https://comune-info.net/ 04 Agosto 2019
Il dio invisibile di Mauro Armanino
La frase “In God We Trust” è apparsa per la prima volta volta sulle banconote Usa nel 1957. Dall’11 settembre 2001, tutte le scuole pubbliche lo espongono ma lo si trova anche in ufficio, nelle biblioteche e nelle caffetterie.
In God we trust è stampato sul retro dei biglietti verdi chiamati dollari. Ci fidiamo di dio, crediamo in dio, ci rimettiamo a dio. Il dio invisibile dell’Occidente appare per poi scomparire nell’invisibilità del sistema. Comanda, esige, detta comportamenti e opzioni di vita. La moneta lo materializza per poi diluirlo in una parodia di religione che tutto pervade e organizza. Un dio senza faccia e senza nome che prende in prestito tutto quanto gli serve per portare a compimento il suo piano di conquista imperiale. Un dio che fa dell’assenza e del vuoto l’orizzonte verso il quale andare che, come tutti gli orizzonti, si sposta più in là, avvicinandosi.
Foto tratta da The Madison-Rafah Sister City Project Chi ritorna da lontano, dopo una parvenza di allontanamento dall’Occidente, lo nota come fosse una maschera che tutto ricopre e imprigiona. Il dio invisibile possiede piani e strategie di occupazione di ambiti, territori, usi e costumi. È invasivo e pervasivo come solo chi tutto manipola può osare compiere. Il suo primo ambito di svuotamento avviene nelle parole che, colonizzate e poi espropriate del loro senso e vocazione, si trasformano in temibili veicoli di menzogna. Detta operazione, facilitata dagli attuali mezzi di comunicazione, costituisce il primo e decisivo passo della falsificazione della realtà che del dio invisibile è la condizione fontale. Il delitto semantico, che consiste nel sopprimere il significato proprio delle parole, è all’origine dei crimini che sono poi perpetrati in suo nome. Il delitto di solidarietà ne costituisce un esempio che, seppur parziale, bene ne esprime la deriva.
In God we trust è stampato, come marchio registrato, sulla cancellazione della memoria di tutto quanto può far ricordare che prima c’era un’altra realtà. Esattamente come quanto accade in Palestina nel momento in cui l’esercito e lo stato di Israele distruggono le case di quanti hanno osato ribellarsi alla violenza del sistema. C’erano fabbriche, luoghi di vita e di resistenza, legami di storie e lotte per affermare che la giustizia non si baratta con niente. C’erano casolari e orti e orari per irrigare e alberi da frutto che cambiavano di colore annunciando la primavera o l’inverno. Le ore non erano vuote di senso e persino i temporali erano l’occasione per accendere una candela alla finestra per scongiurarne gli effetti nefasti.
In God we trust è stampato sulla mente dei cittadini. Il dio invisibile, che svilisce le parole rubandone il significato autentico, apre la porta alla menzogna sulla realtà, opera una cancellazione sulla memoria e compie l’ultimo e decisivo passo. Tutti consumatori di tutto è il marchio definitivo e il sigillo posto all’impero di questo dio invisibile. Aree geografiche sempre più aperte ai mercati, la guerra come mezzo per renderli docili e l’allargamento globalizzato del consumo fino all’ultimo centimetro dell’umano. Non ci sono ambiti che possano dichiararsi esenti dal processo di adeguazione al consumo che si trasforma in religione dominante e ultimativa del sistema in questione.
Da bambini, dall’utero materno (dei poveri) in affitto, dai primi giorni di vita, dai primi passi, dai primi vagiti, dalle prime attività scolastiche e sportive, dal matrimonio per tutti, al lavoro a tempo indeciso, dagli organi umani mercanzia per i possidenti, tutto è consumato e consumabile. Il dio invisibile ha vinto quello che voleva, il signore del mondo degli anelli che tutto sembrano avvincere e avvolgere come una grande catena della schiavitù delle mercanzie. In God we trust è stampato sulla sabbia del Sahel e del Niger appena lasciato che oggi festeggia l’indipendenza mai accaduta piantando un albero. Il vento ha cancellato per sempre lo scritto.
Casarza Ligure, 3 agosto 2019 |