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18 luglio 2019
CILE - a più di 42 giorni dall’ inizio dello “sciopero docente” - intervista con Lorena Rojo, professoressa.
Cile, siamo alla settima settimana di sciopero indefinito lanciata dai professori e professoresse del Cilene, con una partecipazione quasi totale della categoria. Per cercare di approfondire cosa sta succedendo abbiamo intervistato Lorena Rojo, professoressa di filosofia del “Liceo Rosa Ester Alessandri Rodriguez” (REAR) del municipio di Independencia, nella zona nord di Santiago, capitale del cile. Lorena è la rappresentante dei professori del suo liceo e futura candidata al direttorio comunale del “Collegio dei Professori”
LR: In primo luogo, grazie mille per l’intervista e per l’interesse che dimostrano per l’educazione pubblica cilena e nello specifico per noi professori.
1) Sono trascorse già 7 settimane a partire dal 3 di giugno quando il “Collegio dei Professori” [CdP - sindacato dei professori del Cile] ha dichiarato lo sciopero indefinito dei professori e si sono svolti già vari tavoli di negoziazione che hanno dato un risultato negativo. Volevamo chiederti quali sono le rivendicazioni principali che hanno portato allo sciopero e a che punto si trova la lotta ormai trascorsi più di 42 giorni dal suo inizio?
LR: Oggi martedi 16 luglio, stiamo entrando nella settima settimana di sciopero nazionale dei docenti. Le nostre rivendicazioni si riassumono principalmente in dodici punti: Debito storico; il pagamento di menzione per i maestri di sostegno e gli educatori della scuola materna; stabilità lavorativa; fine del doppio processo di valutazione; una scuola democratica, professionale e specializzata; nuove direttive sulle carriere; il superamento dell’educazione standardizzata per u avanzamento verso concezioni educative integrali e complesse; corsi di insegnante; una nuova Educazione Pubblica; lo snellimento della consegna del bonus di pensionamento; cambio dei programmi scolastici; superamento dell’oppressione lavorativa e rafforzamento del senso di educazione.
Durante questa battaglia, il Ministero dell’Educazione, presieduto da Marcela Cubillos (avvocatessa), ci ha consegnato tre proposte che noi, professori e professoresse cilene, abbiamo rifiutato perché considerate come una presa in giro. Mi riferisco nello specifico alle rivendicazioni più sentite e all’ultima risposta dataci dal Governo cileno.
1)Nel 1981 (in piena Dittatura Militare) le scuole de i licei pubblici smisero di dipendere direttamente dal Ministero dell’Educazione e furono presi in carico dalle amministrazioni locali, questa istituzioni disconobbero un aumento di salario dovuto a migliaia di professori. A partire dal ritorno alla “democrazia” nessun Governo ha mai riparato questo debito e centinaia di professori sono morti aspettando che gli si pagasse quanto dovuto.
Oggi, Piñera, ci offre un “tavolo di lavoro” mentre la verità è che siamo stanchi di false promesse e di “tavoli” che non risolvono i conflitti in corso e che evidentemente non si faranno carico di dare dignità alle richieste dei nostri colleghi che ci hanno preceduto.
2) Come professori abbiamo una specializzazione, nel mio caso filosofia, e questa lo Stato riconosce economicamente al contrario miei colleghi delle scuole materne e insegnanti di sostegno. L’ultima proposta del Ministero, consegnata l’8 di Luglio, segnala che agli educatori di scuola materna non si corrisponderà tale riconoscimento e neanche agli insegnanti di sostegno e che a questi ultimi sarà corrisposto un bonus mensile di 15.000 $ se e solo se svolgeranno un corso impostogli dal Ministero, se condurranno 44 ore di insegnamento e se si troveranno inseriti all’interno della carriera docente. A mio giudizio, è aberrante, che si continui a non riconoscere le loro specializzazioni, e che siano costretti ad aggiornarsi attraverso questo corso, mentre in più c’è da considerare che non tutti svolgono 44ore di insegnamento mensili e sono docenti di ruolo.
In fondo considero, che con queste misure il Governo di Sebastian Piñera, avvalora e favorisce la discriminazione di genere, visto che la maggior parte delle persone coinvolte da tali misure sono donne. Inoltre agendo così conferma una concezione adultocentrica e non inclusiva, posto che con il mancato riconoscimento della loro mansione, si sta tentando di dire all’intera società che educare bambini o persone che hanno un qualsiasi livello di handicap o forme differenti di apprendere a cui dobbiamo adattarci tutti, è un lavoro che non ha alcun valore, mentre al contempo a questi studenti si sta ribadendo che non valgono nulla.
3) Il bonus per incentivare il pensionamento, rimane una domanda senza risposta. In Cile gli uomini vanno in pensione a 65 anni mentre le donne a 60, però oggi i professori stanno eccedendo questa età, in media, di tre anni , assunto che il Ministero non consegna in tempo il bonus, che per di più è condizionato alle ore di contratto e che ha come data di fine erogazione il 2024. Ricevere questo bonus è di fondamentale importanza poiché in questo paese le pensioni sono misere come anche il Sistema Sanitario Pubblico, pertanto si rende necessario supportare in qualche maniera questo momento della vita.
4) Un altra rivendicazione importante per gli insegnanti cileni è quella di poter vivere una Scuola democratica. Vivere la democrazia in questo paese, per molti di noi oggi continua ad essere un sogno e evidentemente le comunità educative sono ancora molto lontane da ciò. Questo si evidenzia, per esempio, nelle “Legge di Aula Sicura” che è in vigore dal dicembre 2018 e che è stata promossa dal presidente della repubblica. Questa legge permette ai presidi e alle presidi di espellere dalla comunità qualsiasi integrante che causi un danno fisico o psicologico a qualsiasi membro della stessa comunità o a terzi che si incontrino nelle vicinanze del liceo o della scuola. Io mi domando: come potrebbe la comunità valutare se l’azione in questione è un atto irreparabile? Perchè lasciare tutto nelle mani di una sola persona il preside o la preside? Che ruolo ricoprono in questo conflitto gli psicologi, gli orientatori e gli incaricati di convivenza? Spostare da una scuola all’altra il “colpevole” risolve il problema?
Quindi posso finalmente dire che in questo momento continuiamo a lottare affinchè le nostre rivendicazioni abbiano risposta, ma anche personalmente sono fiduciosa delle forme che, a comincaire da questo, prenderà il movimento con la stessa energia con cui è iniziato il 3 di giugno. L’aspettativa o l’incertezza proviene dalla mancanza di fiducia della macchinazione politica interna alle sfere delle gerarchizzate del Cdp, visto che il Presidente nazionale, Mario Aguilar, il giorno 9 di luglio, un giorno prima delle ultime votazioni sullo sciopero, chiamò a fermare la mobilitazione e accontentarci di queste briciole.
2) Quali sono le caratteristiche e le forme di lotta che sono state messe in partaica finora? È riuscito il fronte delle rivendicazioni a uscire dalle rivendicazioni di categoria pure riuscendo a generalizzarsi? Quale è stato il contributo della componente studentesca alle proteste e che organizzazioni sociali e politiche hanno solidarizzato finora con lo sciopero docente?
LR: Le forme di espressione di questa lotta sono state molteplici: cortei, canti, cori, incontri, dibattiti, assemblee, blocchi stradali e barricate.
La verità è che non mi piace separare le rivendicazioni di categoria de quelle umane e pedagogiche, perché credo che qualunque lavoratore che lotti per il diritto ad un miglior salario sta rivendicando anche dignità per la propria condizione umana. E nel nostro caso quando scendiamo in strada e gridiamo affinché le nostre colleghe delle scuole materne o assistenti di sostegno siano riconosciute, non è solamente perchè ci interessa “riempire il loro smunto portafogli” ma anche perchè in fondo quello che stiamo esigendo sono uguaglianza, inclusione e la presa in considerazione delle differenze, che sono una espressione dei diritti pedagogici e umani che abbiamo tutti e tutte. Aspiro a contagiare i miei colleghi e tutta la società con questa riflessione, perché se crediamo che le rivendicazioni di categoria sian separate dalla dignità rimarremmo incastrati nella colpa di considerare che qualcuna sarebbe inferiore rispetto agli altri e che non conservano una relazione con la difesa della Educazione Pubblica di questo paese.
A livello regionale e comunale, sentiamo forte l’appoggio degli studenti e delle studentesse, soprattutto dei licei. Purtroppo la direttiva nazionale e regionale del CdP, li ha convocati ma con una partecipazione subordinata, fatto che mi sembra un errore madornale visto che noi professori non siamo gli unici protagonisti dell’educazione pubblica, ma nè è protagonista la società nel suo insieme. Ed era imbarazzante vedere come presidi e collaboratori del collegio, nell’ultimo corteo nazionale cacciavano i nostri studenti e studentesse gridandogli che era un corteo solamente di professori.
Abbiamo ricevuto il supporto di varie categorie di lavoratori e organizzazioni sociali, lavoratori e utenti della Salute, funzionari del MINEDUC, portuali, SUTE, NO + AFP, studenti dei licei e universitari e molti altri che al momento non mi sovvengono. Senza dubbio, credo e suggerisco alla futura direzione nazionale del Collegio dei Professori, che debba realizzare un lavoro esaustivo di articolazione con altri comparti e organizzazioni, perché il sistema neoliberale ci sta atomizzando ogni giorno di più e abbiamo bisogno di eliminare questa sensazione e ribadire forte e chiaro ciò che stiamo scrivendo sugli striscioni: “MAI PIù SOLI”.
3)Credi che esista una continuità tra i passati cicli di lotta come per esempio il movimento studentesco del 2011 e successivamente quello dei professori del 2015? Dove credi che si possano ricercare le radici delle mobilitazioni attuali?
LR: Credo fermamente che la lotta di oggi abbia le sue origini nelle rivolte sociali che hanno espresso i lavoratori nel corso della storia, le richieste e le rivendicazioni sono le stesse, migliori condizioni di vita per noi, le nostre famiglie, e per la società. Ciò che cambia sono i concetti specifici, dalla schedatura passiamo alla mansione; dalle 14 ore di giornata lavorativa passiamo all’esaurimento lavorativo, etc.
In relazione alla storia recente posso dire che senza dubbio il movimento studentesco del 2001, 2006 e 2011, sono stati fondanti per noi professori che oggi ci troviamo in aula. Però non possiamo non notare che questi sono stati potenziati da quei docenti che hanno combattuto fin da quando lo stato ha riconosciuto questa professione, che hanno difeso i propri diritti durante la Dittatura, che l’hanno fatto nel 2006, nel 2015 e che continuano a farlo oggi nel 2019.
In fine questo dimostra che le lotte sociali, come costruzione umana sono una trama tessuta tra passato, presente e futuro. Sono sicura che presto arriveranno nuovi insegnanti e studenti che continueranno a difendere l’Educazione Pubblica in tutte le sue espressioni.
4)Possiamo notare che il Cdp e la sua linea di negoziazione sono la componente più visibilizzata sui mezzi di comunicazione ufficiali. A partire da questo volevamo chiederti se esistono esperienze sindacali di base che contribuiscono e spingono la lotta dal basso e in che maniera stanno contribuendo allo sviluppo delle rivendicazioni e delle pratiche di lotta e quali sono le loro relazione con il CdP.
E partendo da questo se puoi raccontarci di come si differenziano le pratiche di lotta quotidiana che costruite quotidianamente nei vostri luoghi di insegnamento dagli eventi di massa come per esempio il corteo nazionale dello scorso 3 Luglio.
LR: Bene, si tratta di un movimento di lavoratori dell’educazione e in quanto tali siamo critici, riflessivi e propositivi, non siamo un gruppo che vota per maggioranza le indicazioni del dirigente di turno senza metterle in discussione. Ciò lo abbiamo dimostrato con l’ultima votazione iniziando dalla ristrettezza delle proposte e dalla chiamata da parte di Aguilar a concludere lo sciopero. E questo modo di essere, lo abbiamo espresso realizzando assemblee aperte alla comunità, stringendo legami con organizzazioni dei nostri territori e con politici locali. Queste attività che abbiamo realizzato in queste settimane si sono svolte durante il tempo normalmente dedicato alle lezioni, come Liceo difendiamo l’educazione pubblica, promuovendo spazi di democrazia, di discussione e riflessione, di inclusione di genere e età; questioni che senza dubbio al momento alimentano le nostre rivendicazioni “categoriali-pedagogiche”.
A partire dal fatto di sentirmi molte volte tradita dal CdP, non smetterò di farvi parte, perché credo che abbia bisogno, come tutti gli esseri umani e i soggetti pubblici, di una alimentazione di base critica e costante che lo porti a superare costantemente le proprie forme.
16 Luglio, 2019