da deigualaigual.net http://contropiano.org/ 7 febbraio 2019
Ma chi è Guaidò? E chi sono i suoi mandanti? di Pablo Pozzi
Apro il New York Times (beh, clicco sull’icona del web) e vedo che ha dichiarato Juan Guaidó come persona «con uno stile fresco e una visione per far avanzare» il Venezuela. Al contempo Bloomberg News dice che Guaidó cerca di «restaurare la democrazia», e il Wall Street Journal lo dichiara «nuovo leader democratico». Mi ha fatto piacere, lo dico perché non solo non sapevo chi era Guaidó, ma proprio non avevo alcuna idea di chi fosse. Fortunatamente, questi baluardi del giornalismo obiettivo, e della difesa della democrazia me lo hanno chiarito. Bene, fino a quando non mi è arrivata una mail dal mio amico, il sindacalista canadese Sid Shniad, che allegava una lunga ricerca dei giornalisti Dan Cohen e Max Blumenthal. Entrambi i giornalisti devono essere molto mal abituati (non parliamo proprio di Sid che lo è sempre stato, da quello scorbutico che è) perché si sono dedicati semplicemente a fare qualcosa che non hanno fatto altri giornalisti: controllare il web, fare interviste a specialisti, leggere diverse relazioni di ONG sul Venezuela. E lì (oh sorpresa!) risulta che il giovane democratico Guaidó non è venuto fuori dal nulla. E ancor meno è la faccia della democrazia in Venezuela (beh, e neanche di qualche altra parte). Però, chi è Guaidó? Che ci raccontano Cohen e Blumenthal? Prima la cosa più semplice: Guaidó è membro del partito Voluntad Popular, fondato da Leopoldo López e protagonista degli scontri chiamati guarimbas che sono costati la vita di circa duecento venezuelani tra il 2014 e il 2017 (quello che nessuno ti dice è che il 70% dei morti furono chavisti). Voluntad Popular è il settore più pro-nordamericano, neoliberista e intransigente della opposizione antichavista, che rifiuta qualsiasi tipo di negoziato che non implichi una purga totale dei chavisti e uno smantellamento di tutti i programmi riformisti degli ultimi venti anni. López, oltre ad essere un neoliberista di ultradestra, ha ricevuto quasi 50 milioni di dollari di «aiuti democratici» dalle organizzazioni USAID (del governo nordamericano) e National Endowment for Democracy (NED: un noto fronte della CIA), questo secondo l’istituto spagnolo FRIDE. Guaidó fu eletto deputato con il 26% dei voti nel 2016 nel piccolo stato di La Guaira, grazie alla frammentazione delle candidature; ossia, non è precisamente quello che si dice un rappresentante del popolo. Ed è diventato presidente dell’Assemblea Nazionale in circostanze ancora ad oggi poco chiare (in realtà la presidenza legalmente sarebbe toccata a un tale Juan Andrés Mejía). Già di per sé i dati precedenti fanno di Guaidó una persona poco affidabile. Però Cohen e Blumenthal si sono dedicati a cercare un po’ oltre. La prima cosa che trovano è che Guaidó era un dirigente studentesco dell’Università Andrés Bello. Apparentemente fu uno dei cinque studenti venezuelani inviati dal NED a Belgrado nel 2005 (Guaidó aveva allora 21 anni) per essere addestrato da CANVAS. Questo è un gruppo di formazione per «proteste non violente» responsabile di varie «rivoluzioni arancioni» come quella dei neonazisti dell’Ucraina. Nel 2007 Guaidó si è laureato ed è andato a Washington per studiare con Luis Enrique Berrizbeitia, un ex direttore esecutivo del FMI. Cohen e Blumenthal non discutono né speculano su come ha fatto un ragazzetto de La Guaira a mettersi in contatto con uno dei principali economisti neoliberisti dell’America Latina. Poco dopo aver cominciato i suoi «studi» Guaidó era parte del gruppo fondatore della Generación 2007: un’organizzazione di studenti formati dal CANVAS e finanziato da Washington il cui obiettivo era far fallire la riforma costituzionale chavista di quell’anno. Secondo le emails dell’ambasciatore nordamericano in Venezuela nel 2007, «l’obiettivo di Generación 2007 era quello di forzare il governo venezuelano a reagire con la repressione», tutto per creare un «evento internazionale». Guaidó è stato uno dei personaggi identificati come dirigenti di quelle proteste. Nel novembre del 2010 Guaidó e altri dirigenti di Voluntad Popular hanno partecipato a un seminario segreto di cinque giorni nell’hotel Fiesta Mexicana di Città del Messico. Il seminario era organizzato da Otpor, una istituzione dedicata ai «cambi di regime» finanziata da Washington. A sua volta, il denaro del seminario proveniva dalla impresa petrolifera messicana Petroquímica del Golfo e dalla banca JP Morgan. Durante il seminario, secondo le email di uno dei partecipanti, si pianificò la destabilizzazione del governo del Venezuela, incluso l’assassinio di Hugo Chávez e poi di Nicolás Maduro. Le guarimbas del 2014 facevano parte di quella campagna, e in diversi video si possono vedere i dirigenti studenteschi con camicie che dicono Voluntad Popular. Tra loro c’era Guaidó. Il governo venezuelano arrestò vari dirigenti di Voluntad Popular, accusandoli di terrorismo e detenzione di armi da guerra. Tra questi c’erano Freddy Guevara, Lester Toledo, Carlos Graffe, David Smolansky, Yon Goicoechea e Leopoldo López. Vari di loro furono liberati in attesa del processo, e in quell’istanza andarono in esilio, mentre Leopoldo López è a tutt’oggi agli arresti domiciliari. Diciamo che per le accuse di essere una selvaggia dittatura, le pene per questi oppositori sono state incredibilmente lievi. E per di più, Smolansky scappò senza molti problemi negli Stati Uniti dopo essere fuggito in Brasile travestito da prete. Una volta arrivato a Washington ha twittato di aver avuto una «amabile riunione» con Elliot Abrams, il famoso architetto delle bande paramilitari degli anni ‘80 e oggi «inviato speciale di Trump» in Venezuela. Per essere dei poveri studenti democratici, questi ragazzi hanno un acceso notevole a molti dei personaggi più oscuri della politica nordamericana. Quanto sopra sembra aver favorito Guaidó, che è passato da dirigente fondatore, ma secondario, a essere il porta stendardo di Voluntad Popular. Nel dicembre del 2018 Guaidó si è recato segretamente a Washington per pianificare le mobilitazioni contro Maduro che ci sono state a gennaio 2019. Lì ha ricevuto l’impegno dell’appoggio dei senatori trumpisti Marco Rubio, Rick Scott e il deputato Mario Díaz Ballart, per poi riunirsi con il segretario di stato Mike Pompeo. Il 5 gennaio, prima di rientrare in Venezuela, Guaidó è stato nominato presidente dell’Assemblea Nazionale, e 18 giorni più tardi si è autoproclamato «Presidente pro tempore» del Venezuela (una carica che costituzionalmente non esiste). Rapidamente Washington si è mobilitata per riconoscerlo mentre faceva pressioni sui suoi alleati e fantocci affinché facessero la stessa cosa. Guaidó non è venuto fuori dal nulla, e non è neanche un democratico preoccupato per la vita dei venezuelani. Questo viene fuori con chiarezza dalla relazione di Cohen e Blumenthal. Evidentemente, né il New York Times né il Wall Street Journal hanno fatto caso alla ricerca di Cohen e Blumenthal. E perché avrebbero dovuto? Se il Dipartimento di Stato sempre ti dice la verità e quello che bisogna dire.
|