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martedì 13 agosto 2019
Lettera aperta di un insegnante a Matteo Salvini
Enrico Galiano scrive al ministro sottolineando che fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te, ma significa spingerli a pensare.
Caro Ministro dell’Interno Matteo Salvini ,
ho letto in un tweet da Lei pubblicato questa frase: “Per fortuna che gli
insegnanti che fanno politica in classe sono sempre meno, avanti futuro!”.
Bene, allora, visto che fra pochi giorni ricominceranno le scuole, e visto
che sono un insegnante, Le vorrei dedicare poche semplici parole, sperando
abbia il tempo e la voglia di leggerle. Partendo da quelle più importanti:
io faccio e farò sempre politica in classe. Il punto è che la politica che
faccio e che farò non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una
qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla come te a tutti i
costi. Non è così che funziona la vera politica.
La politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta:
come vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come
costruire insieme una polis forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha
tutto un altro sapore, detta così, vero?
Ecco perché uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio Caproni, di
Emily Dickinson, di David Maria Turoldo è fare politica. Spiegare al
ragazzo che non deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi
sentire è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di
gulag e di tutti gli orrori commessi nel passato perché i nostri ragazzi
abbiano sempre gli occhi bene aperti sul presente è fare politica.
Fotocopiare (spesso a spese nostre) le foto di Giovanni Falcone, di Malala
Yousafzai, di Stephen Hawking, di Rocco Chinnici e dell’orologio della
stazione di Bologna fermo alle 10.25 e poi appiccicarle ai muri delle
nostre classi è fare politica.
Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in prima
pagina sul giornale c’è l’ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio insieme
ai ragazzi a cercare di capire com’è che in questo Paese le donne muoiono
così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello,
soprattutto quello, è fare politica.
Insegnare a parlare correttamente e con un lessico ricco e preciso,
affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani
non siano succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica.
Accidenti se lo è.
Sì, perché fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come
te: vuol dire spingerli a pensare. Punto. È così che si costruisce una
città migliore: tirando su cittadini che sanno scegliere con la propria
testa. Non farlo più non significa “avanti futuro”, ma ritorno al passato.
E il senso più profondo, sia della parola scuola che della parola politica,
è quello di preparare, insieme, un futuro migliore. E in questo senso,
soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica in classe.
Enrico Galiano