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03 Gennaio 2019

 

Bolsonaro toglie le terre ancestrali agli indigeni e le regala alle multinazionali

di Dominella Trunfio

 

Tempi bui per la foresta Amazzonica e per gli indigeni. Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha firmato un provvedimento che ha tolto la gestione dei confini delle terre ancestrali agli indigeni, affidandola al ministro Tereza Cristina.

Le promesse elettorali che tanto preoccupavano si stanno già trasformando in realtà, a partire da quella di cancellare ogni tipo di legge favorevole agli indios e quella di favorire l’apertura di miniere e zone commerciali nelle terre indigene, stringere alleanze con le multinazionali, bandire le Ong ambientaliste e dare il via libera allo sfruttamento di animali da pascolo.

 

Bolsonaro che è stato ribattezzato il ‘Trump tropicale’, come prima azione del suo mandato ha tolto alla Fondazione Nazionale per gli Indigeni (Funai, Fundaçao Nacional do Indio) la gestione dei confini delle loro terre ancestrali. Adesso sarà il ministero dell’Agricoltura presieduto da Tereza Cristina a occuparsene.

E non c’è da stare tranquilli soprattutto perché Tereza Cristina era leader del gruppo parlamentare della Bancada Ruralista, la lobby che rappresenta in Parlamento gli interessi dei grandi proprietari agricoli che vorrebbero sfruttare le terre ancestrali a loro piacimento.

    “Hai visto?La rottura è iniziata. Il Fuani non è più responsabile per l’identificazione, la delimitazione, la demarcazione e la registrazione delle terre indigene. C’è qualcuno che ancora dubita dell’elusione delle promesse elettorali?”, ha scritto Sonia Guajajara, una dei principali leader indigeni del Brasile, già candidata alla vicepresidenza della Repubblica con il Partito Socialista e della Libertà (PSOL) sul suo profilo Twitter.

In Brasile vivono circa 900mila indigeni in 462 riserve che occupano un’area pari al 12,2 per cento del territorio nazionale, per lo più in Amazzonia e da oltre trent’anni la gestione di queste terre era in mano al Funai. Con questo cambio di rotta, sale la preoccupazione per occupazione di agricoltori, minatori e allevatori nonché per la costruzione di dighe e centrali.

Questo significa via libera alle multinazionali che potranno gestire a loro piacimento le terre ancestrali distruggendo foresta e biodiversità, nonostante nella Costituzione brasiliana sia esplicitata la tutela dei popoli indigeni.

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