Fonte: Ereticamente

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10/05/2020

 

Diceria dell’Untore

di Roberto Pecchioli

 

Distanziamento sociale, distanziamento dalla comunita’
In tempo di menzogna universale, la verità è un atto rivoluzionario. Non si finisce di citare Orwell in epoca di post-verità, cioè autentica menzogna. Meraviglia molto che la maggioranza, persuasa di essere istruita, riflessiva, intelligente e smagata se le beva tutte. Certo, il potere vigila instancabile, ripete ogni giorno settanta volte sette ciò che è ufficialmente verità, ma proprio questa coazione a ripetere, il carico ossessivo di parole e immagini tutti identiche dovrebbe insospettire. Più ancora al tempo di #iorestoacasa, del distanziamento sociale, condizioni che sembrerebbero favorire la riflessione. Non è così. Domina la paura, accuratamente preparata, diffusa, cavalcata. Comandano gli “esperti”, ciascuno dei quali ritaglia il suo quarto d’ora di celebrità alla Andy Warhol e afferma con baldanzosa sicurezza l’esatto contrario del collega ascoltato dieci minuti prima. Nell’infelice 2020, pervaso dal virus del millennio, il Covid19 diffuso da pipistrelli dispettosi (chi non ci crede è un complottista e un pazzo…) l’intero reggimento degli esperti – scienziati, virologi, chimici e ogni altra categoria avvezza al microscopio, mentre il potere ripete come un mantra il contrario della verità (andrà tutto bene), alimenta l’attesa messianica del Salvatore. No, non si tratta di Gesù. Nulla di mistico o di trascendente è ammesso nella repubblica Universale della Scienza e della Tecnica. Si tratta del vaccino, Sua Maestà il Vaccino che ci libererà dal contagio. Del resto, la società aperta è quella della liberazione. Da Dio, dai padri, della famiglia, dalla patria, dai principi ricevuti, dall’etica, dalle costrizioni della natura. Da tutto. Emancipati ed immuni da ogni idea comune, ci ha fregato un esserino invisibile, il Virus. Non importa, la Scienza e la Tecnica provvederanno. Non esiste dubbio, nessuno ne parla al condizionale. Non diciamo “se” ci sarà il vaccino”, ma “quando”. Presto, vedrete, molto presto. Dovremo stare in guardia, però: distanziarci, vivere in solitudine, abituarci a relazioni virtuali, dimenticare i bei tempi in cui l’uomo era un animale sociale e politico. Telelavoro, tele scuola, domotica, Internet delle Cose: salveremo la pellaccia, che importa del resto?
Chi non ci sta non ha capito nulla delle magnifiche sorti e progressive dell’umana gente. Più probabilmente è in malafede, vede il marcio dove c’è la benefica azione dei Superiori che lavorano per noi. Stupisce assai che in democrazia – dicono si chiami così, potere del popolo, il regime in cui viviamo –in cui tutti hanno diritto di parola, di libera associazione e di diffondere idee e opinioni, sia tanto accanita la caccia ai dissidenti. Se aprono bocca, sono accusati di complottismo, ignoranza, populismo, diffusione di bugie. Hanno anche tratto dal vocabolario della lingua franca, il globish, l’inglese globalista, il concetto di fake news, la falsa notizia. Falsa in quanto non approvata da lorsignori. Ricordate la stampa religiosa? Può essere diffusa solo con l’autorizzazione della chiesa. Il sigillo è una parola latina, un imperativo che sa di generosa concessione: imprimatur, si stampi! L’imprimatur postmoderno non è a carico dei preti, ma di un clero antico, i funzionari del potere nell’educazione, nell’informazione, nell’intrattenimento. Imprimatur: la verità, la “pravda” certificata dal Potere, dai padroni universali. Ma se i complottisti, i dissidenti, gli ignoranti, i cattivi insomma, dicono solo sciocchezze, perché non lasciarli dire? Si squalificheranno da soli, saranno il tempo e la realtà a fare giustizia sino a renderli ridicoli. Dovranno tacere per assenza di pubblico. Se hanno torto, fastidiose zanzare dall’inutile ronzio, perché li perseguitate? Perché nominate commissioni per bloccarli, promulgate leggi liberticide, chiudete siti Internet, cancellate voci libere sui nuovi media, inventate titoli di reato legati al pensiero, voi che siete il fiore della società aperta, voi paladini della democrazia? Forse non è così sbandata la banda di Cattivik, forse avete paura di qualche verità, di altarini scoperti, pensieri non conformi. Eppure non dovrebbero esserci “pensieri non conformi” in regimi di libertà, solo idee sulle quali dibattere. Se siamo una banda di squinternati, perché non ci lasciate liberi? Mettiamola così: come Aldo Palazzeschi, in fondo vogliamo solo divertirci. Che male facciamo, a voi padroni di tutto, che controllate tutto, sapete ogni cosa? Il re, scriveva Shakespeare nell’Enrico V, “prende nota di tutte le intenzioni con mezzi che nemmeno immaginate”. All’epoca era la delazione, oggi si tratta dell’apparato di sorveglianza elettronica più grande della storia. Ma “il poeta si diverte, pazzamente, smisuratamente. Bubububu, fufufufu, Friu!Friu! Ma se d’un qualunque nesso son prive, perché le scrive quel fesso? (…). Lasciate pure che si sbizzarrisca, anzi è bene che non la finisca.Il divertimento gli costerà caro:gli daranno del somaro.” Il poeta futurista terminava con uno sberleffo e una verità triste: “i tempi sono molto cambiati, Gli uomini non dimandano più nulla dai poeti, E lasciatemi divertire!”. Prendiamolo come un divertissement rischioso, fare “reinformazione”, ovvero indirizzare su binari diversi l’informazione.
Vogliamo chiamarla “diceria dell’untore”, un titolo pretenzioso per una serie di interventi che guardano la realtà da un diverso punto di vista. Diceria dell’untore è uno splendido romanzo, l’opera di un grande scrittore siciliano, coltissimo e appartato- tutta la vita nella natia Comiso- Gesualdo Bufalino. Scritto in prosa alta e tersa, narra la storia del complesso ritorno alla vita del giovane protagonista che sta superando un contagio – la tubercolosi- in un ospedale, la Rocca, che diventa universo, palestra, metafora dell’esistenza, come la Montagna Incantata di Mann. E’ un po’ untore, in quanto ammalato in via di guarigione e i racconti, le storie e le esperienze sono, appunto, “dicerie”, narrazioni. La nostra diceria è la reinformazione; vasto programma, avrebbe risposto De Gaulle al giovane che gli chiedeva di mandare a morte i cretini. Ma accettiamo su di noi la “diceria” di complottisti e, se piace al potere, anche quella di cretini. Ci basta dire la nostra. Un personaggio della Diceria di Bufalino è il Gran Magro, il direttore della clinica, un anziano, scorbutico nobiluomo che crede in Dio perché “di unagran colpa, deve esserci un grande colpevole”. E’ la nostra tesi, non rispetto al creatore, ma di fronte al potere, che ha, nei nostri confronti, colpe terribili. Cerchiamo di rivelarne alcune, nella certezza che i padroni universali possono farci credere tutto o quasi, ma, come il re della fiaba, restano nudi. In tempo di virus, quando il Potere ha svelato la sua faccia peggiore, vale più che mai l’aforisma di Lord Acton, il politico cattolico inglese di nascita napoletana: il potere corrompe e il potere assoluto corrompe assolutamente. Non vi è dubbio che nella fase presente, viviamo sotto un regime assoluto, che decide e legifera per decreti amministrativi. La libertà è sospesa, più e prima della procedura democratica. Lo stesso Acton, simbolo di un liberalismo etico tramontato da tempo, scrisse: “La prova più sicura per giudicare se un paese è davvero libero è il grado di sicurezza goduto dalle minoranze.” Se sostituiamo la parola minoranza con quella di oppositore, o dissidente, corre un brivido lungo la schiena.
La prima diceria dell’untore riguarda il concetto di distanziamento sociale. Non ci interessa qui riflettere sulla violenza esercitata sulla natura di “animale politico” dell’uomo, né esprimerci sul rischio che la distanza divenga la normalità in una società che rinnega se stessa. Lo faremo, è l’appuntamento per un’altra “diceria”. Ci preme sottolineare l’intuizione di un’amica: esiste il rischio che, soggettivamente e come comunità, ci stiamo distanziando dal cervello, ovvero dalla retta ragione. Il Covid19 ci fa regredire a puro istinto. Accettiamo tutto senza fiatare e senza riflettere, in nome dell’istinto di sopravvivenza individuale. Ha lavorato il Potere al tempo del contagio! Osserviamo dal balcone la coda del supermercato, quella della farmacia, del ferramenta e del fornaio. Decine e decine di atomi silenziosi a rispettosa distanza (un metro, signora, potrebbe contagiarmi), con mascherine variopinte. Turba non solo il silenzio, ma la rassegnazione, il fatalismo e la latente ostilità nei confronti dell’altro, che spesso è un vicino, un conoscente, un amico, perfino un parente. No, oggi è l’Altro, il possibile untore da distanziare, a cui chiedere conto del perché è lì, eventualmente denunciare. Il distanziamento sociale diventa disconnessione dall’intelletto, dall’anima razionale e comunitaria. Il Sé diventa un semplice fatto biologico. Preoccupa l’ossimoro che sperimentiamo: una società sociopatica malata di agorafobia, in attesa di ordini superiori: fase uno, fase due. Il distanziamento dal cervello parte dai “superiori”, i governanti chiamati l’emergenza a gestire in conto terzi, il Potere oligarchico sovrastante. Tra le esigenze primarie vi sono i bisogni del cane, ma non la Messa. Se ne sono accorti perfino i vescovi. Addirittura grottesca è l’apertura alle visite ai familiari. La suocera o il cugino di secondo grado possono essere incontrati o no? E poi, chi è famiglia nella società liquida che ha abolito i legami naturali? Ilgoverno, da consumato baro, tira fuori l’asso nella manica e chiarisce: possono ricongiungersi, previa autocertificazione (comandano loro, giudicano e decidono loro) i titolari di “legami stabili”. Chi giudica la stabilità, chi conosce l’intensità di un legame, di sangue o di elezione, nella società gassosa? Si rivoltano gli omosessuali e non hanno tutti i torti: se per me, sesso a parte, fosse più importante rivedere, comunicare con un caro amico, o avessi un profondo bisogno di rivedere un luogo?
Spaventa l’aria di gregge in attesa paziente della pastura e dell’apertura dello stabbio dei concittadini in fila, la tristezza muta, volti ed espressioni nascosti dalla mascherina, le poche mani strette nel saluto invisibili sotto i guanti. Turba l’incredibile incapacità decisionale del potere politico. Nominano eserciti di “esperti” per qualsiasi cosa, si nascondono dietro i pareri, spesso difformi, dei nuovi sapienti, gli stregoni del virus. Gli stessi “esperti” nominati dal governo, le task force più virali del virus, esitano a loro volta. Vanno capiti: non sanno, suppongono, ipotizzano, dunque producono decisioni di basso profilo. Hanno una paura totale del dopo, quando riprenderà il potere formidabile della magistratura inquirente. Nell’era della sorveglianza, un governo che ci trascina in catene se osiamo dubitare della sua democrazia, ha deciso che nei nostri telefoni siano introdotti i Trojan, gli spioni elettronici. Basta con la notitiacriminis, è il tempo della ricerca criminis ad personam. Non deve essere facileprendere decisioni in questo clima. La gente comune, bloccata dalla paura, non osa eccepire. Al trattamento zootecnico che subisce da due mesi non reagiscono gli stessi pronti a rivendicare ogni sorta di diritti, a fare scenate o liti da pollaio in ogni riunione, discussione o assemblea. Si è portati a ringraziare il potere, che ci conosce assai bene e ci fa fare ciò che gli aggrada. Diverte l’ira episcopale contro il divieto di culto. Che cosa vi aspettavate, buoni padri? Quanto ai funerali, si potranno celebrare frettolosamente, con quindici partecipanti. Il sedicesimo contagia. Nessun problema per chi ha festeggiato il 25 aprile; ha fatto benissimo, è la loro Italia, sapevano che nessuno avrebbe fiatato, per le bande di giovinastri, eccetera eccetera. Divieti e confinamento valgono per la gente normale, terrorizzata e ridotta a gregge mansueto desideroso dell’ovile, grata al cane e al pastore.
Non è strano che in questi mesi bui e bastardi si sia levata solo la voce di alcuni filosofi, la categoria più inutile della terra, secondo il pensiero strumentale. Alcuni non hanno distanziato e disconnesso il cervello. A loro è andata l’indignazione dei piani alti, del clero accademico e mediatico e la sovrana indifferenza popolare. In fila, troppo occupata a sorvegliare le distanze, la massa ha disconnesso senza problemi, in tempo reale, il pensiero critico, il pensiero tout court, presa dall’istinto di conservazione. Nessun interesse per Giorgio Agamben che chiede di differenziare bios, la vita vera fatta di corpo e intelletto, da zòe, il mero fatto di respirare. Ancor meno valgono le riflessioni di Paolo Becchi, filosofo del diritto di lungo corso. Serve a qualcuno ricordare che Tucidide, padre della storia e testimone della peste di Atene, ci ha impartito dal fondo dei secoli la lezione per cui più che la peste in sé, a distruggere la città, più che la peste in sé, fu la paura? Gli uomini “sopraffatti dalla disgrazia e non sapendo quale sarebbe stata la loro sorte, cadevano nell’ incuria del santo e del divino. Tutte le consuetudini che prima si seguivano nel celebrare gli uffici funebri furono sconvolte. Anche in altri ambiti il morbo dette inizio, in città, a numerose infrazioni della legge”.
Lo scoraggiamento, il panico, portò a trascurare una sepoltura dignitosa ai morti e dimenticare le leggi e i costumi che avevano tenuto uniti i cittadini. Giambattista Vico nella Scienza Nuova scopre che l’origine della civilizzazione è la paura di un evento naturale, il tuono. Il fatto che gli uomini sentano un pericolo comune induce a superarlo insieme: nessun distanziamento. Dopo il Vico, Montesquieu spiegò che l’uomo incivilito teme la tirannia. La risposta fu la divisione dei poteri, divenuta principio fondamentale degli Stati moderni. Dunque, non distanziamoci gli uni dagli altri, connettiamoci all’intelletto e prendiamo atto che ci stanno vittoriosamente trascinando in una tirannia. Attorniati da cosiddetti esperti, gente convinta di sapere tutto, armata di superbia ed arroganza, convinta di poter dettare legge, estendono l’abuso di potere attraverso il panico popolare che ci fa regredire allo stadio primordiale, o, come avrebbe detto Levi-Bruhl, prelogico.Tra ordinanze, atti amministrativi che inchiodano più di sentenze di una corte suprema, forse ci permetteranno di passare dallo stato di schiavi volontari agli arresti domiciliari (qualcuno ricorda La Boétie?) a popolo in libertà parziale e vigilata. Dobbiamo perfino ringraziare, come Giandomenico Fracchia, il personaggio di Paolo Villaggio, il poveruomo sottomesso, pronto a dire al suo persecutore “come è buono lei!”. I nuovi tiranni al governo per conto delle oligarchie, contornati da nugoli di “esperti “prezzolati, sono gli unici a sapere che cosa è bene per noi. La nostra civiltà è nata in Grecia: laggiù, in secoli straordinari, è stato detto e pensato tutto ciò che costituisce la civiltà straordinaria di cui siamo figli degeneri. Tucidide aveva ragione: la partita si gioca sulla paura. Un eccesso di temerità può far perdere la vita a qualcuno, ma la paura che ci hanno instillato come un veleno sottile ci sta facendo perdere la libertà elementare di uscire di casa e incontrare qualcuno, discutere, litigare, confrontarci,senza “distanziamento”. Interessa a qualcuno, o è solo una diceria dell’untore?

 

Bill 1°, re del mondo, imperatore dell’OMS

Non vi è nulla di più monarchico del denaro. Permette di compare sudditi, gratifica i più fedeli di privilegi e titoli nobiliari, permette di guardare tutti dall’alto e può essere trasmesso agli eredi. Ci sono molto principi dell’oro: alcune dinastie sono al potere- riservatamente, discretamente, eppure in maniera ferrea- da alcuni secoli. Parliamo dei Rothschild, dei Warburg, dei Rockefeller e di pochi altri. Alcuni siedono direttamente sul trono, non soltanto in Arabia e nei sultanati del petrolio. Le famiglie reali d’Olanda e Inghilterra sono tra i super ricchi del pianeta. Alcuni nuovi ricchi- Zuckerberg, Jeff Bezos- hanno presto imparato la lezione e usano spregiudicatamente il potere monarchico conferito dal denaro.  Qualcun altro, come George Soros, ritaglia per sé il ruolo di Grande Vecchio, burattinaio globale della Società Aperta, attraverso le sue ONG volte al mondialismo, all’immigrazione, alla legalizzazione della droga.

Ma il re del mondo, lo abbiamo imparato in questi mesi, è William Henry Gates III, il fondatore di Microsoft, inventore del sistema Windows attraverso cui operano un miliardo e

 

mezzo di computer sull’intero pianeta, meglio conosciuto come Bill Gates, nato a Seattle il 28 ottobre 1955, “imprenditore, programmatore, informatico e filantropo statunitense”, secondo Wikipedia, l’enciclopedia globale, digitale e politicamente corretta.  Premesso che chi scrive ribolle di collera alla parola “filantropo”, Gates è davvero re del mondo e imperatore della sanità. E’ Bill I, il Fondatore, poco importa se è l’uomo più ricco del mondo o se fa soltanto parte della crème dei super ricchi, dall’alto di un patrimonio di almeno 50 miliardi di dollari, spicciolo più, spicciolo meno. A proposito: lor signori, in questi mesi di crisi sanitaria, economica e finanziaria, sono diventati ancora più ricchi. Nelle ultime settimane, secondo il prestigioso Institute for Policy Studies, tre sole persone, Jeff Bezos di Amazon, Warren Buffett lo speculatore e Bill Gates hanno raggiunto il ragguardevole primato di possedere la stessa ricchezza della metà più povera delle famiglie americane.

Leggeremo poco di questi fatti sulla stampa ed ancor meno ascolteremo notizie sulle grandi catene televisive. Bezos, tra le altre cose, è proprietario del Washington Post, mentre Bill I è un generoso “donatore” – philantropie, come noblesse, oblige- di organi mainstream come l’inglese Guardian, a cui, secondo il sito Mint Press, ha graziosamente offerto più di 9 milioni di dollari. Altri 3 sono andati alla catena televisiva NBC Universal, 4,5 a NPR, National Public Radio, una rete di novecento emittenti radiofoniche americane qualificate “indipendenti”. Un milioncino è toccato agli arabi di Al Jazeera; astronomica la somma dispensata al programma finanziario della BBC Media Action: 49 milioni. Il re del mondo ci tiene a che si parli bene di lui: perciò non bada a spese, approfittando del fatto che i titoli informatici e quelli legati al mondo dei vaccini sono in impetuoso rialzo. Sono le attività riunte nella sua augusta persona. Il caso più eclatante è quello di Novavax, un piccolo laboratorio del Michigan specializzato in vaccini che ha annunciato il tentativo di sviluppare un vaccino contro il Covid19. In due giorni, la sua capitalizzazione ha raggiunto 600 milioni di dollari. L’azienda americana è uno dei vassalli dell’Impero di Bill I, che vi ha generosamente investito denaro della fondazione intitolata a se stesso e alla regina moglie, Melinda Gates. Pare davvero che il Re sia ossessionato dalla salute dei suoi sudditi, che vuole proteggere attraverso vasti programmi di vaccinazione collettiva ed obbligatoria, accompagnati dalla “tracciatura” delle masse umane sulle quali regna.

 

Per farcela, si è innanzitutto assicurato il controllo di una delle più influenti istituzioni mondialiste, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Pochi sanno che l’OMS, diretta da un politico africano marxista di lungo corso, implicato in massacri e guerre civili, Tedros Adhanom Gebreyesus, scelto soprattutto per il colore della pelle, è sostanzialmente una proprietà privata di Bill Gates. Egli, attraverso la Fondazione e la sua ONG Gavi, è il primo contribuente al bilancio totale. Le donazioni volontarie, informa il British Medical Journal, tra le quali prevalgono quelle del Re del Mondo, costituiscono l’87 per cento del bilancio dell’Oms, e sono in larga misura vincolate a programmi di vaccinazione. Inutile ricordare che chi paga i suonatori decide la musica; superfluo altresì rammentare che non pochi vaccini imposti dall’OMS per volontà di Bill I hanno prodotto gravi problemi, tanto che le sue fondazioni sono sotto inchiesta in India. Gli esperimenti avvengono in corpore vili, nei paesi più poveri del mondo. Di recente, Bill Gates ha annunciato di volersi impegnare ancor più nella ricerca su ben sette vaccini. Il Coronavirus è un gran bell’affare. Il principio è la strategia dello choc enunciata da Naomi Klein: paura generalizzata, crollo delle piccole e medie imprese, confinamento. Risultato: una immensa recessione mondiale unita alla paura fisica. Fertile terreno per gli interessi dell’uomo che controlla i nostri computer. Quello che interessa i mondialisti è l’omogeneizzazione dei comportamenti, ovvero la loro militarizzazione, “la capacità di far agire una folla come un sol uomo, il vertice dell’arte politica, attraverso metodi di condizionamento, cioè di addestramento comportamentale, tipo cane di Pavlov “. (<strategika.fr>). Bill Gates è diventato uno dei massimi leader d’opinione mondiali. Il suo pensiero è stato diffuso il 19 marzo scorso sul suo blog. Quattro erano le affermazioni esposte: la soluzione al virus passa necessariamente per un vaccino; quel vaccino dovrà essere accoppiato a un certificato digitale attestante chi è vaccinato e chi non lo è; in attesa di trovare il Santo Graal, bisogna restare a casa e mantenere il distanziamento sociale; tale attitudine non può e non deve essere estesa ai comportamenti politici degli Stati. Secondo l’imperatore, la risposta deve essere infatti più globalismo, più governo mondiale, più “società aperta”. A vantaggio di chi, ce lo raccontano ogni giorno i bollettini di Borsa. Dall’alto del suo potere, ottenuto dispensando denaro, Bill I finge di commettere un errore logico, per instillare nell’opinione pubblica- manipolata e terrorizzata – il convincimento che la pandemia è la conseguenza di un deficit di mondializzazione. Sconcertante.

 

Detto e fatto: Ursula Von derLeyen, la sturmtruppen tedesca della Commissione Ue, si è affrettata a dichiarare che “il ritorno alle frontiere nazionali costituisce una minaccia per la vita e la salute dei cittadini dell’Unione, poiché verrebbe perturbata la catena di approvvigionamento. Il mercato deve rimanere fluido”. Tutti a casa, insomma, fuorché le loro maestà, le merci e i capitali. Lo sbocco della crisi è quello che interessa il Re: vaccinazione di massa e sorveglianza elettronica. Nulla importa che in varie parti del mondo stiano emergendo terapie di varia natura a costi più bassi e, ovviamente, senza l’invasività vaccinale. Bill I, il pompiere piromane, ha deciso diversamente. Chi ha in mano il sistema, crea un problema o permette che si aggravi, per imporre la sua soluzione. Nel mondo dell’informatica, non è un segreto che virus e antivirus siano concepiti dagli stessi gruppi di ricerca. Il biopotere, di cui Bill Gates è maestro, ha bisogno di uno stato di alterazione temporanea del giudizio, di una suggestione indotta e moltiplicata dalla paura e dalla stessa cattività imposta. E’ l’istinto del gregge. Il biopotere vuole il Grande Confinamento. Per questo ha predisposto, attraverso la tecnologia informatica e di sorveglianza, una grande prigione a cielo aperto. Miliardi di individui isolati, tutti sotto l’occhio del potere e della sua tecnologia di controllo. Verifichiamo, da parte del biopotere, la destabilizzazione dei ritmi biologici e delle costanti antropologiche, con l’obiettivo di cambiare profondamente il destino della nostra specie. Giocano con i nostri nervi e la nostra salute.

 

Nel caso di Bill Gates poco importa indagare se nelle sue azioni abbia un ruolo il delirio di onnipotenza o il desiderio patologico di passare alla storia; non si deve neppure immaginare una soluzione al Covid 19 diversa dalla vaccinazione universale. Sbaglieremmo se pensassimo che il movente sia il denaro. E’ già sin troppo ricco, e l’alleanza con i vertici della finanza creatori del denaro fa sì che il denaro sia non un dettaglio, ma solo uno strumento. Importa il dominio, il potere. Un mezzo privilegiato è la vaccinazione obbligatoria di massa, magari unita alla soppressione del denaro “fisico”, accusato di essere un veicolo di trasmissione di virus. Infine, il colpo da maestro, il delitto perfetto: l’introduzione nel corpo umano di componenti chimici ed elettronici che permettono la tracciabilità e l’identificazione numerica degli individui, come e meglio dell’allevamento animale. Probabilmente, non si tratterà, a lungo termine, della “pulce “a radiofrequenza RFID, ma di oggetti ancora più minuscoli e di “tatuaggi” a punti quantici. Per questo parliamo di una monarchia tirannica il cui simbolo è Bill Gates, geniale tecnologo che conosce meglio di ogni altro le possibilità dell’informatica, unita alla cibernetica e alla chimica. Bill I è ai vertici di un programma di identificazione numerica generalizzata, il cui nome è ID2020. La crisi presente si sviluppa nell’ambito di un confronto sempre più aspro tra Cina e Usa per la supremazia elettronica. Il governo cinese sta cercando di sostituire Windows, la creatura di Microsoft, con un sistema proprio. Se l’operazione riuscisse, vista la potenza crescente del Dragone, Microsoft sarebbe morta, i sistemi occidentali non potrebbero più spiare il mondo. In Asia non sono certo migliori: la sorveglianza elettronica di massa è già una realtà, ad esempio con il sistema di credito sociale a riconoscimento facciale. Nessuna “diceria dell’untore”: il Rubicone digitale è stato oltrepassato e il programma vaccinale di Bill Gates è una delle tappe fondamentali. Bill I ha parlato chiaro: non ci saranno più raduni di massa senza un vaccino mondiale. Parole di Re o di tiranno. ID2020 annuncia il progetto di “esplorazione di molteplici tecnologie biometriche d’identificazione dei neonati”, basata sulla vaccinazione e sull’” esclusivo utilizzo dei mezzi più efficaci”. Il mezzo essenziale è un tatuaggio di alta tecnologia, realizzato con il MIT di Boston, in grado di immagazzinare dati in un colorante invisibile sottocutaneo. E’ la realizzazione del marchio della Bestia di cui parla l’Apocalisse, amministrato da Gavi, la ONG “sanitaria” di Bill Gates. La rivista scientifica del MIT (Massachusetts Institute of Technology) ne ha così spiegato il funzionamento: “I ricercatori hanno dimostrato che il nuovo colorante, composto da nanocristalli chiamati punti quantici, emette una luce simile agli infrarossi che può essere rilevata da uno smartphone specificamente equipaggiato”.

 

Una delle prime utilizzazioni su grande scala potrebbe portare essere l’abolizione del denaro contante. Per paura del coronavirus, stiamo imparando a usare e gettare una serie di prodotti monouso: perché non abbandonare l’abitudine a banconote e monete? Per alcuni analisti geopolitici, la crisi del Coronavirus e la conseguente depressione economica è utilizzata come copertura per l’avvento di un nuovo sistema finanziario digitale, con

la messa in opera di una “nanopulce” obbligatoria unita a un vaccino che crea un’identità numerica completa e individualizzata. Deliri? Temiamo di no. Non crediamo ai filantropi, tanto meno quando sono animati, come Bill Gates, da un inquietante messianismo. L’esito, al di là della terapia antivirus, potrebbe essere il collegamento all’intelligenza artificiale, con un’umanità sorvegliata a tempo pieno. Una distopia destinata ad avverarsi. Nell’intervista dianzi citata, Bill I ha francamente ammesso (o disposto?) che le attività indispensabili, come la scuola, possono essere organizzate “da remoto”, mentre quelle che richiedono riunioni di massa “possono essere, in un certo senso, opzionali. Dunque, sinché non sarete vaccinati, potrebbero non ritornare affatto.” Padrone, oltreché del sistema operativo che usiamo e dell’OMS, anche del nostro corpo, sino a decidere gli spostamenti e le attività consentite e proibite. Carota e bastone, come molti tiranni: il re del mondo dice chiaramente che certi “raduni di massa” saranno considerati atti di disobbedienza civile, beninteso, se non accettassimo la vaccinazione. La “riunione di massa” è una costante della vita degli uomini, tanto più nelle società contemporanee, un bisogno della nostra specie. Nessuno vorrà privarsi dell’intrattenimento, dello sport e dello spettacolo, dunque faremo la coda- disciplinati e mansueti come pecore matte – per ottenere da Microsoft il “tatuaggio quantico”, un nome gradevole, tecnologico e progressista. Ci marchieranno con un identificante invisibile mentre ci vaccineranno contro qualcosa, qualunque cosa faccia abbastanza paura.

 

Intanto, nonostante i significativi successi di diverse terapie alternative, Bill Gates, Big Pharma e il potentissimo apparato tecnoindustriale indicano come unica rotta planetaria, la corsa verso un vaccino anti Covid 19 realizzato e prodotto in gran fretta, di cui non si conoscono gli effetti collaterali, la vera composizione e che farà da battistrada alle nanotecnologie di identificazione. Non aspettiamoci che i ricchi si mettano in coda per essere i primi a beneficiarne. La statistica di una rivista medica statunitense, l’American Journal of Public Health, in California, epicentro della ricerca biometrica e sede dei giganti di Silicon Valley, ha constatato che le richieste di esenzione dalle vaccinazioni è doppia nelle scuole private delle classi superiori. Pare che valvassori e valvassini del re del mondo preferiscano lasciare a noi, popolo e plebe, il vaccino “identitario” che unirà tutte le razze e le istituzioni sotto lo stesso tetto mondialista. Loro continueranno a vivere in quartieri esclusivi, chiusi in un confinamento di filo spinato, guardie armate e distanziamento sociale dalla massa. Bill Gates- questa è un’altra pessima notizia- ha avuto un lungo colloquio con Giuseppe Conte, dunque l’Italia fa parte dei suoi progetti e del suo impero. L’untore ha finito la “diceria”; chiunque può informarsi e rendersi conto che il catalogo è questo, il menu unico e obbligatorio preparato dal potere e diretto – niente affatto segretamente- da Bill I Re del mondo e da una formidabile struttura tecnoscientifica e finanziaria dotata di mezzi immensi. Se ci piace, accomodiamoci pure. Altrimenti, almeno non voltiamoci dall’altra parte, non ci balocchiamo in dispute anacronistiche tra guelfi e ghibellini, non fingiamo di non sapere.

Roberto Pecchioli

 

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