritaria, fatta allora, non vale ora oppure dobbiamo rassegnarci al fatto che il virus ha infettato la democrazia? E se la prossima emergenza, un domani, sarà chiamato a gestirla Salvini, chi avrà l’autorevolezza per denunciare l’uomo solo al comando, dopo che ne sta avallando la logica? È un classico esempio di doppia morale e doppio standard, di cui fa parte la sottovalutazione quando si sta al governo. Non esiste un uomo al comando buono, perché ce n’è uno cattivo. Esiste la democrazia, che vale sempre.

 

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