Fonte: Pierluigi Fagan https://www.ariannaeditrice.it/articoli/ 06/05/2020
Conflitti ordinativi (o della scoliosi europea) di Pierluigi Fagan –
La sentenza di Karlsruhe è un doppio scricchiolio nella scombinata costruzione europea.
Il primo scricchiolio è che l’Unione e l’euro sono sistemi ordinati dal principio economico a cui segue il politico e solo di risulta un po’ di giuridico. La sentenza ricorda che in Germania l’ordinatore di sistema è giuridico, l’economico ne consegue, il politico si adegui. Il secondo scricchiolio deriva dal primo. L’Unione e l’euro sono sistemi che ruotano intorno ad un punto fisso che non può muoversi: la Germania. Ne consegue che la Germania è un punto fisso che non può muoversi al di là di quello che è scritto nella sua Legge Fondamentale che rappresenta il suo ordinatore primo che è giuridico. L’ordinatore cioè è ciò che ha l’ultima parola che ordina tutto il soprastante.
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Come di solito accade ormai da decenni quando si parla di questioni relative all’ UE ed euro, essendo questi sistemi di natura economica e poi politica, i commentatori sono di natura economica o politica. Forse oggi ci sarà anche qualche giurista. Ma per capire bene questa faccenda bisognerebbe convocare i grandi assenti dei dibattiti su Europa ed euro: gli storici. Gli storici solo hanno la visione di ciò che è stato che determina il ciò che è e sarà o se non lo determina fornisce comunque i limiti del possibile e del probabile. Non c’è alcuna forza onnipotente che può muoversi libera dalle condizioni storiche poiché queste forgiano ogni aspetto sia delle costruzioni impersonali istituzionali, sia delle menti umane che quelle costruzioni fanno e poi abitano. Gli storici, non importa di quale chiesa ideologica o metodologica siano, ricorderebbero che per la Germania, questa impostazione di nessuna flessibilità incardinata nell’inviolabile legge scritta, è data dal modo col quale i tedeschi hanno riparato il loro “Io storico” dopo la fine della Seconda guerra mondiale. I tedeschi si sono imposti un “Super-Io” giuridico che incardinasse in maniera inamovibile, il loro essere e fare, non lasciando alcuna discrezione all’interpretazione politica o economica, dato che la volta precedente (Costituzione di Weimar) era stata questa disinvoltura interpretativa ad aver lasciato spazio al “grande demone tedesco” che aveva poi travolto tutto e tutti. Ovviamente questo, unitamente alla grande massa che è la Germania ed al suo posto geografico e storico (ed economico), dava ai tedeschi la possibilità di dire a gli altri europei: “noi siamo qui, se volete avere a che fare con noi, ruotateci attorno, noi non possiamo muoverci”, posizione ovviamente comoda, si dirà. Indubbiamente comoda, ma anche dovuta, senza alternative, senza eccezioni poiché è l’impostazione che esclude in via di principio proprio lo stato d’eccezione (1922), croce e delizia della giurisprudenza germanica. La legge fondamentale tedesca non è chiamata “Costituzione” perché aveva statuto provvisorio quando è stata redatta nel ’49 e per non metterci le mani dentro (cosa che i tedeschi temono perché sanno che poi “non si sa come va a finire”, almeno su i punti fondamentali) la riunificazione è stata giuridicamente un semplice allargamento, una cooptazione dell’Est nell’Ovest (1990). Per altro, scritta sotto supervisione degli Alleati, non è mai stata votata dal popolo, sebbene il testo lo preveda. L’UE e l’euro come ogni costruzione in itinere (quindi ambigue), immerse in un mondo che cambia, dovrebbero essere flessibili ma la componente tedesca non lo è, né può esserlo per propria auto-fondazione giuridica. In fondo, non vuole neanche esserlo perché per lei questa posizione da Ulisse che si è legato da solo all’albero della propria nave, è molto conveniente anche in pratica. La costruzione europea di una complessità molto poco organica, è naturalmente soggetta a forti rischi di rottura in presenza di perturbazioni potenti provenienti dallo sviluppo della storia. Questa è anche l’ambiguità fondamentale di tutto il processo unionista che già provò a proporre fondazione giuridica di se stessa, fondazione bocciata da Olanda e Francia (15 ratifiche completate, 3 non completate tra cui Germania, 2 non ratifiche, 7 processi di ratifica sospesi). Il parlamento tedesco la approvò con larghissima maggioranza ma il Presidente non la firmò aspettando Karlsruhe che quasi sicuramente non l’avrebbe approvata. Il NO franco-olandese tolse le castagne dal fuoco. Da allora, la scombinata costruzione europea è una rete di Trattati che non hanno alcun ultimo potere giuridico rispetto alle Costituzioni (o almeno così dovrebbe essere, in Germania lo è). Tali costruzioni raffazzonate rimangono in vita in tempi normali poiché non si producono grosse e decisive contraddizioni, ma producono sinistri scricchiolii quando sono attraversate dagli eventi dei tempi non normali, pongono cioè l’imbarazzante principio di non contraddizione “o … o” dato da una singola vertebra che non si vuol muovere assieme alle altre. Non aver voluto fare i conti con la storia è comprensibile, ma la storia è un fenomeno impersonale il cui governo va oltre le nostre possibilità di gestione, almeno in certi momenti. Oggi è uno di quei momenti. Siccome ci sono forti interessi in gioco, ovviamente la sentenza verrà gestita sommando ambiguità ad ambiguità già stratificate nella costruzione europea, si guadagnerà tempo. Certo è però che il rischio l’anello più debole della costruzione europea, oggi l’Italia, debba assorbire l’intera somma di queste contraddizioni ed ambiguità per farvi fronte, è molto alto. Le assorbirà? A che prezzo? [Il post dà per scontato che i lettori sappiano quali siano le ricadute monetarie-economiche della sentenza che oggi saranno ampiamente illustrate da altri e dalla stampa]
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