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Novembre 2, 2019

 

Colesterodio

di Francesco Carraro

 

Oddio! Forse odio. Non ci ho dormito la notte. Adesso che è operativa la Commissione anti-odio, quanto ci metteranno a scoprire che odio? Peggio, a scoprirmi se odio? Due giorni passati a sforzarmi di reprimere l’odio e ad esprimere solo sentimenti d’amore. Ma non mi ci riesce, lo confesso. Io odio. E odio odiare. Adesso che l’odio è stato vietato, realizzo di essere un odiatore seriale. Per dire, odio essere svegliato presto, la domenica mattina. E odio i programmi di cucina. Odio le code in tangenziale. Per la verità, odio anche le code in autostrada. Ora che ci penso, odio le pubblicità alla radio, odio il riso di zucca, odio i logorroici, odio le promozioni telefoniche, odio certi insetti, l’afa, le zanzare. Odio l’eccesso di zuccheri. E odio pure la carenza di sodio. O Dio, quanto odio.

O Dio, perché oltre all’amore, hai creato anche l’odio? Se ti risparmiavi sul punto, noi ci risparmiavamo la Commissione anti-odio. Ma ormai è andata. Mi sfianco nel vano conato di estinguere l’odio, ma invano. Mi odio per quanto sono indolente, così renitente a rinunciare ad odiare. Oddio, che ho detto? Mi odio? È permesso o è vietato odiare se stessi? Domani chiamo il numero verde della Commissione Segre e mi informo. Ma subito scopro che non c’è nessun numero verde. Il che mi manda su tutte le furie. Sia perché odio i numeri verdi, sia perché odio che la Commissione sull’odio non si sia dotata di un numero verde anti-odio.

In ogni caso, mi ha spiegato qualcuno, odiare te stesso va bene, se sei un odiatore. Comincio a confondermi e, lo ammetto, odio confondermi. Forse bisognerebbe proprio abrogarlo, l’odio. Ve lo immaginate un mondo senz’odio? Il contrario di un mondo senza Nutella. Poi, qualcuno mi illumina: non tutto l’odio vien per nuocere, alla pari dei mali del famoso proverbio. Per esempio, odiare i sovranisti, i populisti, gli anti-europeisti e i dissidenti in genere, si può. Ora comincio a capire. C’è l’odio buono e l’odio cattivo, proprio come il colesterolo. Si tratta solo di odiare nel modo giusto: un odio amorevole. Ma come si fa a odiare amando? Va’, che non è difficile. È solo questione di allenamento. Dopotutto, c’era riuscito – e ce l’aveva pure insegnato in versi –  il grande Catullo: “Odi et amo. Quare id faciam, eccetera eccetera”. Cioè, tradotto:  “Perché lo faccia, mi chiedi forse. Non lo so, ma sento che succede e mi struggo”. Mi ha letto nel pensiero, il fellone. Lo odio.

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Novembre 3, 2019

 

La Commissione Segre e l’insostenibile leggerezza della libertà d’espressione

di Francesco Carraro

 

Quanto è lodevole la Commissione parlamentare per la lotta all’odio? Tanto, tantissimo. Chi può obbiettare che l’odio sia una cosa brutta in sé, anzi bruttissima? Se fate un referendum riservato ad aspiranti cittadini delle scuole elementari (in attesa che qualche geniale proposta di legge di Grillo li faccia diventare cittadini elettori a tutti gli effetti) scoprirete che l’odio si colloca ai primi posti della speciale classifica delle cose cattive, anzi cattivissime. E allora dove sta il problema della Commissione Segre? I problemi sono due, per la verità. In primis, che il Parlamento italiano non è un asilo per l’infanzia; anche se le iniziative di parecchi suoi membri indurrebbero a sospettarlo. In secundis, che  la commissione istituzionalizza il “sentimento di Stato”. Lo Stato comincia ad occuparsi dei sentimenti. E quando lo Stato comincia ad occuparsi dei sentimenti o delle virtù, chiunque abbia a cuore quell’antico valore, oggi sempre più malinteso, chiamato libertà (soprattutto di espressione e di manifestazione del pensiero) deve sentire un brivido lungo, e freddo assai, corrergli giù per la schiena.

Una delle più grandi conquiste delle democrazie occidentali è stato proprio introiettare l’idea che il diritto è a-sentimentale. Non troverete una sola volta, nei 2969 articoli del codice civile, menzionata la parola “odio”. Nel codice penale essa è richiamata in un’unica occasione, all’articolo 415: “Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all’odio  fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”. E La Corte Costituzionale, con sentenza 23 aprile 1974, n. 108, ci mise una pezza dichiarando l’illegittimità dell’articolo «nella parte in cui non specifica che l’istigazione all’odio fra le classi sociali deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità». Come dire che l’odio, giuridicamente parlando, va maneggiato con cura. Esso è un sentimento mentre la legge si occupa di comportamenti leciti o illeciti, minuziosamente codificati (proprio per evitare la degenerazione nell’arbitrio), non di sentimenti. Pretendere di prevenire l’odio (nonché le sue “istigazioni”) tramite la burocrazia, anziché attraverso le norme penali, è una paradossale forma di odio per la democrazia.

Per questo, l’istituzione di Commissioni, Comitati, Giunte che abbiano competenze sull’odio, sull’amore, sulla morale o sulla virtù costituiscono quasi sempre un problema, e mai una soluzione. Il passo successivo è la censura, ovviamente. La riprova di quanto sopra ce la fornisce quell’insuperato esempio di romanzo profetico che è “1984” di Orwell. Lì, troviamo la prefigurazione, in chiave narrativa, della più orrenda forma di totalitarismo. E in quella “storia” c’è, guarda caso, il Ministero dell’Amore. Così come, sul piano dell’attualità “vera” e non letteraria, troviamo il “Comitato per l’imposizione della virtù e l’interdizione del vizio” in Arabia Saudita. Se dovessimo sintetizzare il motivo per cui la Commissione Segre non andava istituita ci rifaremmo a quel celebre motto della cultura libertaria: “Meglio un delinquente libero che un innocente in galera”. Da qui, un fatale quesito: è meglio l’istigazione all’odio o la mordacchia al pensiero libero? La prima la puoi combattere penalmente. La seconda, una volta perduta, non la recuperi più.

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