https://www.strategic-culture.org/ http://contropiano.org 12 febbraio 2019
All’improvviso in Europa si pone la domanda: “è un’Unione nazista?” di Alastair Crooke diplomatico britannico, fondatore e direttore del Conflicts Forum, con sede a Beirut
Un pilastro istituzionale dell’ordine europeo – il quotidiano Frankfurter Allgemeiner – tocca esplicitamente il “punto dolente” indicato il mese scorso con l’editoriale intitolato “A Nazi EU?”, chiedendosi se l’attuale UE, dominata dalla Germania, dovesse essere intesa come un’estensione lineare del nazionalsocialismo tedesco. Questo non è un argomento mai toccato prima nel discorso tradizionale tedesco. Il fatto che ora appaia segnala qualcosa di importante: un riconoscimento del fatto che le dissidenze che stanno manifestandosi all’interno dell’Unione hanno le loro radici in qualcosa di diverso dai soli “capricci di risentimento populistici”. È il riemergere di un’antica lotta per l’”anima” dell’ordine politico internazionale.
L’autore, Jasper von Altenbockum, cita il leader dell’AfD (Alternative für Deutschland), Alexander Gauland, alla sua conferenza di partito, dicendo che: “L’apparato totalitario corrotto, gonfiato, antidemocratico e nascosto” dell’Unione europea non dovrebbe avere alcun futuro. Gauland ha tracciato una linea popolare di ragionamento: poiché si possono osservare nelle istituzioni sovranazionali dell’UE dei deficit di legittimità democratica, [si deve concludere che l’UE] deve essere un regime coercitivo. Gli oppositori radicali dell’integrazione progressiva [tuttavia] fanno un passo in più: confrontano l’UE … con l’ideologia europea sotto il nazionalsocialismo… “Gauland ha anche [avanzato] di recente un altro argomento popolare, che [consente] alla Brexit di avere una giustificazione storica: [Parlando dell’Unità europea], Gauland a Riesa ha detto: “Questo obiettivo è stato perseguito dai francesi sotto Napoleone e, purtroppo, in altro modo, dai nazionalsocialisti; e, come tutti sanno, l’Inghilterra si è loro opposta. “Ciò che [significa, è che la Gauland ci porta oltre la semplice pretesa che l’UE sia] un “apparato totalitario nascosto”, [piuttosto suggerisce che] la politica europea europea e tedesca siano in continuità con la propaganda nazista del Unione: non ci può essere un rimprovero peggiore, che fornisce all’AFD l’effetto collaterale positivo di essere in grado di presentarsi immune all’ideologia nazista”.
Bene, come ci si potrebbe aspettare, von Altenbockum vede ben poco per collegare il progetto europeo con la precedente ideologia nazista nazista, ma ciononostante riconosce che non sono solo Gauland e AfD (“sta diventando rapidamente il partito Brexit tedesco“) a vedere queste connessioni nazionalsocialiste; perché comunque “la continuità del progetto europeo con l’era nazionalsocialista è considerata anche dagli storici”, specialmente dal momento che la Germania è stata nuovamente accusata di sforzi egemoni in Europa. Già nel 2002, il biografo di Hitler, Thomas Sandkühler, si è chiesto “non tanto per enfatizzare le violazioni nelle politiche europee, dove dovrebbero esserci più segnali di continuità”. Cosa significava? Oggi è difficile andare oltre l’aspetto ideologico-razziale. Ma, nonostante la presenza della parola “nazionale” nel nome del partito nazionalsocialista tedesco, Hitler non era un grande difensore del nazionalismo. Fu un severo critico non solo del trionfo protestante westfaliano del 1648, ma in particolare anche dell’istituzione dello Stato nazionale, che vide molto inferiore rispetto allo storico “lascito imperiale” dei tedeschi. Al posto dell’ordine degli Stati nazionali si propose di fondare un Terzo Reich che traesse espressamente ispirazione dal “Primo Reich”, cioè dal Sacro Romano Impero tedesco, con le sue aspirazioni universali e da regno millenario. La Germania di Hitler era quindi intesa come uno Stato Imperiale in tutti i sensi.
In breve, nelle secolari politiche dell’Europa, le nazioni occidentali sono state caratterizzate da una lotta tra due visioni antitetiche dell’ordine mondiale: un ordine di nazioni libere e indipendenti che perseguono ciascuna il bene politico secondo le proprie tradizioni e intese, e un ordine di popoli uniti sotto un unico regime di leggi, promulgate e mantenute da una singola autorità sovranazionale.
In altre parole, la Germania era dalla parte dell’antica tradizione che si estendeva da Babilonia alla Roma imperiale, che vedeva come suo compito, nelle parole del re babilonese Hammurabi, “portare i quattro quarti del mondo all’obbedienza”. Dopotutto, l’obbedienza era ciò che [allora] assicurava la salvezza dalla guerra, dalle malattie e dalla fame.
La conclusione di Von Altenbockum che le origini delle idee alla base dell’integrazione europea non siano tanto quelle di Napoleone o Hitler, ma derivino dalla Guerra dei Trent’anni e dalla pace di Westfalia, che ha determinato proprio la caduta di quella vecchia (romana) nozione di un “impero cristiano universale dei pace e prosperità”, è più avvincente. Ai vincitori, la vittoria – e i vincitori impostano anche la narrativa, che rimane il paradigma politico europeo di oggi.
E capire questo dà la griglia per capire la politica estera europea: come, anche dopo il disastro della Libia, i leader europei possano, per esempio, ignorare la lunga storia degli interventi in Venezuela, per sostenere un nuovo intervento. Oppure, vorrebbero rifiutare finanziamenti per la ricostruzione e assistenza alla Siria. Ricorda il desiderio del re babilonese di “portare i quattro quarti del mondo all’obbedienza”. L’obbedienza, dopotutto, è nel loro stesso interesse.
Si è dunque spinto troppo in là Gauland per aver definito l’UE “totalitario nascosto”? Bene, Yanis Varoufakis ce ne dà il sapore: dalla sua prima visita a Bruxelles e Berlino come ministro greco delle finanze, appena nominato: “Quando Schäuble mi ha accolto con la sua dottrina del ‘è il mio mandato contro il tuo’, stava onorando una lunga tradizione europea di negazione dei mandati democratici in nome del loro rispetto. Come tutte le ipotesi pericolose, si fonda su un’ovvia verità: gli elettori di un paese non possono dare al loro rappresentante un mandato per imporre agli altri governi condizioni per cui questi ultimi non hanno alcun mandato, da parte del loro stesso elettorato, ad accettare. Ma, mentre questo è solo un truismo, la sua incessante ripetizione da parte dei funzionari di Bruxelles e degli agenti di potere politico, come Angela Merkel e Schäuble stesso, ha lo scopo di convertirlo surrettiziamente in una nozione molto diversa: nessun elettore in nessun paese può autorizzare il proprio governo ad opporsi a Bruxelles”.
Varoufakis aggiunge, “non ascoltano mai: Io e il mio team abbiamo lavorato duramente per presentare proposte basate su un serio lavoro econometrico e su una solida analisi economica. Una volta che questi fossero stati testati da alcune delle più alte autorità nei rispettivi campi – da Wall Street e dalla City, agli accademici di prim’ordine – li avrei portati dai creditori della Grecia a Bruxelles, Berlino e Francoforte. Poi mi sedevo lì e osservavo una sinfonia di sguardi indifferenti. Era come se non avessi parlato: come se non ci fosse alcun documento davanti a loro. Era evidente dal linguaggio del corpo che loro negavano persino l’esistenza dei pezzi di carta che avevo messo davanti a loro. Le loro risposte, quando arrivavano, erano perfettamente indipendenti da qualsiasi cosa avessi detto. Avrei anche potuto cantare l’inno nazionale svedese. Non avrebbe fatto alcuna differenza”.
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