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27 dicembre 2018

 

La vera sciagura del 2019? Trump e le banche centrali (che faranno più danni della recessione)

 

Le crisi fanno bene all’economia e sono la precondizione per la crescita di lungo periodo: combatterle a colpi di tassi bassi e iniezioni di liquidità è una follia che genera solo inflazione e distorsioni. In America come in Europa

 

Dalla fine della seconda guerra mondiale un mito dannoso si aggira per il mondo occidentale, ovvero che i governi, attraverso “la buona politica”, possano evitare le recessioni economiche generando un mondo di perpetua crescita e piena occupazione. Nel termine “governi” van comprese le banche centrali le quali – alla faccia delle cretinate sovraniste ma anche delle teorizzazioni di chi ne sogna una “indipendenza” tanto indefinita quanto improbabile – vengono caricate infatti della responsabilità principale: “stampare” la moneta che compie il miracolo. Il mito in questione – quello delle politiche capaci di eliminare il ciclo invece di assorbirne l’impatto sul corpo sociale attraverso strumenti assicurativi – è una fantasia basata sul sogno popolare della cornucòpia ed alimentato dal keynesismo populista che mischia spesa pubblica a go-go con banche centrali che “stampano” trillioni regalandoli a destra e manca.

Quando si adottano per molti anni politiche basate su assurde fantasie, le conseguenze rischiano di essere gravi. Accadde nel 2010-2011, in Europa, con il debito pubblico accumulato per decenni da politici che con esso avevano comprato elezione dopo elezione. Accadde nel 2007-09, negli USA, con quello privato finanziato da un sistema bancario a cui la Fed, guidata da un Greenspan convinto d’essere l’ubermensch, aveva permesso di tutto. Era accaduto anche prima: durante il decennio degli anni ’70 la ricerca della crescita via debito pubblico ed espansione monetaria aveva regalato solo stagflazione all’intero mondo occidentale. Per essere curata essa richiese, atto più unico che raro, un esplicito abbandono del mito e l’adozione di un realismo politico che oggi rimpiangiamo e di cui avremmo invece grande bisogno, sia in Europa che negli USA.

Una volta ancora, infatti, è dallo scontro politico in atto negli USA e dalle ambizioni politiche del suo presidente che viene, nell’immediato, il pericolo maggiore. Che una qualche forma di rallentamento nella crescita reale e nella profittabilità dei settori ciclici stesse arrivando era chiaro da tempo ed il mercato azionario aveva già scontato l’evento. Ma ecco che, da un lato, ti arriva la Fed la quale – oramai sottomessa al mandato politico di fare il miracolo nel caso la recessione arrivi – vuole aumentare i tassi al più presto. Deve farlo perché, avendoli lasciati bassi troppo a lungo per compiacere il politico precedente, se non li aumenta di almeno 200 punti base, non avrà spazio per abbassarli quando la recessione, che così facendo rischia di favorire, lo richiederà! Dall’altro ti arriva Trump ad esigere che agli shock reali (fra cui le sue politiche) si ponga rimedio iniettando maggiore liquidità e tenendo i tassi bassi. Risultato: confusione ed incertezza, ovvero ciò che gli operatori economici odiano di più e che fa crollare le borse. 

 

Perché la recessione USA è in attesa di arrivare da circa un anno e non c’è alcuna ragione per cercare di evitarla: le recessioni fanno bene alla crescita perché sono lo strumento attraverso cui il sistema economico si “purga” dei cattivi investimenti, delle imprese fallimentari e della cattiva allocazione delle risorse. Per poi provare a crescere di nuovo. Senza recessione, non c’è crescita di lungo periodo perché questa richiede anzitutto la riallocazione di risorse che permette ed induce il cambio tecnologico e l’aumento della produttività complessiva. Cercare di impedire che questo avvenga iniettando liquidità e spesa pubblica ha sempre e solo l’effetto di creare processi inflazionistici. Dalla fine degli anni ’60 sino alla “cura Volcker” del 1981-82 queste iniezioni producevano inflazione e stagnazione. Da allora, a seguito dei cambiamenti nel funzionamento mondiale dei mercati finanziari, creano bolle speculative in questo o quel asset e crolli drammatici negli investimenti e nei livelli occupazionali quando una di esse esplode. E le bolle, prima o poi, esplodono tutte ... persino Bitcoin!

 

In Europa la situazione non è molto migliore anche se oggettivamente differente. Anche in questo caso, per effetto di una pressione politica persino maggiore di quella subita dalla Fed, la BCE ha esteso durata ed ampiezza del QE oltre i limiti che il buon senso economico avrebbe raccomandato. Lo ha fatto per la semplice ragione che il mito populista – che in Italia regna sovrano almeno dai tempi del secondo governo Berlusconi – chiedeva che la ripresa arrivasse grazie all’espansione monetaria a finanziamento di spesa pubblica. Per questo la BCE ha cercato per anni di forzare una ripresa duratura laddove (Italia, Grecia e Portogallo ma anche Francia) le condizioni strutturali, per scelta politica di quei paesi, non erano presenti. Ed infatti, guarda caso, in quei paesi c’è stata una ripresa rachitica sparita al primo stormir di fronda. In compenso la BCE è arrivata a fine 2018 con i tassi a zero, una quantità enorme di riserve inutilizzate in pancia alle banche e sintomi palesi di recessione in arrivo, o già in corso in alcuni paesi. In queste circostanze e dopo aver deciso da pochi mesi di terminare il QE, la BCE si sta preparando ad alzare i tassi d’interesse dopo sette anni durante i quali non hanno mai superato l’1,00%! Questa è esattamente l’operazione di politica monetaria che, quando una recessione sta arrivando, rischia di creare il panico sui mercati dove molti operatori hanno approfittato della leva finanziaria per l’acquisto di titoli. Ma d’altro canto, se hai già tassi negativi ed hai riempito le banche di riserve per timore dei “pugni sul tavolo” di questo o quell’altro pifferaio magico, cosa dovresti fare? 
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Perseguire fantasie populiste prima o poi costa assai. Nel caso di quelle monetarie e fiscali le fantasie hanno un costo particolarmente alto quando le altrimenti fisiologiche recessioni arrivano. Prepariamoci ad incominciare a pagarne il prezzo durante il 2019. Buon anno a tutti, sempre e comunque.

 

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