https://www.wired.it/ 18 feb, 2020
Nuovo coronavirus sfuggito a un laboratorio? Cosa dice davvero l'articolo su questa ipotesi
L’epidemia potrebbe aver avuto origine da un laboratorio in cui si studiano i coronavirus? Secondo due ricercatori cinesi sì: nella zona di Wuhan infatti ce ne sono due. Un’opinione che per ora non raccoglie consensi tra gli esperti
Sars-CoV-2 non sarebbe arrivato per caso a Wuhan. E a dare il via all’epidemia non sarebbero stati i pipistrelli selvatici in vendita nel locale mercato ittico. Il virus avrebbe un’origine completamente diversa: un laboratorio di ricerca cinese che studia virus animali potenzialmente pericolosi per gli umani. Sembra una bufala, ma non lo è. Non del tutto almeno: la notizia circola da qualche giorno sulla stampa inglese, non sempre attentissima alla verifica delle fonti (un vizio comune anche dalle nostre parti), ma per una volta si basa realmente sull’opinione di due ricercatori cinesi. Si tratta del biofisico ed esperto di biologia molecolare Botao Xiao, della South China University of Technology di Guangzhou, e del collega Lei Xiaodella Wuhan University of Science and Technology, che in un breve report pubblicato in pre-print (e ora scomparso da Researchgate, ma ancora disponibile grazie a Wayback Machine) hanno analizzato le informazioni disponibili sulla natura e la possibile origine del virus, arrivando a concludere che l’ipotesi più probabile è quella di un patogeno sfuggito da un laboratorio a causa di un qualche errore umano. Un’opinione che al momento non convince gli specialisti, visti i severissimi protocolli di sicurezza utilizzati in simili laboratori, in Cina come nel resto del mondo, ma che per quanto improbabile, non si può neanche escludere a priori. Attenzione però a non cadere in facili complottismi: anche a prendere per buona la tesi di Botao Xiao e Lei Xiao, i due ricercatori non ipotizzano in alcun modo che si tratti di un virus bioingegnerizzato per infettare l’essere umano, frutto magari di ricerche segretissime per realizzare nuove armi biologiche, o ancor meno che la sua diffusione sia stata in qualche modo intenzionale. Quel che si limitano a dire è che prese in considerazione l’area in cui è scoppiata l’epidemia e le caratteristiche note del virus è pensabile, forse addirittura probabile, che arrivi da un laboratorio di ricerca situato nell’area.
Il loro ragionamento è il seguente. Di Sars-Cov-2 sappiamo che è geneticamente identico per una percentuale che va dall’89 al 96% al virus CoV ZC45, scoperto in origine nei pipistrelli della specie Rhinolophus affinis che abitano nelle province di Yunnane Zhejiang. Ed è difficile immaginare che questi animali possano aver raggiunto accidentalmente il mercato di Wuhan dove si ritiene abbia avuto origine l’epidemia (un particolare su cui esistono diversi dubbi, anche se effettivamente il virus è stato isolato in 33 campioni su 585 prelevati sul luogo). Entrambe le province appena citate distano infatti più di 900 chilometri dal capoluogo della provincia di Hubei, e le indagini svolte tra residenti e visitatori della città avrebbero confermato che i pipistrelli non sono consumati in zona, né vengono di norma venduti nel mercato locale. E trattandosi di una zona piuttosto popolosa di una metropoli di oltre 15 milioni di abitanti, è difficile immaginare che dei pipistrelli selvatici la frequentino di propria iniziativa. Rimane la possibilità che, come ipotizzato da alcune ricerche nelle ultime settimane, il virus sia arrivato a infettare gli umani dopo esser passato (mutando) per qualche altro portatore animale che potrebbe essere finito sui banchi del mercato, come per esempio un serpente. Un’eventualità che i due ricercatori ritengono però improbabile, e non supportata, al momento, da prove sufficienti.
Alla ricerca di una spiegazione alternativa, i due hanno studiato la zona in cui sorge il mercato del pesce di Wuhan identificando due laboratori dedicati alla ricerca sulle zoonosi. La più vicina è una struttura dei Wuhan Center for Disease Control & Prevention che sorge ad appena 280 metri dal mercato, e in cui le verifiche dei due ricercatori hanno accertato l’utilizzo di pipistrelli Rhinolophus affinis. Una ricerca in particolare avrebbe coinvolto circa 150 pipistrelli catturati nella provincia di Zhejiang (uno dei reservoir noti del virus da cui potrebbe aver avuto origine Sars-Cov-2), su cui sono state effettuate operazioni chirurgiche e biopsie i cui prodotti di scarto, se smaltiti in modo sub-ottimale, rappresenterebbero una possibile fonte di infezione situata ad appena pochi passi dall’epicentro dell’epidemia.
Il secondo laboratorio è un po’ più distante: è ospitato infatti nelle strutture del Wuhan Institute of Virology, a circa 12 chilometri dal mercato. In questo caso, tra le ricerche svolte nel laboratorio ci sarebbero anche manipolazioni dirette di coronavirus circolanti tra le popolazioni di pipistrelli cinesi, per verificare con quanta facilità possono mutare in una forma simile al Sars-CoV (il virus della Sars), in grado di infettare gli esseri umani.
In entrambi i casi, ovviamente, non esiste alcuna prova diretta di un coinvolgimento dei laboratori nell’epidemia corrente. Ma secondo i due autori della ricerca lo zampino di un’errore umano è una possibilità molto concreta. La loro conclusione è che le misure di sicurezza presenti in simili laboratori sul territori cinese meriterebbero di essere potenziate. E che servirebbe uno sforzo per spostare strutture così potenzialmente pericolose più lontano dai grandi centri abitati, dove il minimo errore può avere conseguenze catastrofiche. Si tratta – è bene sottolinearlo ancora – di un’opinione personale dei due autori della nuova ricerca, che per ora non ha trovato sponde di rilievo tra i colleghi internazionali.
“Il laboratorio del Wuhan Center for Disease Control & Prevention è sì estremamente vicino all’epicentro dell’epidemia, ma è anche uno dei pochissimi centri nel mondo con un livello di biosicurezza accreditato al livello 4, cioè autorizzati al trattamento di virus pericolosi per l’uomo come ebola o il Nipha”, spiega a Wired Fabrizio Pregliasco, direttore del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Milano. “Con misure di sicurezza simili, un errore umano che possa aver fatto fuoriuscire un patogeno dalle strutture del laboratorio non si può forse escludere completamente, ma è veramente difficile da ipotizzare”.
Nel frattempo, lo studio di Botao Xiao e Lei Xiao, che riportava anche il sostegno della National Natural Science Foundation cinese, è sparito dal sito dove era stato depositato in pre-print in poche ore dopo aver attirato l’attenzione dei media occidentali. Quasi come se qualcuno desiderasse risparmiarsi una nuova possibile fonte di imbarazzo. Impossibile sapere però se a spaventare fossero le opinioni poco condivisibili dei due, o piuttosto la velata accusa di scarsa attenzione per le procedure di sicurezza nei laboratori di virologia cinese.
|