Video: https://youtu.be/G1b_5FSocuw
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Gio, 23/06/2016
Il terrorismo islamico? Un complotto massonico
di Giuseppe De Lorenzo
Il movimento dei Tabligh Eddawa fatica a riconoscere le responsabilità dell'islam: "Il terrorismo? È tutta opera della massoneria"
Hamid sorride. Gli altri ascoltano con indifferenza. “Quei versetti – spiega l'imam - riguardano solo il periodo in cui sono stati dettati da Allah a Maometto, non sono rivolti a noi oggi”. Non possono, insomma, giustificare il terrorismo.
"Siamo noi i veri islamici e abbiamo già preso Roma"
Sicuramente sarà corretto. Ma se fosse davvero così facile derubricare in tal modo quelle frasi, il delicato problema del jihadismo islamico sarebbe già risolto. Basterebbe delegare un'autorità ad indicare chiaramente quali versetti coranici sono da interpretare e quali da applicare alla lettera. Ma è proprio su questo punto che la discussione con Hamid si arena. “Chi può interpretare il Corano? Nessuno, o solo pochi sapienti potevano”, si affretta a precisare. E così, mancando un "Papa" legittimato a spiegare ai fedeli il modo corretto di leggere il libro sacro, nessuno può negare ai kamikaze il diritto di dedicare ad Allah il sangue che scorre nelle città europee.
I Tabligh sono restii ad analizzare il terrorismo. È un tema scottante, che investe la sfera della politica, dell'orgoglio personale, del rapporto con i cristiani e con le altre religioni del libro. Sia chiaro: i musulmani itineranti non sostengono il jihad. Durante i tre giorni vissuti con loro (guarda il video), infatti, mai una parola è stata spesa in favore della lotta agli infedeli. "Uccidere è il più grande dei peccati", spiega Maufakir mentre cucina il cuscus: un fedele piò impugnare le armi solo per “combattere chi ci impedisce di professare la nostra fede”. E poiché in Italia non è vietato praticare il Ramadan, non è lecito sposare la causa terrorista.
"L'Occidente ormai è fallito. Va curato con il Corano"
Eppure, l'atteggiamento del gruppo di islamici radicali è duplice. Da una parte condannano senza mezzi termini gli attentati; dall'altra, non nascondono una vena di complottismo sull'origine del jihadismo. Un comportamento che tende a spostare le responsabilità dal mondo islamico a quello occidentale. Negano, infatti, che le bombe siano diretta espressione di una ideologia che trova nel Corano il suo testo di riferimento: “Gli attacchi – spiega Jaouad – non sono opera dei musulmani. È tutto costruito: c'è qualcuno dietro... ”. Di fronte ai microfoni, nessuno si sbilancia sugli autori di questo presunto complotto e l'attenzione si sposta sui media, accusati dai Tabligh di falsificare i video degli attentati: “Io non ho mai visto un musulmano uccidere – sbotta Jaouad – queste cose le trasmette solo la televisione, finché non le vedrò con i miei occhi non ci crederò”. Poi, pensando che la telecamera fosse spenta, aggiunge: “Dietro il terrorismo islamico c'è la massoneria".
Chi sono i Tabligh Eddawa
Ecco. Stupisce il modo in cui minimizzano le responsabilità dell'islam. Più volte Hamid ripete che le colpe dei singoli non possono ricadere sulle spalle di tutta la religione. Ed è vero. Ma dirottarle sui media non aiuterà a sconfiggere il cancro jihadista. Il mondo musulmano ha commesso, oppure no, degli errori? Anche solo di sottostima del problema terroristico?
“Voglio raccontarti un episodio successo realmente – prende allora la parola Muhammad -: un brav'uomo un giorno ha gettato un secchio di acqua bollente in un tombino e subito dopo un demone ha preso possesso del suo corpo. L'esorcista mi disse che versando l'acqua, quell'uomo aveva interrotto un matrimonio tra demoni scatenando la loro ira. Lui urlava, si gettava a terra, attaccava i fratelli e le sorelle. Era impazzito. Non poteva più controllare le sue azioni”.
Ci è voluto un po' per capire il significato del racconto, ma credo Muhammad intendesse dire che chiunque può produrre il male se posseduto dal demonio. Il terrorismo, insomma, sarebbe solo ispirato dal maligno. Non il prodotto naturale della religione, né un comando di Allah.
Dossier, inchieste, terrorismo: "Operano come la mafia"
In questo ragionamento rientra anche la nascita dell'Isis (il cui Califfo per i Tabligh è “criminale” e “da sconfiggere”): Daesh non è visto come metastasi di un tumore nato all'interno dell'islam, ma come qualcosa di eterodiretto. Una pedina politica delle potenze straniere. “Per me – sentenzia Jaouad – l'Isis è una organizzazione criminale organizzata da qualche furbetto che cerca di sporcare la faccia dei musulmani”. Furbetto chi?, provo a chiedere. “Dovresti indagare – risponde sicuro – Daesh è una cellula americana”. Dalla massoneria agli Usa, alla fine l'islam non è mai colpevole.
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25/2/19
I Tabligh, islamici: il terrorismo Isis viene dai massoni Usa
Date retta: il terrorismo islamico è roba americana, fabbricata da massoni. Chi lo dice? Un musulmano integralista, Jaouad, intervistato da Giuseppe De Lorenzo sul “Giornale”, nell’ambito di un report esclusivo sui Tabligh Eddawa, frati missionari itineranti. E’ la prima volta, a quanto pare, che sulla stampa italiana compare una denuncia simile. Le comunità islamiche hanno regolarmente condannato il terrorismo condotto in nome di Allah, sia che si trattasse di Al-Qaeda che poi dell’Isis. Ma non si erano mai spinte – sui giornali, almeno – a denunciare direttamente settori della massoneria atlantica. I grandi media, certo, evitano di ricordare che lo stesso Osama Bin Laden fu reclutato da Zbigniew Brzezinski, stratega della Casa Bianca, per guidare i muhajeddin in Afghanistan contro l’Urss. C’è voluto Gioele Magaldi per spiegare – nel saggio “Massoni” – che Brzezinski, pezzo da novanta della massoneria mondiale nonché della Commissione Trilaterale, non si limitò a ingaggiare Bin Laden come pedina strategica: il leader della futura Al-Qaeda venne “iniziato” alla superloggia “Three Eyes” (che poi abbadonò, dice sempre Magaldi, per passare coi Bush nella “Hathor Pentalpha”, una Ur-Lodge sospettata di aver ispirato il maxi-attentato dell’11 Settembre).
Le prove? Magaldi dichiara di disporre di 6.000 pagine di documenti da poter esibire. Ma nessuno, dal 2014, si è mai fatto avanti per contestare le sue rivelazioni, secondo cui alla “Three Eyes” apparterrebbero personaggi di primissimo piano, da Henry Kissinger a Giorgio Napolitano. Quanto all’Isis, è illuminante il saggio “Dalla massoneria al terrorismo” firmato da Gianfranco Carpeoro nel 2016: un libro che analizza il retroterra simbolico – non islamico, ma interamente massonico e “templarista” – dei sanguinosi attentati condotti in Europa negli ultimi anni. Stragi affidate a manovalanza islamista e finite tutte nello stesso modo, con l’uccisione dei killer da parte della polizia, prima che un interrogatorio potesse consentire agli inquirenti di risalire agli eventuali mandanti. Ora, a confermare che sarebbe stato il braccio oscuro dell’Occidente a passare “dalla massoneria al terrorismo” sono i Tabligh Eddawa, asceti islamici che battono anche le nostre strade, di moschea in moschea. «Gli studiosi – scrive De Lorenzo, sul “Giornale” – li chiamano i “testimoni di Geova dell’Islam”. E forse i Tabligh Eddawa lo sono. O se volete sono i “frati di Maometto” che islamizzano l’Italia».
Missionari, itineranti e radicali. «Predicano il vero Islam, vivono imitando lo stile di vita del Profeta e su questa strada cercano di riportare tutti i musulmani dalla fede affievolita». Il movimento nacque cent’anni fa in Pakistan dall’idea di Muhammad Ilyas Kandhalawi. «Da allora si sono diffusi in tutto il mondo, Italia compresa». Ogni membro, spiega De Lorenzo, deve seguire sei principi fondamentali: la preghiera, il ricordo continuo di Dio, lo studio, la generosità, la predicazione e la missione. «Ognuno deve sforzarsi in un percorso di auto-riforma verso il “vero”, unico Islam». “Eddawa” significa “parlare di Dio”, “Tabligh” invece “andare a portare il messaggio”: per questo, il loro obiettivo ultimo è la predicazione. Nel mondo, ricorda il “Giornale”, ci sono tra i 70 e gli 80 milioni di musulmani itineranti. Ma di loro si sa poco: non ci sono elenchi ufficiali dei membri e non esistono bilanci scritti. Non esiste una sede centrale italiana, ma solo cellule – in ogni moschea – che scelgono i responsabili «in base alla saggezza e al percorso di crescita personale». Durante le missioni i partecipanti si auto-tassano per sostenere le attività e gli spostamenti. «Il più delle volte dormono a terra, nelle moschee delle città dove si recano a predicare».
Di loro, l’antiterrorismo italiano sa molto: anche se rifiutano categoricamente la violenza, sono strettamente monitorati dall’apparato di sicurezza che finora ha impedito che in Italia si verificassero gravi fatti di sangue, come invece è accaduto nel resto d’Europa. Nel suo pregevolissimo reportage, Giuseppe De Lorenzo restituisce perfettamente il clima dei colloqui intrapresi durante i tre giorni trascorsi insieme ai Tabligh Eddawa. «Uccidere è il più grande dei peccati», spiega Maufakir: un fedele può impugnare le armi solo per «combattere chi ci impedisce di professare la nostra fede». E poiché in Italia non è vietato praticare il Ramadan, non è lecito sposare la causa terrorista. L’atteggiamento del gruppo islamico radicale è duplice, osserva De Lorenzo: da una parte condannano senza mezzi termini gli attentati, dall’altra non nascondono una vena di complottismo sull’origine del jihadismo. «Un comportamento – annota il reporter – che tende a spostare le responsabilità dal mondo islamico a quello occidentale. Negano, infatti, che le bombe siano diretta espressione di una ideologia che trova nel Corano il suo testo di riferimento». Lo confermano le parole di alcuni di loro, come Jaouad: «Gli attacchi non sono opera dei musulmani. È tutto costruito: c’è qualcuno dietro».
Di fronte ai microfoni, scrive De Lorenzo, nessuno si sbilancia sugli autori di questo presunto complotto. E l’attenzione si sposta sui media, accusati dai Tabligh di falsificare i video degli attentati. Un altro esponente della comunità, Hamid, ripete che le eventuali colpe dei singoli non possono ricadere sulle spalle di tutta la religione. L’Isis? Secondo i Tabligh Eddawa non è opera di Allah, ma del demonio. Abu-Bakr Al-Bahdadi? Per Magadi è un supermassone, esponente – come già Bin Laden – della “Hathor Pentalpha”. «Un criminale da sconfiggere», lo giudicano i “frati di Maometto”. Osserva De Lorenzo: «Daesh non è visto come metastasi di un tumore nato all’interno dell’Islam, ma come qualcosa di eterodiretto». Letteralmente: una pedina politica delle potenze straniere. «Per me – sentenzia Jaouad – l’Isis è una organizzazione criminale organizzata da qualche furbetto che cerca di sporcare la faccia dei musulmani». Furbetto manovrato da chi? «Dovreste indagare», risponde con sicurezza Jaouad: «Daesh è una cellula americana». Tombola: così si spiegano meglio anche le foto che, qualche anno fa in Siria, ritraevano Al-Baghdadi con l’inviato di Obama, John McCain.
E’ comunque la prima volta – grazie al quotidiano milanese diretto da Alessandro Sallusti – che i media italiani registrano la denuncia del complotto, per bocca di esponenti musulmani radicali: si scrive Isis, ma si legge massoneria Usa. O meglio: spezzoni occulti della massoneria di potere di stampo reazionario, quella che alimenta il Deep State e la strategia della tensione internazionale, con il terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, regolarmente proposto al pubblico occidentale sotto mentite spoglie, a colpi di “fake news”. Al “Giornale” ha collaborato a lungo Marcello Foa, la cui elezione alla presidenza della Rai – sostiene Gianfranco Carperoro – è stata a lungo ostacolata dal supermassone francese Jacques Attali, “padrino” di Macron. Ad Attali, addirittura Napolitano avrebbe consigliato di premere su Berlusconi, attraverso Tajani, per far mancare a Foa i numeri necessari. Nel saggio “Gli stregoni della notizia”, lo stesso Foa spiega come la verità venga sistematicamente deformata. Non è un caso, probabilmente, che sia proprio il “Giornale” a firmare lo scoop che accusa di terrorismo la massoneria atlantica, attraverso la voce dei “missionari del Profeta”.
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