https://www.vice.com/it 25 aprile 2017
La storia meno nota delle donne della Resistenza di Elena Viale
Abbiamo parlato di cosa ha significato la Resistenza per le donne che facevano da staffette, e non solo.
Se avete una nonna piemontese, come l'ho avuta io, forse avrete già sentito racconti di corse in bicicletta con le direttive da passare da una brigata partigiana all'altra nell'elastico della gonna. Se, più probabilmente, a un certo punto della vostra carriera scolare vi è capitato di leggere Il partigiano Johnny, ricorderete il recalcitrare del protagonista nel riconoscere pur brevissimamente l'importanza del ruolo che le donne—spesso adolescenti—svolgevano:
"Il latente anelito di Johnny al puritanesimo militare, appunto, gli fece scuoter la testa a quella vista [delle numerose ragazze che facevo parte della brigata]. [...] Esse in effetti praticavano il libero amore, ma erano giovani donne, nella loro esatta stagione d'amore coincidente con una stagione di morte, amavano uomini doomed e l'amore fu molto spesso il penultimo gesto della loro destinata esistenza. Si resero utili, combatterono, fuggirono per la loro vita, conobbero strazi e orrori e terrori sopportandoli quanto gli uomini." La Resistenza è passata alla storia come una cosa da uomini, ma nelle file dei partigiani c'erano anche ragazze di poco meno o più di vent'anni, che oltre a contribuire in maniera importante alla lotta, hanno vissuto gli anni formativi in un ambiente—non solo politico, ma anche emotivo—particolarissimo. Di cosa ha significato quel periodo per le donne italiane, e di come tutte le promesse maturate allora si siano poi risolte in fumo, parla Rossella Schillaci nel documentario Libere, uscito nei cinema il 20 aprile. L'ho contattata per saperne di più.
VICE: Il film è una selezione di materiale d'archivio audio e visivo, tra cui interviste ma soprattutto scene di vita—immagini che non credevo nemmeno esistere...
Se il ruolo delle donne come staffette durante la lotta partigiana è piuttosto noto, il tuo documentario ha un altro focus: il fatto che questa partecipazione sia stata a tutti gli effetti anche un moto di liberazione della donna. "Ognuna l'ha fatto perché voleva sentirsi libera," dice un'intervistata.
Le donne entravano nel vivo della lotta magari per motivi "contingenti": avevano un fratello, il padre, il marito tra i partigiani—e infatti per esempio una dichiara di aver visto i propri cari ridotti in fin di vita, l'altra dice "c'era la rissa e nella rissa volevo esserci anch'io"... Ma il sottinteso comune è che fosse un anelito verso la libertà che in virtù del momento storico è venuto fuori.
Non c'era niente da perdere: erano sfollate, non studiavano, lavoravano nelle fabbriche o nelle campagne al posto degli uomini da quando avevano 13-14 anni. Si sentiva che c'era un cambiamento necessario in atto, per cui bisognava lottare. E in questo cambiamento molte dicevano di aver scoperto cos'era la politica, dopo vent'anni di dittatura e dopo che per tutta la storia era stata considerata una cosa da uomini. Insomma, hanno capito di essere assolutamente capaci di fare tutto quello che facevano gli uomini.
Spesso il loro ruolo era di staffette, ma molte nel tuo documentario lamentano che in seguito si sia sempre usato il termine in senso diminutivo.
Inoltre è andato dimenticato il loro ruolo nelle città, dove sono stati creati i Gruppi di difesa della donna, sia per tutelare le lavoratrici, sia per raccogliere aiuti da portare alle brigate, sia per difendere i carcerati e le loro famiglie. Era un tessuto capillare ed estremamente ben organizzato, a cui partecipavano 100mila donne. C'erano poi le fabbriche, dove le donne davano vita a scioperi e sommosse, veri e propri sabotaggi bellici; e portavano avanti un discorso di propaganda politica clandestina, sia con giornali e ciclostili, sia con comizi e informazione orale.
Guardando il documentario colpisce il fatto che le donne usino per descrivere la propria partecipazione alla Resistenza termini come "avventura", "incoscienza", "evasione" dall'ottocentismo dei genitori—l'aspetto della guerra vera e propria è secondario. Una donna racconta che andava a prendere in bici il plastico paracadutato dagli inglesi, e ride ripensando all'ufficiale che le diceva di stare attenta sulla via del ritorno perché cadendo con cinque chili di plastico addosso "avrebbe fatto un bel buco."
Sicuramente c'era molta incoscienza, in parte dovuta all'età. Ma un'altra donna mi ha detto una cosa importante: "Voi oggi non potete capire, in quel periodo per un niente venivi imprigionato, potevi morire, e comunque anche se non ti uccidevano si moriva di fame. Non avevamo niente da perdere." C'è quest'idea che sia tutto un periodo straordinario, e il grande entusiasmo con cui molte hanno partecipato dipende anche dal fatto che non esistevano alternative.
Le partigiane raccontano di essersi trovate per la prima volta libere, alla pari con gli uomini, anche nell'aspetto delle relazioni: amicizie, storie d'amore, sesso—"si faceva all'amore, e molto" dice una, "eravamo tutti compagni amici," dice un'altra. È andato davvero tutto così liscio?
A proposito di cose che non venivano chieste, stavo pensando che siamo gli ultimi ad avere la possibilità di parlare dal vivo alle persone che hanno vissuto quegli anni... Così come tante interviste si fermano alla Liberazione, anche se è importantissimo quello che succede dopo la Liberazione: c'è una grossa delusione per le donne, perché le aspettative, le speranze, le promesse maturate durante la guerra non sono state tutte mantenute. C'è stato un ritorno al passato.
Infatti, le donne che avevano vissuto quell'indipendenza lavorativa ed esistenziale, alla fine della guerra vengono rimesse al posto che avevano prima. Una di loro fa notare che "nonostante fossimo mogli di partigiani, i nostri mariti erano ancora dominanti." La società non era pronta?
Una donna in particolare sostiene che il femminismo degli anni Settanta e Ottanta si è dimenticato che molte cose erano già state fatte durante la Resistenza.
Come sempre nella storia, comunque, i risultati non sono univoci né di facile interpretazione: una partigiana, per esempio, fa notare che il fatto che le donne abbiano avuto subito il diritto di voto ha garantito tre decenni di governo della DC.
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