Fonte: Comedonchisciotte
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24/11/2019
Meccanismo Europeo di Stabilità: una bomba a orologeria sotto il Popolo italiano
di Cesare Sacchetti
È stata posta una bomba ad orologeria nel sistema economico italiano. Una bomba che rischia di deflagrare con tutta la sua forza distruttiva e di polverizzare i risparmi degli italiani. Si tratta del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) in passato noto come fondo salvastati. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scorso giugno ha formalmente aderito al nuovo accordo di riforma del MES. Molti probabilmente ricorderanno il precursore di questo strumento, ovvero il fondo europeo di stabilità finanziaria, ai tempi della crisi greca. Nel 2010 si decise di dare vita a un fondo partecipato con quote sottoscritto dai vari partecipanti dell’eurozona. Il vecchio fondo salvastati venne istituito formalmente per somministrare degli aiuti ai Paesi dell’eurozona in grave dissesto finanziario, in particolare la Grecia, in cambio dell’approvazione di riforme strutturali che si sono poi tradotte in tagli alla spesa pubblica e avanzi primari. In realtà, solamente una minima parte dei fondi stanziati dal vecchio MES finì in aiuti al popolo greco, quando larga parte di essi invece furono usati per risanare le esposizioni finanziare delle banche francesi e tedesche. Ma la nuova riedizione del fondo salvastati potrebbe non solo rivelarsi inefficace in questo senso, ma potrebbe comportare danni enormi ai Paesi che aderiscono, in particolar modo all’Italia.
Le nuove regole partorite dall’Eurogruppo, il consesso dei ministri dell’Economia dei Paesi UE, infatti prevedono per la partecipazione al MES l’obbligo di una automatica ristrutturazione del debito dei Paesi partecipanti che non dovessero trovarsi in linea con l’analisi di sostenibilità del debito pubblico, effettuata dallo stesso MES. Gli Stati membri che non dovessero trovarsi in linea con questa valutazione dovranno pertanto, se vorranno aderire al MES, provvedere ad una ristrutturazione automatica del loro debito pubblico. Sostanzialmente, la ristrutturazione di un debito pubblico comporta la sua automatica riduzione e la perdita del valore nominale dei titoli del debito pubblico per i suoi detentori. In una recente audizione alla commissione bilancio della Camera, il professor Galli, ex parlamentare PD e professore di Economia Politica, spiega le conseguenze di questo eventuale scenario: “la nostra opinione su questo punto è che l’idea di una ristrutturazione ‘early and deep’ non avesse senso nella Grecia del 2010 e, a maggior ragione, non abbia senso nell’Italia di oggi. In particolare, occorre considerare che l’Italia ha risparmio di massa e che il 70% del debito è detenuto da operatori residenti, tramite le banche e i fondi di investimento. In queste condizioni, una ristrutturazione sarebbe una calamità immensa, genererebbe distruzione di risparmio, fallimenti di banche e imprese, disoccupazione di massa e impoverimento della popolazione senza precedenti nel dopoguerra.” La sola condizione di un abbattimento del debito pubblico di questo tipo provocherebbe probabilmente una recessione ancora più profonda e devastante della precedente crisi finanziaria del 2008. Come spiega il professor Galli, una ristrutturazione in un Paese come l’Italia che ha il 70% del suo debito pubblico in mani domestiche, equivarrebbe a un harakiri. Si distruggerebbero valore e risparmi che sono presenti sul territorio italiano con conseguenze drammatiche per l’intera economia nazionale. In un altro passaggio della sua audizione, Galli continua a descrivere una ristrutturazione preventiva come “un colpo di pistola a sangue freddo alla tempia dei risparmiatori, una sorta di bail-in applicato a milioni di persone che hanno dato fiducia allo Stato comprando titoli del debito pubblico. Sarebbe un evento di gran lunga peggiore di ciò che l’Italia ha vissuto negli ultimi anni a causa dei fallimenti di alcune banche.” Austerità in cambio di prestiti: l’arma in mano al MES
I danni che potrebbero derivare all’Italia non si limitano purtroppo solo a questo. Le vie per accedere ai fondi del MES sono sostanzialmente due: la prima è rappresentata dalle PCCL, ovvero le linee di credito precauzionale sotto condizione. Per avere una linea di credito attraverso le PCCL, è necessario avere sostanzialmente un rapporto debito/PIL non superiore al 60%, o in caso contrario la sua riduzione di 1/20 all’anno, e un rapporto deficit/PIL non superiore al 3%. L’Italia quindi già sarebbe esclusa in partenza dall’accesso a questa linea di credito perché non in linea con i parametri previsti. La seconda via prevista sono le ECCL, ovvero le linee di credito precauzionale rafforzate. Per avere accesso a queste linee di credito sarà necessario sottoscrivere un memorandum di intesa con il direttivo del MES, che rilascerà i prestiti allo Stato richiedente solamente in cambio dell’applicazione di rigide politiche di austerità. Se lo Stato in questione dovesse rifiutarsi di sottoscrivere un tale memorandum, sarebbe di fatto preda della speculazione dei mercati, dal momento che il MES si asterrebbe da qualsiasi intervento a sostegno del debito pubblico del Paese in difficoltà, fino a quando questo non adempie alle condizioni imposte dal fondo. Non solo dunque si lasciano gli Stati senza alcuna protezione contro la speculazione finanziaria, ma gli si punta la pistola alla tempia per costringerli a cedere la loro politica economica nelle mani del direttivo MES.
Un altro passaggio preoccupante di questa riforma è quella che sottrae il MES a qualsiasi controllo democratico da parte degli Stati membri. Il nuovo fondo non risponde alla sovranità dei Parlamenti nazionali ed è persino svincolato dalla stessa Commissione europea. Le leve della politica economica degli Stati dell’eurozona sarebbero completamente rimesse nelle mani di questo organismo sovranazionale, privo di legittimazione democratica. Il varo di questo nuovo devastante strumento sarebbe previsto il prossimo dicembre, previa la ratifica dei parlamenti nazionali. Se dovesse essere approvato, l’Italia rischierebbe di andare incontro ad una delle più pesanti crisi economiche della sua storia. È una vera e propria bomba piazzata sul risparmio di tutti gli italiani. Per anni, si è paventato il rischio della calata della troika in Italia, e oggi quel rischio è ad un passo dal tramutarsi in realtà.La troika ha indossato una nuova maschera, si chiama MES e non è mai stata così vicina dal mettere le mani sull’Italia.