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3 maggio 2020

 

Coronavirus, l’appello di Salgado per gli indigeni dell’Amazzonia 

di Rocco Cotroneo

 

Più di 60 personalità da tutto il mondo firmano oggi un manifesto-petizione rivolto ai tre poteri dello Stato brasiliano per evitare una strage nell’ultima grande foresta pluviale della Terra

 

RIO DE JANEIRO - Sterminio, genocidio per virus, come in un passato lontano che era impensabile potesse tornare. Il grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado interviene in favore degli indios dell’Amazzonia e organizza un appello internazionale. Più di 60 personalità da tutto il mondo firmano oggi un manifesto-petizione rivolto ai tre poteri dello Stato brasiliano affinché tutto il possibile venga fatto per evitare una strage nell’ultima grande foresta pluviale della Terra. Salgado raccoglie nomi della musica (Paul McCartney, Madonna e Chico Buarque), del cinema (Brad Pitt, Richard Gere, Meryl Streep, Oliver Stone, Pedro Almodovar), lo scrittore Mario Vargas Llosa, Alberto di Monaco e Gisele Bundchen. Sulla piattaforma online Avaaz nuove adesioni saranno le benvenute, e un breve video del regista Fernando Meirelles per l’agenzia Contrasto conterrà venti fotografie dello stesso Salgado con l’obiettivo di viralizzare in rete.

 

Il fotografo e attivista brasiliano ha passato gli ultimi sette anni a contatto con tribù indigene in Amazzonia, oggetto di una prossima esposizione che aprirà ad aprile del prossimo anno in quattro città, tra le quali Roma. «Solo dalle grandi catastrofi sorgono grandi movimenti di solidarietà e preoccupazioni reali per il futuro dell’umanità», ha detto Salgado in una intervista al giornale O Globo da Parigi, dove sta passando la quarantena. Il Covid-19 è soltanto l’ultima delle minacce agli indios dell’Amazzonia, già assediati da agricoltori, cacciatori di legname pregiato e invasori vari, in una fase critica dove il governo di Jair Bolsonaro è ideologicamente contrario alla loro difesa e gli incendi si vanno intensificando. La nemesi arriva ora con il volto di un contagio terribile, come nei secoli passati, quando il contatto con i bianchi era sufficiente a provocare stragi in popolazione con difese immunitarie deboli. «Se dovesse succedere, la responsabilità del Brasile sarà enorme, e il mio Paese verrà portato davanti ai tribunali internazionali per non aver evitato la strage», dice Salgado.

 

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Molto preoccupante è che il virus sia già arrivato nelle principali città della regione amazzonica, e si sta espandendo con grande velocità, contrariando l’ipotesi che il clima caldo funzioni come ostacolo alla diffusione. Immagini di Manaus, di grandi trincee scavate nei cimiteri per sepolture collettive già circolano da giorni e lo stato degli ospedali è drammatico per mancanza di letti e respiratori. Se a ciò si aggiungono le distanze e i tempi di percorrenza in una regione dove ci si muove in prevalenza lungo i fiumi, l’Amazzonia brasiliana - prima ancora che i villaggi remoti ne vengano colpiti - è già una delle regioni più critiche del mondo per la pandemia. Quasi ovunque nella foresta, i capi tribù hanno deciso di interrompere i contatti con il mondo esterno e dove è stato possibile gli indios si sono spostati verso l’interno delle loro aree protette per vivere come i loro antenati. Sperando di non subire la stessa sorte.


 

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