PIC - infopal - 17/7/2019 - Martedì sera, le forze israeliane hanno sparato proiettili letali contro un risciò con a bordo cittadini palestinesi in transito nella cittadina di Umm an-Naser, nel nord della Striscia di Gaza. Cinque persone sono rimaste ferite. L’attacco al veicolo ha causato la perdita dell’equilibrio e il ribaltamento, ferendo tutti i passeggeri a bordo, secondo fonti locali. I cittadini feriti hanno ricevuto assistenza medica in un ospedale locale. Le IOF aprono deliberatamente fuoco contro i cittadini palestinesi che si avvicinano a determinate aree di confine nella parte settentrionale e orientale di Gaza. MEMO http://www.infopal.it/ 17/7/2019
L’ultimo “problema di sicurezza” di Israele: chi è colpevole per la crisi ambientale di Gaza? Traduzione di Aisha Tiziana Bravi
Scrivendo un articolo per The Jewish Journaldal titolo “Le ripercussioni della crisi: in che modo la carenza d’acqua di Gaza colpisce Israele”, Dominik Doehler spiega il collegamento diretto che esiste tra i problemi idrici di Gaza ed Israele.
Doehler ci offre una spiegazione scientifica sulla crisi di acqua nella Striscia assediata, ma quando si tratta di riconoscerne le responsabilità, qualcosa non torna. Invece di riconoscere il fatto che la guerra di Israele e l’assedio protratto hanno distrutto le infrastrutture di Gaza, il giornalista, per le sofferenze di Gaza, dà la colpa al “conflitto continuo tra Hamas e l’Autorità Palestinese”. “Oggi, coloro che stanno pagando il prezzo per il conflitto tra le fazioni palestinesi sono i due milioni di abitanti di Gaza”, scrive Doehler, senza menzionare in alcun modo il ruolo determinante che Israele ha in tutto ciò. La disonestà di questo scrittore non sorprende più di tanto, considerando anche la parzialità della pubblicazione. Ciò è particolarmente sintomatico dei media israeliani e pro-Israele che spesso evitano di riconoscere la realtà dei fatti, deviando le responsabilità da Israele e puntando il dito soltanto contro i Palestinesi. Detto ciò, è interessante notare che la crescente crisi umanitaria di Gaza si sta finalmente ripercuotendo in Israele che si trova costretto ad affrontarla come un problema urgente che richiede un’azione risolutiva. Tuttavia, non è l’impatto della crisi sulla popolazione di Gaza ad allarmare Tel Aviv, ma piuttosto il potenziale danno ambientale che la situazione miserevole in corso a Gaza potrebbe causare ad Israele. Il 3 giugno, ricercatori delle università israeliane di Tel Aviv e di Ben-Gurion hanno presentato un rapporto commissionato dalla organizzazione ambientalista Eco Peace Middle East, nel quale hanno messo in guardia sul fatto che “il crollo delle infrastrutture idriche, fognarie ed elettriche nella Striscia di Gaza rappresenta un pericolo concreto per le falde acquifere, l’acqua di mare, le spiagge e gli impianti di desalinizzazione di Israele”. Ci si aspetterebbe che un qualsiasi rapporto sulla situazione ambientale di Gaza fosse incentrato sul fatto che circa due milioni di Palestinesi della Striscia vivono in condizioni disumane a causa del rigidissimo blocco israeliano, che dura ormai da 12 anni, e dei ripetuti assalti militari che hanno devastato e sconvolto la zona rendendola “inabitabile entro il 2020”. Invece no: il rapporto indica i residenti come gli unici responsabili dell’imminente catastrofe ambientale di Gaza che sta minacciando la sicurezza e il benessere dei cittadini israeliani. Anche il quotidiano israeliano Haaretz, che ha pubblicato un rapporto dettagliato sulla presentazione avvenuta, ha affrontato la questione come un problema di sicurezza nazionale. Ma quel che Israele non ha identificato come un “problema di sicurezza nazionale” è invece un disastro causato proprio con le sue mani. L’occupazione, la colonizzazione, l’esproprio e le aggressioni contro la Palestina ed i Palestinesi hanno provocato danni enormi, al punto tale che ora anche l’occupante israeliano ne sta soffrendo. La situazione ambientale di Gaza è davvero terribile al momento, ma non sono i Palestinesi ad averla causata. Né “il rapido aumento della popolazione”, né la negligenza o l’ignoranza dei residenti sono alla radice di questo problema. Innumerevoli relazioni delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni hanno documentato nei dettagli come e perché il principale colpevole è Israele, con le sue violente aggressioni su Gaza ed il suo assedio spietato. Consideriamo ad esempio il problema dei liquami non trattati che finiscono in mare, e che sta causando problemi ai bagnanti israeliani e agli impianti di desalinizzazione dell’acqua. Il motivo per cui i liquami di Gaza vengono smaltiti in questo modo “irresponsabile” è che gli impianti di trattamento delle acque non sono in funzione; sono stati colpiti durante l’aggressione israeliana sulla Striscia del 2014 e non sono mai stati sistemati in quanto l’embargo israeliano non permette di far entrare materiale edilizio e pezzi di ricambio. Le acque reflue non trattate fanno parte della più grande crisi idrica a Gaza. Come ha giustamente evidenziato il rapporto, i residenti di Gaza stanno utilizzando in modo eccessivo la falda acquifera che si trova sotto la Striscia, che è divenuta sempre più contaminata dall’acqua di mare e dalle sostanze chimiche, e che costituisce l’unica fonte di acqua dolce per i residenti a causa della separazione involontaria dalla Cisgiordania. Il motivo per cui i Palestinesi di Gaza non sono in grado di stabilire un sistema adeguato di gestione dell’acqua è ancora una volta colpa di Israele. Esso ha ripetutamente bombardato le infrastrutture idriche, anche tubature dell’acqua, pozzi ed altre strutture, e l’indebolimento dovuto all’assedio israeliano ha impedito alle autorità locali di ripararli o di costruire un impianto di desalinizzazione dell’acqua. Il problema dell’acqua di Gaza non è soltanto un fastidio per gli israeliani, ma anche una potenziale fonte di epidemie per i Palestinesi. Le malattie con diarrea sono raddoppiate, raggiungendo livelli epidemici, secondo il ministero della Sanità palestinese, mentre anche la salmonella e la febbre tifoidea sono in aumento. Poi c’è il problema della spazzatura che i Palestinesi bruciano in continuazione e che quindi “inquinano l’aria israeliana”. Come ha sottolineato Ramy Salemdeeb, accademico dell’Università di Cambridge, Gaza non è stata in grado di sviluppare un adeguato sistema di gestione dei rifiuti a causa delle restrizioni economiche dovute all’assedio israeliano e alla “limitata disponibilità di terre”, essendo isolata dal resto dei territori palestinesi occupati. Dato che Israele è un progetto coloniale e di colonizzatori, l’eccessivo sfruttamento dei terreni colonizzati, a scapito dell’ambiente e della popolazione locale, fa naturalmente parte del suo modus operandi. In effetti, tutto il territorio annesso ed occupato da Israele ha subito un degrado ambientale in un modo o nell’altro, i cui effetti dannosi sono stati dirottati convenientemente verso le zone, i villaggi e le città palestinesi. Se Israele continuerà a considerare l’inquinamento come un “problema di sicurezza” non verrà mai risolto poiché esso è incentrato su una logica distruttiva, tipica di un’impresa coloniale, che cerca di sfruttare la terra e le persone senza alcun riguardo per la natura ed il benessere umano. In altre parole, Israele non otterrà mai la sicurezza – ambientale o di altro tipo – se continuerà ad opprimere i Palestinesi, ad occupare le loro terre e a devastarne l’ambiente. L’aria, l’acqua e l’ambiente israeliani non saranno mai immuni dai disastri provocati da Israele nella Palestina occupata.
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