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3 maggio 2019

 

La lezione del Primo Maggio francese

di Cerveaux non Disponibles

                      

Con le manifestazioni di mercoledì scorso, la tradizionale giornata dei lavoratori ha subito in Francia una radicale trasformazione: nonostante le fake news del governo e la brutale repressione da parte della polizia, una nuova convergenza popolare e sindacale ha preso vita in questa giornata memorabile

Questo Primo Maggio 2019 è stato una perfetta dimostrazione della continuità e della tenacia di un movimento popolare che si può ormai definire storico. Storico per la sua durata, perché mai prima d’ora in Francia una rivolta sociale è durata così a lungo, nonostante tutte le strategie volte a estinguerla: 25 settimane, e nessun segno di debolezza nelle piazze, tantomeno nel sostegno dell’opinione pubblica. Storico per la sua composizione, perché ogni evento, settimana dopo settimana, sfugge a ogni pronostico in termini di numero e di pratiche.

Tradizionalmente, il Primo Maggio maggio, la giornata dei lavoratori, è sempre stata la data principale per i sindacati, organizzatori di giornate di manifestazioni ovunque in Francia, ma anche all’estero. Data simbolica della lotta di classe, il Primo Maggio è il momento in cui tutti quelli che scendono in piazza si riuniscono per riconoscersi, mescolarsi, per ricordare e dimostrare di essere sempre consapevoli di questa necessità di mantenere un’unione contro la parte avversa, quella che trae profitto dal controllo della classe dei lavoratori.

Tuttavia, negli ultimi 2 anni, la configurazione in Francia di questo Primo Maggio è in piena mutazione e trova addirittura un’ispirazione rivoluzionaria… La lotta contro la Loi Travail è stata una prima tappa di questo processo di trasformazione, ma vanno poi ricordate tutte le manifestazioni offensive del 2016, 2017 e 2018, che hanno determinato la nascita di un cortège de tête estremamente massiccio e unitario, che ha subito una feroce repressione, mentre il sindacato restava in ritiro e totalmente sopraffatto dagli eventi.

 

Il moltiplicarsi degli appelli alla “rivolta” sui social network illustra efficacemente che la pazienza dei Gilets Jaunes si è esaurita, di fronte alle umiliazioni permanenti dello Stato. La risposta isterica del governo aveva creato un clima di ansia generalizzato, certamente voluto.

Avvalendosi di “fake news” che riportavano voci incessanti sull’arrivo a Parigi di migliaia di tedeschi decisi a “entrare in azione” o sull’imminente pericolo insurrezionale, il governo ha provato a dissuadere i potenziali manifestanti a scendere in piazza. Tuttavia fin dalla mattina del Primo Maggio, quello che è stato subito evidente è che il numero dei manifestanti eccedeva totalmente le regole abituali del formato sindacale, sia in termini di orario che di composizione.

Se era previsto che il corteo sindacale partisse alle 14:00, già a mezzogiorno la folla si lanciava verso Place d’Italie.

Conosciamo cosa è successo subito dopo, le differenti nasse (la nasse o kettling,  in inglese, è un dispositivo poliziesco che consiste nel circondare i manifestanti con l’intento di isolare il corteo, o parti di esso, per permettere di immobilizzarlo, provocarne la dispersione o degli arresti, NdT) la brutale interruzione della manifestazione già nel luogo di concentramento, gli arresti violenti e tutto ciò che sembra ora caratterizzare una tattica collaudata del governo e della sua polizia.

Un’angoscia, una tensione, sorda e palpabile, sentita fin dall’inizio. Anche la parola “Révolution” scandita come uno slogan dalla piazza aveva mercoledì scorso un sapore molto particolare, perché cantata da una folla che si sente pronta a continuare il suo cammino, non solo per le sue rivendicazioni sociali, ma per la rivendicazione ultima, quella della LIBERTÀ.

 

Ci chiedevamo quale argomento sarebbe stato ancora in grado di trovare Castaner (il ministro dell’Interno francese, NdT) e tutta la sua cricca, per umiliare, e cercare di rendere inudibili le grida di sofferenza di un popolo oramai furioso.

L’inventiva del governo in questo campo è sconvolgente. Dei cattivi casseurs, secondo quanto riferito dal ministro dell’Interno, avrebbero tentato di entrare nell’ospedale della Pitié Salpêtrière con l’intento di attaccare i pazienti in rianimazione!

Il giorno dopo la manifestazione, i sindacati e il personale dell’ospedale negano in modo unitario l’interpretazione mediatica e statale di questo incidente, chiaramente causato dalle persecuzioni della polizia contro studenti e altri manifestanti, che sono entrati in preda al panico nei giardini dell’ospedale per proteggersi dall’incessante lancio di lacrimogeni e dalle violente cariche della polizia.

Anche i sindacati hanno subito la violenza indiscriminata di queste forze dell’ordine (non imprevedibile, visto che già nel 2018 il servizio d’ordine della CGT era stata attaccato dalla polizia) con l’espulsione del segretario generale Philippe Martinez, ingenuamente scandalizzato da questa violenza.

 

Occorre davvero ricordare che questa violenza è ormai presente da molto tempo e che è illegittima non solo rispetto un corteo sindacale ma rispetto ogni manifestante?

Bisogna dirlo. Il primo maggio 2019 i sindacati, nel loro insieme si sono trovati in una situazione inedita in cui (nonostante se stessi?) la convergenza popolare, tanto evocata da più di due anni, è stata messa in atto spontaneamente.

Un ennesimo cortege de tete? No! Dei militanti sindacali inquadrati nei loro spezzoni dietro? Nemmeno!

Dei cortège de tête, e un bellissimo patchwork totalmente inatteso di manifestanti, che come delle api, si sono organizzati spontaneamente per stare insieme nei momenti duri della manif e in quelli più calmi, nella parte anteriore del corteo, in mezzo o in fondo. Un corteo che si è dimostrato solidale e che non ha commesso alcun errore fino alla conclusione della manifestazione di questa giornata che rimarrà memorabile.

I tentativi del governo di fermare il movimento non sono certamente nuovi, sono iniziati il 1° dicembre, quando la rivolta aveva preso una piega quasi insurrezionale.

L’essenziale è prenderne rapidamente coscienza (spesso dopo una notte di riflessione sugli eventi), perché queste serate di manif, dove tutti hanno dato tutta la loro forza in nome di questa lotta stupenda, spesso portano a momenti di malinconia: cosa c’è di più umano o naturale?

Il “furore” non si spegne, e tutto è possibile grazie a questo incredibile slancio. La forza dell’azione di gruppo può quindi sconfiggere le forze repressive.

Questione di tempo? Il seguito ai prossimi episodi…

 


La foto di copertina e quelle interne sono di Martin Bé

Testo pubblicato in francese sul sito Cerveaux non Disponibles

Traduzione italiana a cura di DINAMOpress


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