moonofalabama.org https://comedonchisciotte.org/ 7 Maggio 2019
Israele bombarda nuovamente Gaza – Ma è una “risposta”? Tradotto da Markus
Da mezzogiorno di venerdì, uno scambio di colpi di armi da fuoco tra i Palestinesi assediati nella striscia di Gaza ed Israele si è intensificato fino a sfociare in pesanti bombardamenti e in lanci di missili.
Ancora una volta, il resoconto dei fatti da parte dei media statunitensi dimostra che questi non sono in grado di descrivere in modo imparziale il conflitto.
Il titolo del blog di Jeff Bezos:
Più di 200 razzi sono stati lanciati da Gaza su Israele; Israele risponde, 3 morti
Il primo paragrafo: Sabato, i militanti di Gaza hanno lanciato più di 250 missili nel sud di Israele e Israeleha risposto con attacchi aerei e fuoco di artiglieria, ponendo fine a settimane di relativa calma e mandando a monte i tentativi di arrivare ad una tregua permanente.
La maggior parte dei lettori non va oltre il titolo e, forse, il primo paragrafo. La loro impressione sarà, comprensibilmente, che “i militanti di Gaza” hanno iniziato gli attacchi e che i Sionisti “hanno risposto.” Ma una cosa del genere è ben lontana dalla verità. Bisogna leggere fino al quindicesimo paragrafo per capire che quei “fatti” sono probabilmente falsi: L’esercito israeliano ha riferito venerdì che due soldati erano stati lievemente feriti durante uno scambio di colpi lungo il confine con Gaza. Come risposta, Israele aveva colpito obiettivi appartenenti alle Brigate di Izzedine al-Qassam, l’ala militare di Hamas, uccidendo due miliziani.
Sempre venerdì, due manifestanti palestinesi erano stati uccisi mentre prendevano parte alle manifestazioni che si tengono tutte le settimane alla barriera di confine con Israele, aveva affermato il Ministero della Sanità palestinese.
Notate la successione temporale. Lo scambio di colpi è nuovamente descritto come una “risposta” da parte di Israele. I due dimostranti uccisi, che erano disarmati e non rappresentavano nessuna minaccia per Israele, sono menzionati solo di sfuggita.
Ma era stato il loro omicidio, da parte dei cecchini israeliani, che, in realtà, aveva dato origine all’escalation della violenza: “Si tratta di una risposta al fatto che pacifici civili erano stati presi di mira dai cecchini israeliani durante il 58° venerdì della Grande Marcia del Ritorno,” aveva detto Basem Naim, membro dell’ufficio di Hamas per le relazioni internazionali, riferendosi alle proteste settimanali che avvengono a Gaza fin dallo scorso anno. “Inoltre, [è una risposta] contro le politiche di prolungamento dell’occupazione e per l’interruzione dell’assedio di Gaza.”
Un secondo articolo sul blog di Bezos, postato successivamente, segue lo stesso schema, anche se il suo primo paragrafo è un po’ più neutrale. È sottolineato: Il numero delle vittime aumenta mentre i militanti di Gaza lanciano più di 400 missili su Israele e Israele risponde con attacchi aerei Un’escalation nei combattimenti tra Israele e Hamas a Gaza, durante il fine settimana, ha anche causato nella giornata di domenica numerose vittime, con la notizia che sei palestinesi, tra cui una madre incinta e un bambino, erano stati uccisi dagli attacchi aerei israeliani contro l’enclave palestinese ed era morto anche un Israeliano, mentre più di 450 razzi e proiettili venivano sparati da Gaza nel sud di Israele. Nei paragrafi seguenti ci sono otto dichiarazioni attribuite agli Israeliani e solo una ai Palestinesi. L’omicidio del venerdì di due civili palestinesi è menzionato solo al paragrafo sedici.
Il New York Times è ugualmente di parte, con un titolo che afferma mendacemente che Israele “risponde”: I militanti di Gaza lanciano 250 missili e Israele risponde con attacchi aerei Sabato scorso, militanti palestinesi hanno lanciato circa 250 fra razzi e colpi di mortaio nel sud di Israele da Gaza e le forze armate israeliane hanno risposto con attacchi aerei e di carri armati contro obiettivi in tutto il territorio palestinese, mentre le tensioni lungo il pericoloso confine salivano alle stelle e il fragile cessate il fuoco vacillava nuovamente. Il pezzo dà anche ampio spazio alle rivendicazioni dell’esercito israeliano. L’omicidio dei due palestinesi di venerdì, causa prima dello scambio di colpi, è menzionato come fatto senza importanza nel quindicesimo paragrafo: L’escalation di violenza di sabato è avvenuta il giorno dopo che due soldati israeliani erano stati feriti da un cecchino di Gaza e quattro Palestinesi erano stati uccisi. Due erano stati colpiti dalle forze israeliane durante la protesta settimanale del venerdì lungo la recinzione che divide il territorio costiero palestinese da Israele, secondo gli operatori sanitari di Gaza.
Questo falso rapporto, secondo cui Israele “risponde” non è una novità. Come Louis Allday aveva scritto nel 2011: Se si consultano solo i media tradizionali per avere informazioni sul conflitto in Palestina, ciò che colpisce subito è che Israele sembra essere in uno stato permanente di “rappresaglia,” un termine che conferisce subito almeno un minimo di legittimità o di giustificazione all’atto a cui si riferisce. Israele non viene mai presentato come l’aggressore e, per quanto le sue azioni siano condannate (e lo sono da alcuni media tradizionali), vengono invariabilmente descritte come reazioni nei confronti di qualche forma di provocazione. Viceversa, i missili lanciati dalla Striscia di Gaza o dal Libano meridionale sono abitualmente presentati come “attacchi,” mai come “ritorsioni,” anche se Israele aveva lanciato un devastante attacco missilistico immediatamente prima dell’evento, come spesso accade.
Il pubblico è condizionato in modo subliminale a pensare che Israele è una vittima permanente, che a volte è costretta ad attaccare in risposta all’aggressione, apparentemente irrazionale e ribelle degli attori illegali non statali che la circondano. Questo modo distorto e superficiale di raccontare i fatti da parte dei media statunitensi sui conflitti scatenati da Israele viene contraddetto dagli articoli che si pubblicano in Israele stesso. Questa recensione di Haaretz sull’escalation di questo fine settimana, anche se di parte, è molto più istruttiva di qualsiasi altra segnalazione proveniente dagli Stati Uniti. Illustra il retroscena politico della lotta: Hamas forza la mano ad Israele proprio prima dell’Eurovisione e del Giorno dell’Indipendenza L’uccisione di agenti di Hamas, il ritardo nel trasferimento di fondi dal Qatar hanno provocato una significativa escalation.
L’escalation tra Israele e le fazioni di Gaza nel fine settimana, più di 400 missili lanciati contro Israele, un ampio bombardamento su Gaza da parte dell’aviazione, sette Palestinesi uccisi e sei Israeliani feriti, riflette un tentativo di Hamas di affrontare i suoi problemi economici facendo pressione militare su Israele in un momento delicato.
Per capire cosa sta succedendo, è fondamentale rivisitare gli eventi che hanno preceduto le elezioni del 9 aprile. Negli ultimi mesi, funzionari dell’intelligence egiziana hanno fatto da mediatori tra Israele e Hamas, nel tentativo di raggiungere accordi a lungo termine. I Palestinesi avrebbero messo fine ai lanci di bombe incendiarie e ai missili, mentre Israele avrebbe facilitato i movimenti attraverso i valichi di frontiera, consentito il trasferimento di ingenti capitali dal Qatar alla striscia di Gaza e preso provvedimenti per la realizzazione a Gaza di progetti su larga scala, finanziati a livello internazionale, volti a migliorare le infrastrutture fatiscenti. In una fase successiva, sarebbero ripresi i colloqui sullo scambio di prigionieri.
In vista delle elezioni, e alla luce delle promesse fatte dal governo di Benjamin Netanyahu nella speranza di evitare un conflitto proprio mentre gli Israeliani erano al voto, Hamas aveva fatto tacere le armi. Ma la ricompensa non era arrivata abbastanza in fretta da soddisfare i Palestinesi. Israele non era stato veloce nel rispettare i suoi impegni. Le concessioni ai valichi di frontiera erano state tutt’altro che tempestive, il numero di camion che quotidianamente rifornivano Gaza era modesto, e le procedure per aumentare la fornitura di elettricità non erano nemmeno iniziate.
Un articolo di Haaretz, sfortunatamente a pagamento, fa il giusto paragone storico: l’insurrezione del ghetto di Gaza In questo caso è indubbiamente la parte palestinese che sta rispondendo alla violenza israeliana. Ma, anche se i Palestinesi lanciassero missili senza una causa evidente, questo rientrerebbero nei pieni diritti del popolo palestinese.
Nella Risoluzione del 37/43 del 1982, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva ribadito: la legittimità della lotta dei popoli per l’indipendenza, l’integrità territoriale, l’unità nazionale e la liberazione dalla dominazione coloniale e straniera e dall’occupazione straniera con tutti i mezzi disponibili, compresa la lotta armata. La risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è valida come legge internazionale. Il popolo palestinese ha il diritto di resistere contro la forza di occupazione. In pratica, e anche legalmente, Israele è un’entità coloniale che occupa il territorio palestinese, specialmente a Gaza e in Cisgiordania. Qualsiasi forma di lotta armata, provocata o no, da parte dei Palestinesi contro l’occupazione è quindi moralmente e legalmente giustificata. Ma non aspettatevi che qualche media mainstream “occidentale” ne parli.
Moon of Alabama Fonte:moonofalabama.org
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