Originale: Open Democracy

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25 febbraio 2020

 

Internazionalismo o estinzione

di Noam Chomsky

Traduzione di Giuseppe Volpe

 

Nel suo nuovo libro Noam Chomsky tratteggia la dualità delle minacce esistenziali derivanti dalle armi nucleari e dal cambiamento climatico. Sostiene l’urgenza di accordi internazionali sul clima e sulle armi e mostra come movimenti popolari globali si stiano mobilitando per costringere governi ad affrontare questa sfida senza precedenti alla sopravvivenza della civiltà.

EDITORI: Come pensi che l’incombente minaccia di estinzione debba influenzare la sinistra e la sua visione e strategia di attivismo?

NOAM: L’urgenza dell’”estinzione incombente” non può essere trascurata. Dovrebbe essere un costante centro di attenzione di programmi di istruzione, organizzazione e attivismo e lo sfondo di impegni in tutte le altre lotte. Ma non può allontanare queste altre preoccupazioni, in parte a causa del significato cruciale di molte altre lotte e anche in parte perché i problemi esistenziali non possono essere affrontati efficacemente se non esistono una consapevolezza e una comprensione generali della loro urgenza.

Tale consapevolezza e comprensione presuppone una sensibilità molto più vasta nei confronti delle tribolazioni e delle ingiustizie che infestano in mondo, una coscienza più profonda che possa ispirare attivismo e dedizione, una profonda penetrazione delle loro radici e collegamenti. Non ha senso sollecitare militanza quando la popolazione non è pronta per essa, e tale prontezza va creata con un lavoro paziente. Ciò può essere frustrante quando consideriamo l’urgenza delle minacce esistenziali, che è molto reale. Ma, frustranti o no, questi stadi preliminari non possono essere saltati.

EDITORI: Pensi che i movimenti dovrebbero concentrarsi specificamente sull’estinzione, come sta facendo Extinction Rebellion nel Regno Unito?

NOAM: Il movimento britannico Extinction Rebellion ha obiettivi lodevoli. Negli Stati Uniti il movimento di base Earth Strike sta programmando azioni, tra cui uno “Sciopero Generale per Salvare il Pianeta”. Anche altre organizzazioni stanno sviluppando piani. Questi sono tutte iniziative valide, che meritano un forte sostegno. Inevitabilmente il loro successo dipenderà dall’aumento generale della coscienza. Non possiamo ignorare le realtà del mondo in cui viviamo, un mondo nel quale, ad esempio, metà dei Repubblicani, secondo sondaggi recenti, nega persino che il riscaldamento globale stia avendo luogo e il resto, una scarsa maggioranza, ritiene che gli umani abbiano una certa responsabilità per esso.

Secondo sondaggi del 2018 solo il 25 per cento dei Repubblicani “ritiene che il riscaldamento globale dovrebbe essere una priorità elevata o elevatissima per il presidente e il Congresso”, un mondo un cui notizie regolari sulla stampa liberale circa l’espansione della produzione di combustibili fossili plaudono al nostro conseguimento del primo posto, con le sue implicazioni per il potere globale, forse citando qualche effetto ambientale locale dell’apertura di nuove aree allo sfruttamento (penurie d’acqua per gli allevatori, ad esempio) ma a malapena una parola, quando c’è, su ciò che questo comporta per le vite della prossima generazione.

[E’ lo] stesso riguardo alla seconda maggiore minaccia alla sopravvivenza. Ci sono stati pochi commenti riguardo alla nuova Strategia della Sicurezza Nazionale dell’amministrazione [Trump], che richiede trilioni di dollari per assicurare la “superiore potenza” degli Stati Uniti – la preponderanza su qualsiasi coalizione di rivali – e l’assicurazione che gli Stati Uniti possano vincere una guerra contro la Cina e/o la Russia, anche se una guerra con l’una o l’altra cancellerebbe ogni cosa. Questo è stato presentato entusiasticamente dall’”adulto nella stanza”, la “voce della ragione” tra i trumpiani – “Cane rabbioso” Mattis – assieme a piani per nove armi fortemente destabilizzanti e per l’inversione del lento progresso in direzione della mitigazione della grave minaccia nucleare.

Non c’è alcun modo di evitare il duro lavoro costante di sviluppare consapevolezza e comprensione. Azioni innovative e spettacolari possono stimolare tale consapevolezza e riconoscimento dell’urgenza dell’azione se integrate in iniziative più vaste. E’ abbastanza facile abbozzare linee generali; quello che conta è completare i dettagli con programmi e azioni specifiche.

EDITORI: In che cosa vedi la speranza più forte che sorgano solidarietà e accordi internazionali?

NOAM: Non ci sono formule semplici. Per contrastare le crescenti e distruttive tendenze autocratiche e ipernazionaliste dobbiamo prima comprenderne le radici. Il tema è troppo vasto per poter essere affrontato seriamente qui, ma ci sono buone prove, penso, che un fattore sostanziale siano i programmi di austerità neoliberisti della passata generazione. Hanno concentrato la ricchezza e indebolito la democrazia funzionante, gettando da parte gran parte della popolazione, determinando comprensibile risentimento e rabbia, che spesso assumono forme patologiche e lasciano le persone preda di demagoghi.

Questi sviluppi possono essere contrastati solo da movimenti sociali progressisti che offrano risposte credibili alle esigenze spesso dure della vita quotidiana e, ancora meglio, indichino una via al necessario cambiamento sociale e istituzionale. Quella dovrebbe essere la base della solidarietà internazionale, particolarmente in un mondo globalizzato nel quali molti affrontano minacce simili a un’esistenza decente e hanno opportunità di comunicazione e interazione. Esse sono state sfruttate efficacemente dal capitale internazionale, ma molto meno dalle vittime di politiche aspre. Questi sono i gravi problemi che devono essere affrontati e superati.

EDITORI: Vedi il capitalismo determinare l’estinzione? Abbiamo bisogno di andare oltre il capitalismo per assicurare la sopravvivenza?

NOAM: Le varietà di capitalismo di stato che esistono oggi sono basate su principi che penso non dovrebbero essere tollerati. Alcune delle loro proprietà dominanti, come ignorare le esternalità e la spinta alla crescita e al diavolo le conseguenze, garantiscono virtualmente il disastro. Ma in realtà i sistemi sono sufficientemente flessibili per offrire speranza di sopravvivenza attraverso lo sviluppo di economie verdi; ad esempio, diciamo, del tipo formulato in un certo dettaglio dall’economista Robert Pollin.

Questa è una buona cosa, perché nel mondo reale le condizioni non sono mature per vasti cambiamenti istituzionali verso una vera democratizzazione e un controllo partecipativo popolare della vita sociale, economica e politica, anche se in realtà semi di tali sviluppi in effetti esistono e possono fiorire. Piaccia o no, i problemi urgenti di oggi dovranno essere affrontati nel contesto generale delle istituzioni esistenti, mentre al tempo stesso dovrebbero essere intrapresi seri sforzi di liberarci da istituzioni oppressive e  dirigerci a una maggiore libertà, giustizia, democrazia autentica, cooperazione e mutuo aiuto in tutte le sfere della vita.

EDITORI: Queste minacce sono globali, e i cambiamenti correttivi implicano ogni dimensione della vita umana. Come comprendiamo il sistema che produce un carattere così onnicomprensivo?

NOAM:  Il mondo è un posto complesso, ma possiamo identificare fattori e strutture sistematiche. Prendiamo l’abuso di oppiacei. Perché c’è questo abuso di oppiacei nella Rustbelt?  Perché l’aspettativa di vita continua a ridursi negli Stati Uniti per la prima volta dalla Prima guerra mondiale e dalla pandemia influenzale? Perché questo è particolarmente prominente tra i bianchi della classe lavoratrice, che sono stati messi da parte dalle politiche neoliberiste della scorsa generazione, compresa la particolare forma di globalizzazione che è stata disegnata nell’interesse della classe investitrice e del capitale transnazionale?

Il passaggio dall’abuso di oppiacei alle politiche regressive che hanno cominciato a prendere forma nei tardi anni Settanta, e che sono accelerate sotto Reagan e i suoi successori, è parecchio semplice. E, come ho citato in precedenza, ci sono analogie altrove, nell’ascesa della “democrazia illiberale” e nel crollo delle forze centriste che hanno dominato la vita politica dalla Seconda guerra mondiale. Studi che spaziano dagli USA alla Svezia e ad altri, hanno rilevato che xenofobia, isterismo contro gli immigrati, razzismo e ascesa della destra ultranazionalista in generale, hanno teso a seguire la sofferenza economica e l’inversione di programmi socialdemocratici. Dunque sì, il mondo è un posto complesso e vi agisce una moltitudine di fattori, ma ci sono alcune caratteristiche sistematiche nella malattia globale, il che indica la via a interventi correttivi.

EDITORI: Ci sono molte proposte che stanno guadagnando terreno; forse la principale di esse è il New Deal Verde. Che genere di resistenza dovrebbero aspettarsi i suoi promotori e quali decisioni organizzative dovrebbero prendere gli attivisti progressisti in termini della loro costruzione di coalizioni per superare tale resistenza?

NOAM: Il punto principale da tenere presente è che proposte di questa natura devono avere successo. Devono, o altrimenti siamo condannati. Alcune delle proposte sono elaborate molto attentamente e sviluppate in una forma che può essere usata come base per organizzare, in particolare il lavoro di Pollin su un New Deal Verde. Ci sono, naturalmente, ampi motivi per aspettarsi resistenza dall’industria, sia dalle prove della storia e sia dalla natura dei mercati stato-capitalisti. Ma pare che abbiamo superato i giorni in cui, per esempio, dirigenti della ExxonMobil hanno reagito alla pubblicizzazione della minaccia del riscaldamento globale, da parte di James Hansen nel 1988, dedicando risorse a generare scetticismo o aperto negazionismo, sapendo esattamente che cosa stessero facendo, poiché i loro stessi scienziati erano stati a lungo leader nel dimostrare l’estrema gravità delle minacce.

A questo punto le minacce sono così evidenti che sembra siamo passati a un’era contrassegnata più da cooptazione e mitigazione piuttosto che un rifiuto diretto della realtà. Questo è accaduto spesso in passato: le pratiche delle industrie letali del tabacco, ad esempio. La svolta offre opportunità agli attivisti, ma sono cosparse di trappole che devono essere riconosciute ed evitate. Dovrebbero essere ideate strategie per cogliere le opportunità – non farlo sarebbe controproducente – ma con debita attenzione ai motivi, intenzioni e manipolazioni del sistema del potere. Questo è più difficile che affrontare il semplice negazionismi ma offre anche aperture all’istruzione e all’organizzazione, che vanno intensificate. Non c’è tempo da perdere.

EDITORI: Senti che la crisi dell’estinzione dovrebbe cambiare qualcosa riguardo ai nostri movimenti sociali?

NOAM: Per gli attivisti ci sono forti tentazioni – comprensibili, valide – di dedicare intensi sforzi a problemi cruciali nella concentrazione immediata del loro lavoro. Ma i collegamenti con altre lotte sociali sono reali, non solo in patria, ma globalmente. Tutti possono guadagnare da iniziative meditate e attente per perseguire l’”intersezionalità” e la solidarietà. Tutti possono guadagnare dall’esplorare e confrontare le radici istituzionali comuni che per considerevoli aspetti sono dietro i problemi  – spesso le crisi – che sono in prima linea in particolari impegni.

Il capitale è coordinato e globalizzato. Le lotte contro l’ingiustizia e l’oppressione devono sviluppare interazioni e mutuo sostegno nei loro modi propri. I sogni di una vera internazionale non dovrebbero svanire. Ed essi conquistano un impatto schiacciante quando riconosciamo le gravi minacce alla vita sociale organizzata che gettano la loro ombra fosca su tutte le altre preoccupazioni.


da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/internationalism-or-extinction/

 

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