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La strage di Bologna secondo “Siegfried” e la rete “Gelhen”. Una luce sui molti misteri
OFCS.report, sito con cui abbiamo ottimi rapporti e che segue con attenzione e competenza il tema della sicurezza, si occupa della Strage di Bologna del 1980, vicenda che, per la magistratura ufficiale, ha avuto una certa matrice di estrema destra, ma che ha ancora tanti lati oscuri e ben poco convincenti. Basti dire che i colpevoli, nonostante la possibilità di godere di benefici di legge, hanno sempre veementemente negato di aver preso parte al fatto.
Siegfried, al secolo Adriano Monti, era un chirurgo membro dell’organizzazione anticomunista tedesca Gelhen, resa pubblica nel 2005, e presenta una spiegazione completamente diversa dei fatti:
Un evento non previsto, che condurrebbe sì verso la pista palestinese, ma per altre strade. La strage di Bologna, una ferita ancora aperta per l’Italia, sarebbe avvenuta per un tragico errore, un caso, una fatalità. Insomma, nulla di preparato da parte dei palestinesi e tantomeno dell’eversione nera. L’incredibile rivelazione arriva dal nuovo libro di Adriano Monti, chirurgo italiano e agente sotto copertura per una vita all’interno della rete Gelhen.
Nelle pagine di “Servizi discreti”, Monti racconta la storia dopo la fine della seconda guerra mondiale attraverso la sua vita, il suo lavoro e la rete di intelligence di cui faceva parte.
Le informazioni sulla strage di Bologna arrivano da Gaza E proprio in mezzo alle trame di vicende che si dipanano tra Italia, Francia, Africa e Medio Oriente, Monti incontra la sua fonte, un certo Abu Omar, che gli fornisce una versione sulle cause della strage del 2 agosto 1980: “Come ho scritto nel libro, la confessione di questo mio interlocutore, (che era uno dei nostri informatori più importanti che stava nel gruppo di collaboratori di Araft) in punto di morte, fra l’altro insieme ad altre rivelazioni a Gaza, dove io andai a trovarlo, fu appunto questa sulla strage di Bologna dicendomi che era stato qualcosa che loro non si aspettavano”. E allora, cosa sarebbe accaduto? Alla domanda risponde ancora il dottor Monti, che per la rete Gelhen usava il nome in codice ‘Siegfried’: “La fonte mi ha detto che sapevano che a bordo di un treno c’erano questi due palestinesi, appartenenti a uno dei gruppi più facinorosi, con esplosivo che avevano fornito i cecoslovacchi. Esplosivo speciale che doveva essere attivato elettronicamente a distanza e per il quale, probabilmente, mi disse questi non avevano una sufficiente esperienza. Che cosa sia successo nessuno di loro se l’è mai saputo spiegare. Il fatto è che questi sono stati disintegrati con l’esplosione, perchè stavano su un treno e dovevano trasportare l’esplosivo a Trieste e consegnarlo a un loro corrispondente il quale doveva fare un attentato alla base di Aviano. Era l’epoca in cui si sospettava o si attendeva nell’ Italia del nord un’invasione da parte dei jugoslavi – prosegue Monti – e quindi, secondo lui, doveva essere la fase iniziale, perchè poi le Brigate Rosse e altri gruppi ex partigiani, che erano pronti a questa insurrezione, avrebbero dato man forte agli slavi. Sappiamo che questa notizia dei due palestinesi sul treno è arrivata a Cossiga. Poi che fine abbia fatto non lo sappiamo. Naturalmente io trasmisi questa notizia così importante al mio referente che in quel periodo, per quello che riguarda il Medio Oriente, era Otto Skorzeny”.
L’incontro con il generale dei servizi segreti italiani Dopo aver acquisito questa notizia, Siegfried continua a girare il mondo per le sue missioni ufficiali da chirurgo e quelle sotto copertura per la rete dei servizi segreti tedeschi operante durante la guerra fredda, e spalleggiata dalla Cia, in chiave anticomunista. La rete Gelhen ha continuato a esistere fino al 1998/99 e Adriano Monti ne ha fatto parte senza che la sua famiglia ne sapesse nulla. Nel 2005 un articolo de La Repubblica ne svela l’identità e tutti vengono a sapere di Siegfried, da quando si arruolò da volontario nelle SS fino all’arresto per il coinvolgimento con il golpe Borghese e molto altro. La questione della strage di Bologna, dopo averne viste e vissute tante, è però ancora oggi un puzzle che non riesce a completare. Anche perché, negli anni, altri contatti gli avrebbero confermato la notizia acquisita a Gaza da Abu Omar. “Durante la mia permanenza a Parigi, essendo all’ambasciata, avevo conosciuto un generale che era il capo dei servizi segreti italiani militari per tutta l’Europa ed eravamo diventati amici. Quando siamo rientrati in Italia nel 2000 ci siamo reicontrati e, siccome si era creata un’amicizia, ci siamo cominciati a frequentare. Purtroppo lui è morto due anni fa di un tumore al polmone e anche per questo mi sono a lungo interrogato se mettere il suo nome nel libro. In ogni caso, parlando di questi fatti (la strage di Bologna, ndr) mi disse che anche loro (perchè lui era stato per 10 anni il capo dei servizi italiani in Libano per tutto il Medio Oriente), avevano saputo (della storia dei due palestinesi con l’esplosivo, ndr) e fatto le loro relazioni sull’incidente. Però, ha aggiunto, a mio giudizio nessuno ne ha tenuto conto. So per certo che i nostri servizi segreti, quelli militari, hanno trasmesso ai giudici di Bologna ma questi o l’hanno fatto sparire o non ne hanno voluto tener conto”. Ma chi era questo generale dei servizi segreti in contatto con Monti? “Non ho voluto fare il suo nome per non danneggiarlo – spiega Siegfried con amarezza – e mi dispiace che sia morto perchè lui avrebbe detto: sì, se ti dicono qualche cosa lo dico pure io”, della notizia sulla strage di Bologna.
“Questa vicenda mi ha fatto pensare, sia per quello che mi ha detto lui (il generale dei servizi segreti italiani, ndr), sia per altre note che ho raccolto successivamente. Evidentemente – conclude Adriano Monti – i giudici avendo preso già all’inizio una certa decisione (tanto è vero che mi hanno detto che dopo pochi giorni dell’incidente avevano già messo alla stazione di Bologna un avviso in cui si diceva che era una strage fascista, poi ci hanno messo addirittura una targa in marmo, quando ancora non si sapeva come andava a finire e dovevano fare il processo), quindi (la segnazione, ndr) o l’hanno fatta sparire (non una ma più di una di queste rivelazioni), oppure non ne hanno tenuto conto”.
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